Una notizia buona e una cattiva per l'industria discografica americana (e mondiale), impegnata in una lotta senza quartiere contro i servizi peer-to-peer non autorizzati e i “file sharers” che ogni giorno si scambiano illegalmente, su Internet, milioni di canzoni e di MP3. I monitoraggi di Nielsen/NetRatings segnalano infatti una forte diminuzione del traffico su KaZaA, il più popolare canale di diffusione in rete di file audio non autorizzati dalle case discografiche: gli utilizzatori del sistema sarebbero calati del 41 % tra marzo e agosto, passando da 17,4 a 10,4 milioni di persone, e viene spontaneo collegare il fatto al giro di vite deciso dall'associazione dei discografici, RIAA, che ha iniziato a individuare e citare in giudizio, uno per uno, gli utenti Internet privati considerati colpevoli di violazione di copyright e di pirateria on-line su larga scala (vedi News). <br> L'offensiva giudiziaria della RIAA, che proprio in queste ore ha comunicato di avere concordato un patteggiamento con circa un quarto dei soggetti “incriminati” (vedi News), ha tuttavia provocato la reazione della ACLU, l'associazione americana che tutela le libertà civili e che ha citato in tribunale l'associazione dei discografici contestando la costituzionalità di una pratica che infrange la privacy di privati cittadini prima di averne provato la colpevolezza. Prima dell'ACLU, anche la Electronic Frontier Foundation, un gruppo di pressione che si batte per la libertà di espressione su Internet, aveva preso ufficialmente posizione contro la discografia, e neppure nel Congresso USA – oggi chiamato in causa direttamente da una lobby, P2P United, a cui aderiscono i principali servizi di file sharing come KaZaA, Grokster e Morpheus - tutti vedono di buon occhio i suoi metodi. Se la RIAA conquista vittorie sul campo di battaglia, insomma, è sul fronte politico e dell'opinione pubblica che sembra avere ancora molti ostacoli da superare.