Ha già perso slancio lo strumento di raccolta fondi per progetti artistici noto come crowdfunding? A meno di due anni dall'enorme successo riscosso dalla campagna lanciata su Kickstarter da Amanda Palmer, un'altra delle società leader del settore, PledgeMusic, ha modificato il design e l'organizzazione della sua piattaforma "degradando" la richiesta di denaro ai fan a una delle possibili soluzioni di utilizzo del sito da parte degli artisti. Questi ultimi hanno ora a disposizione su PledgeMusic un "bentō", un "vassoio"/contenitore in cui mettere in vendita t-shirt, memorabilia in edizione limitata, concerti privati, biglietti e musica ma senza, obbligatoriamente, dover raccogliere fondi da destinare a un progetto futuro e specifico. "Sono un fan del crowdfunding, ma non è sempre lo strumento corretto da utilizzare per la musica", sostiene il co-fondatore e amministratore delegato della società Benji Rogers, che già qualche mese fa aveva annunciato una correzione di rotta verso le partnership con case discografiche e artisti e verso il "fan engagement". "E' stato uno dei nostri artisti a esprimerlo nel modo migliore: mentre con il crowdfunding si ringraziano i fan alla fine di una campagna, ha detto, con altri tipi di vendite direct-to-fan è il pubblico a ringraziare gli artisti e a cambiare il suo modo di vederli". Secondo Rogers, intervistato da Billboard, il crowdfunding limita anche il tipo di prodotti che un gruppo o un artista può vendere: il nuovo sito di PledgeMusic consente invece di generare ricavi anche durante la registrazione di un album, offrendo ad esempio frammenti di brani in anteprima o un biglietto di ingresso virtuale alle sedute di registrazione. "Il nostro nuovo motto è 'la musica mentre succede' ", spiega Rogers. Fino ad oggi PledgeMusic (la cui API permette agli artisti di incorporare le proprie campagne anche su siti esterni) è stata usata da più di 20 mila musicisti mentre sono 560 mila gli utenti attivi, ognuno dei quali spende in media 61 dollari a transazione.