Scaduto il periodo di contrattazione esclusiva concordato tra Bertelsmann e Time Warner (in vista di una possibile fusione tra le rispettive case discografiche, BMG e Warner Music, vedi News), il balletto infinito dei “merger” virtuali riprende con il preannunciato ritorno in pista del terzo incomodo, la EMI Music. <br> La società inglese, fiancheggiata dal finanziatore Blackstone Group, ha rilanciato l'offerta da 1 miliardo di dollari in contanti (più azioni), già avanzata mesi fa (vedi News) per mettere le mani sul 75 % di Warner. Ne hanno dato conferma gli stessi portavoce della EMI, sottolineando però che “le discussioni sono ad uno stadio assolutamente preliminare” e che “non esiste alcuna certezza che condurranno ad un accordo soddisfacente per entrambe le parti”. Se il negoziato dovesse comunque avere sbocco positivo, sono già in molti a scommettere sulle dimissioni di Roger Ames, numero uno di Warner Music poco disposto, si dice, a fare da secondo all'ex collega Alain Levy (vedi News). <br> Gli osservatori ritengono che Warner potrebbe organizzare un eventuale matrimonio con EMI in tempi molto più brevi che con BMG, una settimana o al massimo un mese: con casa Bertelsmann, infatti, c'è ancora disaccordo sugli eventuali termini economici dell'operazione (i tedeschi sono disposti a versare 100 milioni di dollari per pareggiare i conti e dare il la alla joint venture; gli americani ne vogliono almeno 150), tanto che il progetto di “merger” rischia a questo punto di andare definitivamente in fumo. BMG avrebbe in mano un'ultima carta da giocare: cedere alla controparte una fetta delle sue edizioni musicali, che verrebbero assorbite nel gruppo Warner Chappel e poi insieme a quello immediatamente rivendute, al doppio scopo di evitare i blocchi dell'antitrust e di raccogliere sul mercato altro denaro (si parla di 1 miliardo e 200 mila dollari) utile a tamponare i deficit di bilancio.