La reazione è stata pressoché immediata: costretta pochi giorni fa da un tribunale americano ad alzare il livello della royalty versata agli autori e compositori associati all'ASCAP (passando da circa 1,77 % all'1,85 % dei ricavi annui), la Internet radio Pandora ha subito alzato il canone di abbonamento allo streaming senza interruzioni pubblicitarie previsto dall'opzione PandoraOne. Il prezzo, per i nuovi utenti, è salito da 3,99 a 4,99 dollari al mese, anche se gli abbonati preesistenti continueranno a pagare la vecchia tariffa. Sul suo blog la società non ha nascosto che il rincaro è dovuto proprio all'aumento dei tassi di royalty: "Siamo stati fortunati di poter offrire PandoraOne a un prezzo abbordabile a partire dal suo debutto nel 2009, a 36 dollari all'anno e, in seguito, con l'introduzione di un abbonamento mensile a soli 3,99 dollari al mese". "In questo stesso arco di tempo", aggiunge il messaggio, "i costi di distribuzione del servizio sono aumentati considerevolmente. Per esempio, i tassi di royalty che Pandora paga agli interpreti attraverso SoundExchange per l'ascolto in abbonamento sono cresciuti del 53 % negli ultimi cinque anni e cresceranno di un altro 9 % nel 2015". Circa 3,3 milioni dei 76,2 milioni di ascoltatori mensili di Pandora sono iscritti all'opzione PandoraOne; come noto, la Web radio è per ora disponibile solo negli Stati Uniti, in Australia e in Nuova Zelanda (l'espansione in altri Paesi è stata bloccata da questioni relative alle licenze internazionali). Negli Usa la società domina il mercato dell'audio streaming e della radiofonia online, ma da tempo discute animatamente (e nelle sedi legali) con artisti, case discografiche ed editori musicali sul tema chiave dell'entità delle royalty.