Internet radio e audio streaming crescono tumultuosamente in tutto il mondo (Italia compresa, come dimostrano i dati FIMI/Deloitte appena pubblicati), ma i conti non tornano ancora. Né per le case discografiche né per le stesse piattaforme, a cominciare dal pioniere Pandora che, a dispetto di una crescita del 56 % registrata nei ricavi 2013 pari a quasi 638 milioni di dollari, ha visto allargarsi nei dodici mesi anche il suo deficit passato da 35,6 a 40,7 milioni di dollari a causa di un aumento dei costi di esercizio. Nel 2013 Pandora ha versato 342,9 milioni di dollari sotto forma di royalty alle case discografiche, circa il 53,8 % del suo giro d'affari: migliorando comunque la proporzione rispetto all'anno precedente, quando il peso delle licenze musicali aveva inciso per il 60,6 % sul fatturato. L'ultimo trimestre ha mostrato risultati che il direttore finanziario Mike Herring ha ritenuto soddisfacenti (+ 52 % in termini di ricavi, e 8,98 milioni di dollari di profitto); intanto, nel primo mese del 2014 la società di Oakland, California, ha registrato un aumento del 13 % nelle ore di ascolto (1,58 miliardi, 1,39 milioni in più dello stesso periodo dell'anno precedente), incrementando la sua quota di mercato radiofonico negli Stati Uniti dal 7,68 all'8,57 %. Gli utenti "attivi" sono cresciuti nello stesso periodo del 12 %, raggiungendo il numero di 73,4 milioni. La Borsa ha reagito negativamente a queste cifre, considerate inferiori alle aspettative, e subito dopo la pubblicazione del report le azioni di Pandora hanno perso circa l'8 % del loro valore.