Una recente ricerca della società Alvarez & Marsal sostiene che un dimezzamento dei canoni di abbonamento aprirebbe lo streaming musicale al mercato di massa. Il suggerimento non lascia insensibile l'amministratore delegato di Deezer Axel Dauchez che al Midem di Cannes, intervistato da Billboard, ha spiegato di avere allo studio una sostanziale modifica del tariffari della sua piattaforma: "E' fuori discussione che 10 dollari o 10 euro sono un buon prezzo, in rapporto al valore del servizio offerto: che anzi potrebbe costare persino di più, anche se ovviamente si tratta di adattarlo al costo della vita dei diversi Paesi. Tuttavia, abbiamo sicuramente bisogno di infrangere il modello di abbonamento da 10 euro. Non è il momento di alzare i prezzi: ci sarà qualche ritocco verso l'alto, in futuro, in relazione alla qualità offerta, ma al momento sono interessato alla creazione di soluzioni differenti per aumentare gli entry level attraverso una riduzione dei costi. Forse con abbonamenti a 1, 5 e 10 euro, e non solo con quest'ultima opzione. Il passo iniziale è troppo lungo". Nel corso del Q&A esclusivo con Billboard Dauchez aggiorna la situazione sull'atteso lancio negli Stati Uniti, spiegando che i piani della società francese prevedono che lo sbarco negli Usa avvenga nel corso dell'anno. "Il mercato americano", sostiene, "è ancora vergine. Non si è fatto ancora nulla, in sostanza. L'unico che ha veramente aperto il business dell'abbonamento musicale è Sirius, ma la penetrazione di massa è ancora molto bassa rispetto a tutto il denaro che è stato investito". Dauchez rivendica a Deezer di essere arrivata tempestivamente all'"intuizione che uno dei più grandi cambiamenti dell'industria discografica sarà di tipo geografico. Non a causa dei grandi mercati emergenti come il Brasile, ma perché il consumo di musica sta diventando globale e ciò che guiderà le chart sarà la somiglianza di gusti del pubblico di tutto il mondo: 'Gangnam style' di Psy ne è un ottimo esempio. Quando abbiamo deciso di lanciare Deezer al di fuori della Francia annunciare che volevamo diventare globali è stata per noi una grande scommessa, dal punto di vista tecnico e organizzativo ma anche per quanto riguarda i rapporti con le etichette. Dal momento che molte di esse non potevano concedere diritti mondiali, non abbiamo preso una strada facile". L'ultima risposta del manager francese riguarda le critiche piovute addosso ai servizi di streaming da artisti come Thom Yorke e David Byrne: "Prima di tutto", sostiene Dauchez, "lo streaming è il canale di distribuzione che ricava il massimo valore dal'utente (...) e in secondo luogo è quello che restituisce all'industria la fetta più grade di introiti: più della pirateria, ovviamente, ma anche dei supporti fisici e dei download. Il vero dibattito riguarda sempre la distribuzione di denaro tra gli artisti. Se saremo solo un jukebox in cui la gente ascolta ciò che conosce già tutto il valore incrementale che stiamo sviluppando si concentrerà sugli artisti già conosciuti. Ma se riusciremo a imporre il processo di scoperta diverremo un modello sostenibile; non solo per gli artisti già consolidati ma anche per i nuovi talenti e per i nuovi album. Per noi di Deezer portare la gente a scoprire nuova musica è un'ossessione. Abbiamo 50 esperti nel mondo che curano il catalogo, e quando un artista ci piace investiamo su di lui in coincidenza con la pubblicazione di un nuovo disco. Cosicché la vera discussione sul valore non ha una dimensione verticale ma orizzontale, e riguarda ciò che succede tra gli artisti".