Millecinquecento posti di lavoro in meno, “licenziamento” del 20 % degli artisti attualmente sotto contratto con le etichette del gruppo, cessione a terzi degli impianti di produzione di Cd e Dvd che in Europa e negli Stati Uniti appartengono tuttora alla società: è questa la drastica dieta annunciata mercoledì (31 marzo) dalla major britannica per venire incontro all'esigenza di ridurre le spese di gestione e generare profitti in un mercato discografico ormai stabilmente in crisi. <br> La notizia arriva, non a caso, in corrispondenza della chiusura di un anno fiscale che, sottolinea la EMI, ha visto il fatturato discografico mantenere più o meno le posizioni dell'anno precedente a dispetto della concorrenza esercitata da altre forme di intrattenimento e dalla pirateria digitale. I dirigenti della società inglese sono convinti che l'annunciata ristrutturazione produrrà un risparmio annuo di almeno 50 milioni di sterline all'anno (74,83 milioni di euro), 25 già entro il prossimo esercizio finanziario, a fronte di un costo una tantum di 75 milioni di sterline (112,25 milioni di euro) legato alla ristrutturazione. <br> “E' giunto il momento di riposizionare la EMI Music”, ha spiegato l'amministratore delegato (francese) Alain Levy. “Siamo convinti che concentrando gli sforzi su un roster ridotto di artisti accresceremo la potenziale redditività dell'azienda riducendo al contempo i costi”: a farne le spese saranno gli artisti di nicchia e quelli che non hanno tenuto fede alle aspettative di vendita, anche se naturalmente la EMI non si lascia scappare nessun nome. La rinuncia ad una parte del cast, secondo i calcoli della casa discografica, inciderà percentualmente in piccola misura sul volume complessivo delle vendite, e dunque anche sulla quota di mercato della società (oggi al terzo posto nel mondo alle spalle di Universal e Sony, con il 12 % del mercato nel 2002). Il comunicato con cui si dà notizia della riorganizzazione annuncia anche l'incorporazione di alcuni marchi discografici di nicchia in gruppi più grandi di etichette con l'obiettivo di assicurare una maggiore efficienza, mentre i tagli agli organici riguarderanno soprattutto le fabbriche di produzione (900 posti di lavoro sui 1500 ritenuti in esubero): la EMI ha già deciso la chiusura di un impianto a Jacksonville, in Illinois (Usa) e concordato la cessione della fabbrica olandese di Uden alla società MediaMotion. In Italia, le attività produttive del gruppo sono già da tempo state cedute ad una società autonoma, EMI Operations Italy SpA, che ha rilevato gli stabilimenti di Caronno Pertusella in provincia di Varese; mentre la casa discografica EMI Music non commenta le notizie che arrivano dalla casa madre, riservandosi “ulteriori valutazioni” prima di fornire eventuali dettagli riguardanti la situazione locale (da prime indiscrezioni, l'impatto della ristrutturazione avrebbe un effetto più blando in Italia che altrove). <br> Nel frattempo si apprende anche che in tanta corsa al risparmio, la major britannica non rinuncia ad investire: nei giorni scorsi ha acquistato, per 80 milioni di dollari circa (65,64 milioni di euro), il restante 20 % del catalogo editoriale Jobete Music, legato all'etichetta discografica Motown.