La Commissione Europea incaricata di indagare sulla fusione tra Sony e BMG teme che un'ulteriore riduzione nel numero delle major possa favorire una tacita collusione tra i maggiori operatori del mercato per tenere artificialmente alti i prezzi al pubblico dei CD. La preoccupazione affiora nel documento che espone le obiezioni formali formulate dallo staff diretto da Mario Monti al “merger”, diffuso in forma riservata alle società interessate ma i cui contenuti hanno cominciato a circolare su Internet e sugli organi di stampa internazionali. <br> I funzionari europei di Bruxelles sostengono che già ora, nell'attuale scenario di mercato, i prezzi praticati dalle maggiori case discografiche seguono un andamento parallelo e che ciascuna major tende a regolare le sue politiche commerciali su quelle dei principali concorrenti. Anche senza creare un esplicito cartello, è la tesi della Commissione, in un mercato controllato per più del 50 % da due sole società (Universal e Sony BMG) queste ultime finirebbero per influenzarsi ancora di più e per assumere comportamenti identici a danno dei consumatori. <br> Nelle 61 pagine del documento, l'Antitrust si sofferma su altri possibili rischi della fusione, riguardanti l'integrazione orizzontale e verticale tra le due società che potrebbe avvantaggiare la nuova casa discografica nella promozione sui canali radiotelevisivi controllati da Bertelsmann, proprietaria di BMG, e sulla nuova piattaforma on-line gestita da Sony, Sony Connect; nonché la concentrazione dei loro interessi editoriali, anche se le rispettive società di “publishing” sono escluse dagli accordi di fusione (vedi News). <br> Sony e Bertelsmann/BMG avranno modo di replicare alle osservazioni nel corso di una due giorni di udienze fissata a Bruxelles per il 7 e 8 giugno (vedi News). Ma intanto un discografico coperto da anonimato ha già anticipato quella che potrebbe essere la linea di difesa parlando con i giornalisti della Reuters. “La teoria che esista una tacita collusione che possa produrre prezzi più alti al pubblico è suggestiva ma non ha riscontro nella realtà”, ha ribattuto il misterioso personaggio. “La verità, ha concluso, è che sono i rivenditori a dettare le condizioni del mercato. Wal-Mart o Carrefour non hanno bisogno della musica, ma la usano per attrarre i consumatori nei loro negozi”.