Il prossimo consiglio di amministrazione di Time Warner, convocato per giovedì prossimo (20 novembre), dovrebbe esprimere una scelta definitiva sulla strada da seguire, nella vendita ormai certa della casa discografica Warner Music (vedi News). <br> I reportage degli ultimi giorni riferiscono di una divergenza di opinioni tra i massimi vertici del gruppo. Il presidente e amministratore delegato Dick Parsons è convinto che il music business sia in ripresa e vorrebbe tenervi almeno un piede dentro: soluzione consentita da un accordo con la concorrente EMI, che verserebbe circa un miliardo di dollari in contanti per Warner Music lasciando a Time Warner il 20-25 % del capitale della società risultante dalla fusione. Di diverso avviso sono Jeff Bewkes (responsabile della divisione networks e entertainment) e Don Logan (capo della divisione media e comunicazioni), convinti che la musica sia un settore poco proficuo e troppo dispendioso, considerato anche il livello degli stipendi e dei “fringe benefits” di cui godono i dirigenti: la coppia vedrebbe di buon occhio la liquidazione totale dell'etichetta e delle edizioni musicali, ad un gruppo di investitori privati come quello pilotato da Edgar Bronfman Jr., Haim Saban e Thomas H. Lee Partners (la cui offerta, per il pacchetto complessivo, si aggira intorno ai 2,8 miliardi di dollari). <br> Time Warner ha invitato i pretendenti ad inoltrare le loro proposte entro i primi giorni della settimana, in modo da consentire una valutazione accurata delle alternative disponibili durante il prossimo cda. Dalle indiscrezioni che circolano nell'ambiente risulterebbe che gli umori prevalenti nel gruppo sono favorevoli alla seconda ipotesi (che, viste le contemporanee manovre di Sony e BMG, presenterebbe anche meno problemi di approvazione da parte degli organi antitrust). “Warner Music”, ha confessato una fonte anonima al New York Post, “è sempre stata un regno a parte. Quasi tutti, in azienda, vorrebbero lavarsene le mani”. Meno Parsons, a quanto pare.