Mentre il “gatto” Napster sta per riprendere il suo posto sul Web (il 29 ottobre, come conferma un messaggio postato sulla home page del sito: ma la presentazione ufficiale è già avvenuta, giovedì 9, vedi News), addetti ai lavori, enti di ricerca ed esperti di mercato si interrogano sul futuro scenario della musica on-line “legale”. E nonostante il successo riscosso dal sistema di vendita introdotto da Apple Computer, che consente di scaricare a pagamento anche singoli brani selezionati dal catalogo digitale (vedi News), sembra che il preesistente modello di “subscription” (che prevede invece il pagamento di un canone mensile in cambio della possibilità di accedere senza limiti al database musicale disponibile su Internet) abbia ancora i suoi sostenitori. C’è anzi chi prevede che saranno proprio i juke-box digitali che consentono la fruizione in abbonamento, piuttosto che i negozi virtuali che permettono di scegliere “alla carta” dal menù, a generare maggiori introiti per l’industria discografica quando, da qui a cinque anni, il giro d’affari della musica on-line sarà cresciuto da meno di un miliardo a 3,3 miliardi di dollari, secondo le stime di Jupiter Research. <br> Proprio uno dei ricercatori di quell’istituto, John Bernoff, ha recentemente condotto uno studio secondo cui, nel 2005, i consumatori si accorgeranno che acquistare musica brano per brano (o album per album) è un procedimento costoso, e torneranno probabilmente a preferire il modulo di abbonamento come avviene per le pay TV (curioso, perché fino a poche settimane fa tutti sembravano pensare il contrario). <br> Mentre il mercato legittimo si spartisce oggi tra i due fronti contrapposti (Apple, Buy.com e MusicMatch dalla parte dei servizi alla carta, MusicNet, Full Audio e Rhapsody di RealNetworks tra quelli in abbonanento), il caso di Napster 2.0 è forse sintomatico: la nuova versione del sito adotterà entrambe le piattaforme di vendita, schierandosi con chi sostiene che i due sistemi possano convivere salomonicamente, e proficuamente, in futuro.