Le contromisure alla pirateria on-line adottate recentemente dai discografici americani, che stanno cercando di smascherare una serie di privati cittadini colpevoli di file sharing “selvaggio” in modo da costringerli al risarcimento dei danni (vedi News), stanno scatenando, come prevedibile, una serie di reazioni a catena. Contro l'industria musicale si è schierato in questi giorni, ad esempio, il provider di San Francisco Pacific Bell Internet Services, che ha fatto causa all'organizzazione di categoria RIAA (Recording Industry Association of America) sostenendo l'incostituzionalità del suo comportamento. <br> Nel suo atto di citazione l'azienda californiana, a cui la RIAA aveva intimato di svelare i nomi di alcuni suoi abbonati attivi nello scambio illegale di musica on-line, mette in discussione anche la competenza della corte chiamata in causa dai discografici (residente nel Distretto di Columbia, e non in California), e si difende sostenendo di non avere facoltà di controllo sul contenuto e la destinazione dei file che passano sul suo network on-line. Un portavoce della RIAA ha replicato parlando di “tentativo di barare sulle regole del gioco” e confermando l'intenzione dell'associazione di perseguire singolarmente i singoli trasgressori della legge sul copyright.