Non è un mistero che intorno intorno al tema del secondary ticketing, una materia che Rockol segue da sempre con dovizia di particolari, la pressione stia montando. Non è una spinta proveniente solo dal basso (le lamentele dei consumatori): nella polemica è ormai coinvolta l’intera filiera di settore, la cui credibilità risulta ogni giorno più colpita dalla commistione di offerte e partecipazioni tra chi opera nel “primary” (vendite ufficiali a prezzo fisso) e “secondary” (rivendite a prezzo variabile). A livello comunitario e europeo aumentano le iniziative per intervenire a favore di una maggiore trasparenza e a vantaggio del consumatore. In Gran Bretagna, ad esempio, è attesa per la fine di questa settimana la pubblicazione di un’analisi commissionata dal governo sull’attività di secondary ticketing: il comitato parlamentare presieduto dal professor Michael Waterson dovrebbe avere rivolto particolare attenzione ai leader di mercato del secondary ticketing britannico: StubHub, ViaGogo, Seatwave e GetMeIn. Da qualche giorno, però, trattare la materia come un mistero avvolto nella nebbia è diventato del tutto inappropriato, essendo stata portata alla luce almeno una piattaforma (sorge spontanea la forte impressione che si tratti solo di une delle varie disponibili) a disposizione di chiunque voglia ramazzare biglietti da riproporre sul mercato secondario. Una suite tecnologica completa ma dal tocco umano, che consente di accelerare il sold out online e che opera in regime di B2B (“business to business”). Ticketbots.net è domiciliata a Panama e propone al mercato un software che elude i servizi di sicurezza dei rivenditori ufficiali ricorrendo a “bots”, robot che si accaparrano quantità di biglietti non appena vengono messi in vendita online. In una descrizione commerciale sul prodotto si legge, tra l’altro: “Il bot si accaparra centinaia di biglietti per ciascun evento simultaneamente e lascia scegliere quali acquistare con un singolo click”. Dobbiamo estendere i nostri complimenti all’Observer per avere frodato la macchina da frode, riuscendo a illuminare un meccanismo che certamente non giunge come una sorpresa ma che ora è almeno qualcosa che esiste ufficialmente. Una prima conseguenza? Da ieri ha Ticketbots ha cominciato a difendersi, rendendo la sua proposta commerciale un po’ meno aperta a tutti, cercando di nascondersi un po’ meglio: il suo tutorial, candidamente da sempre presente su YouTube, non è infatti più disponibile online... Ma qualcosa sul suo funzionamento siamo riusciti a capirlo. La suite, tra gli altri strumenti, utilizza i seguenti: - un elusore di “captcha”: i captcha sono quelle sequenze di lettere e cifre proposte in grafica nei moduli di compilazione (per login, per e-commerce etc) che l’utente deve leggere e a sua volta inserire via tastiera per dimostrare, appunto, di non essere un robot; - un “PDF copier”: un software che consente di duplicare il barcode di un biglietto producendo agevolmente tagliandi falsi (il che lancia di per sé un allarme a tutti coloro che, con le migliori intenzioni, sbandierano sui social che andranno al concerto X pubblicando la foto dei loro biglietti); - uno “spinner”: un meccanismo che permette di mettere istantaneamente in vendita sul sito di secondary ticketing cliente i biglietti appena “sequestrati” dalla piattaforma di vendita ufficiale; - un “drop checker”: un sistema di monitoraggio che consente al cliente di acquisire biglietti che risultano richiesti o ricercati dagli utenti finali, grazie a un algoritmo. La tecnologia, da sempre, guida i cambiamenti. Lo sa l’industria discografica per prima, che esiste non per iniziativa di artisti ma per l’invenzione del grammofono da parte di Edison. Nessuna sorpresa, quindi, che si vada incontro a fasi cicliche nelle quali la normativa insegue e, nel frattempo, operatori esterni al settore diano vita a profittevoli aree grigie, salvo poi convergere nel sistema in un prevedibile movimento di fusioni e acquisizioni. E nessuna sorpresa che il secondary ticketing piaccia ai media, perché lo sporco fa sempre notizia e perché l’industria dei media è a sua volta sconvolta dalle innovazioni digitali che ne disintegrano e rivoluzionano i modelli di business preesistenti. Ma da addetti ai lavori dovremmo soprattutto rilevare che, insieme al levarsi di legittime proteste, abbondano posizioni indegne e vergognose. Se le ipocrite partecipazioni delle multinazionali del ticketing in “secondary companies” vi sembrano poco, le false lobby potrebbero farvi cadere le braccia: pensate a Fan Freedom UK, ufficialmente un sito nato dai fans e per i fans allo scopo di permettere agli individui di vendere liberamente sul mercato i propri biglietti senza incorrere in sanzioni o in accuse di bagarinaggio che, si è poi appurato, è stato finanziato da StubHub… (per la cronaca, proprietà di eBay). Attendiamo dunque fiduciosi e curiosi le prime conclusioni del professor Waterson & Co. E continuiamo a chiederci perché, nell’interesse dei consumatori, non si facciano passi avanti nella direzione di un autentico “dynamic market”, un marketplace in qualche modo simile a quello del turismo in cui i prezzi oscillino, sì, ma anche verso il basso. (gdc)