La loro storia fu raccontata circa un anno fa con dovizia di particolari dai media, e fino a qualche mese orsono avrebbe potuto essere assurta a esempio - o, meglio, a cliché - del sogno perfetto di chiunque di sia mai cimentato in performance dal vivo con uno strumento tra le mani: tre ragazzi giovanissimi (tra i 12 e i 13 anni), afroamericani appassionati di heavy metal, tutti i giorni si esibiscono sul marciapiede di Times Square, nel centro di New York. La gente li nota, li filma coi cellulari, e in Rete esplode il fenomeno virale, che ovviamente non sfugge ai talent scout delle major: su imbeccata del batterista di Eric Clapton Steve Jordan la Sony si affretta a far firmare ai ragazzi (o, meglio ai loro genitori) un contratto pluriennale del valore potenziale di quasi due milioni di dollari. Il loro manager Alan Sacks canta vittoria ("Riscriveranno la storia del rock") mentre le mamme e i papà - mentre fioccano richieste di esibizioni dal vivo, tanto dalle trasmissioni televisive di prima serata quanto dagli organizzatori di eventi live di risonanza mondiale come il Coachella Festival, il Warped Tour e altri - si affrettano a specificare che sì, va bene la fama, ma i compiti verranno sempre prima. Era solo il luglio scorso, e all'orizzonte degli Unlocking the Truth pareva non esserci nemmeno una nuvola. Eppure a qualche mese di distanza la situazione pare essere cambiata, e parecchio. "I nostri avvocati stanno lavorando sulla nostra uscita dal roster di Sony", ha spiegato il frontman del trio Malcolm Brickhouse in occasione della prima di "Breaking a monster", documentario incentrato sull'irresistibile ascesa del gruppo: il cantante e chitarrista non ha fornito dettagli circa le motivazioni della mossa, che è stata confermata all'edizione online di Billboard - sempre senza alcun commento - dallo stesso Sacks, solo qualche mese fa il più entusiasta del sodalizio con colosso discografico guidato da Doug Morris. Una delle possibili cause dell'improvvisa fine dell'idillio tra il gruppo e la major fu preconizzata già lo scorso mese di luglio dal New York Post, che andando a scartabellare nei dettagli dell'accordo scoprì come il "tetto" del milione e ottocentomila dollari sarebbe stato raggiunto dalla band solo estendendo il contratto fino al settimo album in studio: album che per fruttare degli utili ai propri creatori avrebbero dovuto necessariamente sfondare la barriera delle 250mila copie vendute, soglia solo sopra la quale si sarebbe attivata la clausola di cessione di una percentuale sulle vendite del 16-17% al trio. E considerando che il mercato, gli Unlocking the Truth, non l'hanno ancora testato - il loro primo EP "Free as you wanna be" dovrebbe essere pubblicato a breve - è probabile che la prudenza abbia smorzato i primi entusiasmi...