Tornano ancora una volta alla ribalta le “payola”, i “pay for play” (denaro o donazioni elargite in cambio di “passaggi” radiotelevisivi) che da fine anni '50 rappresentano il più classico degli esempi di corruzione nel music business. <br> I particolari del nuovo scandalo, che riguarderebbe stavolta la filiale tedesca della major Universal Music e l'emittente Tv locale Viva, sono stati rivelati dal Der Spiegel. Secondo la ricostruzione dei fatti effettuata dalla testata giornalistica tedesca, le origini della vicenda risalirebbero al settembre dell'anno scorso: in quell'occasione, le due società avrebbero firmato un accordo sottobanco in base al quale il canale televisivo si sarebbe impegnato a trasmettere con una certa frequenza un certo numero di videoclip di artisti esordienti o emergenti (50, per l'esattezza) nell'arco dei dodici mesi successivi. In cambio, la casa discografica avrebbe versato a Viva 18 mila euro per brano più una royalty (di 0,20 euro) su ogni album venduto degli stessi artisti. Le condizioni generali dell'accordo, sempre secondo Der Spiegel, sarebbero state concordate al vertice dall'amministratore delegato di Universal Tim Renner e dal fondatore di Viva Dieter Gorny; dopo di che funzionari delle due aziende si sarebbero incontrati nei quartier generali della Universal tedesca per definire i dettagli della illecita “collaborazione”. La cosa sarebbe venuta alla luce solo nel momento in cui un dirigente della Universal ne ha fatto cenno con un artista che cercava di mettere sotto contratto, spiegandogli che la casa discografica gli avrebbe garantito passaggi assicurati nei programmi della Tv musicale. <br> La notizia ha ovviamente dettato scalpore nell'ambiente musicale tedesco e internazionale. L'ex presidente della EMI Udo Lange, che avrebbe rifiutato in passato offerte analoghe, ha definito “immorale” il comportamento della Universal, mentre l'associazione delle indies europee Impala ha affidato il suo commento ad un comunicato stampa. “Ecco un esempio dei pericoli legati alla concentrazione del mercato”, recita il documento. “La nuova musica arriva in maggior parte dal settore indipendente ma non ottiene visibilità a causa di accordi come questo che precludono l'accesso di mercato ad altri operatori….Siamo preoccupati dal fatto che accordi simili possano anche esistere altrove”.