I nuovi padroni di Warner Music hanno incontrato il team dirigenziale della casa discografica, la settimana scorsa, e già i ruoli sembrano ben definiti: Edgar Bronfman Jr., il miliardario canadese che ama scrivere testi di canzoni, è l’interlocutore “amichevole”, entusiasta del business musicale e morbido nell’atteggiamento; i suoi finanziatori del team Thomas H. Lee Partners, invece, mostrano già la faccia dura e una determinazione ai risultati che non guarda in faccia a nessuno. Neppure a Bronfman stesso, come ha rivelato senza giri di parole al New York Times il boss del gruppo finanziario, Scott Sperling: “Abbiamo un accordo chiaro con Edgar. Lui ha il compito di fare un buon lavoro; e se non ci riesce, verrà qualcun altro a farlo al suo posto”. <br> L’ex proprietario di Universal, che ha sborsato 250 milioni di dollari di tasca sua per chiudere l’affare con Time Warner, è dunque già sotto pressione: i suoi fiancheggiatori si aspettano di recuperare almeno il 15-20 % all’anno del loro investimento, come vogliono le regole del business. E questo significa che Bronfman e i suoi collaboratori, incluso il capo di Warner Music Roger Ames, si troveranno subito nella necessità di tagliare i costi fissi, gli investimenti e gli stipendi del personale per risparmiare tra i 150 e i 200 milioni di dollari all’anno: sotto rigoroso scrutinio finirà anche l’organizzazione internazionale della major, che oggi conta 5.300 dipendenti nel mondo.