La Electronic Frontier Foundation, movimento d'opinione USA che si batte per la libera espressione su Internet e sui media elettronici, reagisce ai blitz antipirateria “casa per casa” annunciati dall'industria discografica americana (vedi News): l'ente sta organizzando una campagna pubblicitaria e di sensibilizzazione battezzata “Let the music play” (“Lasciate suonare la musica”), i cui messaggi appariranno prossimamente sulle pagine di riviste musicali (come Spin) e di computer. <br> L''EFF, che ha recentemente fiancheggiato aziende come Verizon e Streamcast Networks (Morpheus) nelle battaglie giudiziarie ingaggiate con l'associazione dei discografici, Recording Industry Association of America (vedi News), è preoccupata della piega “antiliberale” che la lotta alla pirateria musicale sta prendendo da quando le case discografiche minacciano intrusioni nella privacy dei cittadini americani colpevoli di scaricare e scambiarsi musica su Internet, e sostiene che industria e forze politiche stanno sbagliando bersaglio. Sul suo sito, l'organizzazione ricorda alcuni modi possibili per recuperare introiti economici ai detentori dei copyright (spartizione delle entrate pubblicitarie, tariffe sull'uso delle reti a banda larga, servizi in abbonamento, micropagamenti ecc.) e segnala una lunga lista di artisti (Ani Di Franco, David Bowie, Alanis Morissette, Beastie Boys, Green Day, Pearl Jam, R.E.M., Sonic Youth e molti altri) che traggono regolarmente vantaggio dalle opportunità della musica on-line accettando un compromesso di fatto con i file sharers. L'obiettivo della EFF è, a questo punto, quello di cambiare la legge sul copyright in senso “garantista” per i produttori di tecnologia e i privati cittadini che usano i sistemi p2p. “La legge attuale”, sostiene un proclama pubblicato sul suo sito, “fa delle aziende tecnologiche e degli amanti della musica dei criminali. Ma solo negli Stati Uniti ci sono più di 60 milioni di persone che usano il file sharing, più di quante abbiano votato il nostro attuale presidente. I politici farebbero meglio ad ascoltare loro, piuttosto che la lobby dei discografici”.