Nella patria di Spotify, la Svezia, il celebre servizio di streaming potrebbe finire al centro di una vertenza giudiziaria che non coinvolge direttamente la società creata da Daniel Ek ma riguarda i rapporti tra case discografiche e artisti. Secondo quanto scrive Sverige Radio (ripresa dal Guardian), alcuni dei musicisti aderenti al sindacato nazionale di categoria minacciano di adire le vie legali nei confronti delle major Universal e Warner Music, contestando loro tanto l'entità - giudicata troppo esigua - delle royalty accordate quanto lo stesso diritto ad autorizzare la diffusione in streaming del loro repertorio. A proposito di quest'ultimo punto, il legale della Musician's Union Per Herrey ha sottolineato che molti contratti artistici tuttora in vigore sono stati firmati quando di vendite e di distribuzione digitale non si parlava ancora, così da non prevedere e regolamentare la materia; a suo modo di vedere, tali diritti andrebbero negoziati separatamente prevedendo una ripartizione paritaria delle royalty tra etichette e artisti. Questi ultimi invece continuano a incassare in media una percentuale del 6-10 per cento sugli incassi, parificata a quella applicata ai supporti "fisici": un tempo giustificata, ha ricordato al Guardian il segretario generale della MU inglese Horace Trubridge, dagli elevati costi sostenuti dall'industria discografica per la duplicazione, la distribuzione e l'eventuale reso di dischi in vinile e cd, ma non giustificata dalle nuove condizioni del mercato. "Le case discografiche", sostiene Trubridge, "sono state fregate dalla pirateria, e così insistono nell'applicare al digitale le stesse regole che valevano per il 'fisico' ".