La transizione dei consumi digitali di musica dal download allo streaming (che negli Stati Uniti sviluppa al momento un quinto circa del fatturato delle imprese musicali) non è abbastanza rapida da evitare ripercussioni sui fatturati delle case discografiche: neppure allo Universal Music Group, azienda leader del mercato che pur potendo contare sull'album più venduto del periodo negli Usa (la colonna sonora del film Disney "Frozen") ha chiuso il primo trimestre dell'esercizio finanziario con una flessione dei ricavi pari al 2 per cento (a moneta costante, cioè senza calcolare gli effetti dell'inflazione). Il calo si spiega, appunto, con una riduzione dei ricavi da download (- 13 per cento, su piattaforme come iTunes), abbinata a quella ormai strutturale delle vendite di cd e non ancora coperta da una crescita peraltro giudicata "significatativa" sul fronte dello streaming e degli abbonamenti. Il fatturato mondiale di UMG, 984 milioni di euro, segna una flessione del 9,8 per cento se si considerano gli effetti della vendita a Warner Music del gruppo Parlophone (avvenuta nel luglio dell'anno scorso); tra gli altri best seller del periodo si segnalano gli album di Lorde, Katy Perry e Avicii.