Su iniziativa di cinque eurodeputati di diversa estrazione politica (conservatori e progressisti; nessun italiano tra di loro), il Parlamento di Strasburgo ha voluto lanciare un segnale preciso ai paesi dell’Europa dell’Est pronti a fare il loro ingresso nella UE (ma non solo a loro): la pirateria e la violazione dei copyright, che proprio nell’ex blocco sovietico hanno uno dei loro epicentri mondiali (in paesi come Russia e Ucraina, vedi News), non verranno tollerati dagli organi che presiedono alla nuova Europa allargata. L’avvertimento ha preso la forma di una dichiarazione formale, firmata dalla maggior parte degli europarlamentari e diffusa nella serata di giovedì scorso, 5 giugno. Le preoccupazioni dell’Unione Europea si indirizzano naturalmente a tutte le forme di contraffazione che alimentano il crimine organizzato e che, secondo i suoi calcoli, costano ai governi milioni di euro in imposte evase e alle comunità la perdita di 17 mila posti di lavoro all’anno. Ma naturalmente la musica gioca, in questo contesto, un ruolo preponderante (anche per l'attività di lobby svolta dall'organizzazione dei discografici, l'IFPI): tanto che il traffico di CD pirata, stando alle cifre in possesso della Commissione Europea, vale quasi la metà dei 2 miliardi di euro che rappresentano il giro d’affari stimato del falso nel territorio dell’Unione. <br> La dichiarazione antipirateria di Strasburgo invita gli organi direttivi dell’Unione, Consiglio e Commissione Europea, a garantire che tutti i paesi applichino sanzioni civili e penali più dure a chi infrange i copyright e commercializza su larga scala prodotti contraffatti, a stimolare una migliore cooperazione tra le forze dell’ordine dei diversi paesi, a rafforzare il ruolo dell’Europol (la polizia comunitaria), e ad organizzare campagne che informino i cittadini europei sui danni economici e culturali connessi alla pirateria: che, secondo una delle promotrici dell’iniziativa, la socialista inglese Arlene McCarthy, “pone dei rischi alla salute e alla sicurezza dei consumatori”. Per tradursi concretamente in direttiva politica per il Parlamento, la dichiarazione doveva essere firmata dalla maggioranza dei 623 eurodeputati di Strasburgo: obiettivo già raggiunto.