La guerra senza quartiere che le major discografiche stanno scatenando nei confronti dei downloader di musica e video residenti negli Stati Uniti sembra provocare, come effetto collaterale, una redistribuzione “geopolitica” quanto una globalizzazione del fenomeno del file sharing. <br> Si segnala in questi giorni, per esempio, un forte spostamento delle attività di scambio peer-to-peer verso siti "esotici" come quello di Earthstation 5, società guidata da un palestinese, Ras Kabir, ma che conta su una vera e propria rete multinazionale di collaboratori comprendente cittadini russi, americani, giordani, indiani e persino israeliani: tutti uniti, una volta tanto, nella lotta contro le “forze del male” e il "grande fratello", le multinazionali del cinema e della musica che si prodigano per bloccare il libero scambio dei file audio e video in rete. <br> L'organizzazione ha cominciato ad attrarre folle di “downloaders” spaventati dalle minacce della Recording Industry Association of America, che ha minacciato di scovarli e portarli in tribunale uno per uno (vedi News): c'è riuscita con la promessa di un software che sembra garantire privacy e anonimità assoluta ai suoi utenti, grazie ad un sistema di protezione che non permetterebbe di identificarne gli indirizzi Internet durante le fasi di upload e download dei file immessi nel circuito illegale. Gli “scambisti” di musica in rete non aspettavano altro, e hanno cominciato ad intasare il network di Earthstation scaricandone milioni di download al giorno: al riparo apparente dagli occhi "indiscreti" della RIAA e delle case discografiche.