Complice il crollo del Giappone (- 16,7 %), il mercato mondiale della musica registrata chiude il 2013 in sordina, 15 miliardi di dollari Usa equivalenti al 3,8 % in meno dell'anno precedente. Il dato è contenuto nel Digital Music Report 2014 appena pubblicato nella sua versione internazionale dall'IFPI, la federazione internazionale dell'industria discografica, che come sempre contiene informazioni aggiornate e interessanti sull'evoluzione dei mercati: le statistiche ufficiali rivelano anche che "purgato" del dato giapponese il giro d'affari mondiale delle case discografiche si mostra più o meno stabile rispetto al 2012 (- 0,1 %), con gli Stati Uniti in debole ripresa (+ 0,8 %) e l'Europa generalmente in buona salute (Italia, Francia, Germania, Olanda e Regno Unito in crescita per la prima volta in più di 10 anni). A "tirare" il mercato, com'è prevedibile, è lo streaming (nella sua duplice accezione: abbonamenti e servizi gratuiti finanziati dalla pubblicità), il cui peso sul fatturato digitale sale dal 14 % del 2011 al 27 % dell'anno scorso; gli abbonati paganti alle piattaforme sono cresciuti in un anno da 20 a 28 milioni mentre i ricavi sfondano per la prima volta il tetto del miliardo di dollari crescendo del 51,3 %. I download (67 % del fatturato digitale, che vale 5,9 miliardi di dollari in totale) calano del 2,1 % mentre i supporti fisici (51,4 % del fatturato industriale) subiscono un'ulteriore flessione a valore dell'11,7 %: fanno eccezione la Francia (+ 0,8 %, aiutata dal boom del repertorio locale) e il mercato del vinile, cresciuto addirittura del 101 % nel Regno Unito ma sempre confinato a un segmento di nicchia del mercato. Crescono anche i diritti di pubblica esecuzione che le case discografiche incassano dalla diffusione di musica registrata in radio, Web radio, tv e locali pubblici, + 19 % (1,1 miliardi di dollari, il 7,4 % del fatturato totale), mentre calano i ricavi dalle sincronizzazioni in tv, al cinema e in pubblicità (-3,4 %, 2,1 % sul fatturato totale dell'industria). In tutti i principali mercati del mondo è il repertorio locale a farla da padrone: la produzione nazionale copre sostanzialmente il totale delle vendite in Giappone e in Corea del Sud, il 90 % in Italia, Brasile e Svezia (la patria di Spotify è stata rivitalizzata dallo streaming), l'80 % in Francia, Danimarca e Olanda, il 70 % in Germania. "Anche tenendo conto della difficile situazione in Giappone, l'industria discografica mondiale vive una fase positiva di sviluppo", sintetizza l'amministratore delegato IFPI Frances Moore. "Nella maggior parte dei mercati i ricavi hanno ripreso a crescere, lo streaming e gli abbonamenti vanno a gonfie vele e i consumatori hanno più possibilità di scelta che mai tra modelli e servizi diversi. La musica digitale si sta spostando in una nuova fase chiaramente identificabile, nella quale le case discografiche, dopo avere autorizzato il lancio di piattaforme in tutto il mondo, cominciano a sfruttare l'enorme potenziale dei mercati emergenti".