Una notizia buona e una cattiva, per l’industria musicale italiana, nei dati a consuntivo del primo semestre 2004 (come sempre raccolti, elaborati e pubblicati dall’IFPI, l’organizzazione internazionale di settore). Quella buona è che la ripresa del mercato americano (+ 5 % in pezzi venduti, sugli scudi i dischi di Norah Jones e OutKast), la popolarità crescente del Dvd (+ 26,6 % in fatturato, il 7,2 % del totale) e le vendite di dischi di catalogo grazie ai siti on-line stanno riportando un po’ di (cauto) ottimismo negli ambienti della discografia mondiale: i volumi di vendita complessivi tra gennaio e giugno 2004 superano dell’1,7 % quelli dell’anno scorso, 1,2 miliardi di pezzi in totale tra supporti audio e video (ma il fatturato, causa la riduzione media dei prezzi di vendita, è ancora in calo: 13,9 miliardi di dollari, - 1,4 %). Quella cattiva è che l’onda positiva che monta negli Usa non si è propagata, almeno per ora, dalle nostre parti: l’IFPI calcola in 300 milioni di dollari (246,3 milioni di euro, prezzi al pubblico Iva inclusa) il volume d’affari semestrale del mercato nazionale, - 7,1 % sull’anno scorso, mentre è ancora più accentuato il calo in unità, - 14,4 % (18,6 milioni di pezzi venduti: escluse le vendite in edicola, che invece risultano di nuovo in forte crescita): l’Italia è comunque il sesto mercato al mondo, con una forte crescita (oltre il 100 %, per il secondo anno consecutivo) nell’area emergente dei Dvd musicali. Il resto d’Europa non è messo molto meglio. Il mercato più forte, quello inglese, ha tenuto le posizioni (-0,2 %) grazie a giovani talenti come Keane, Franz Ferdinand e Joss Stone e all’apertura di nuovi punti vendita (HMV), ma il Vecchio Continente nel suo complesso continua ad arretrare, - 7,7 % (4,8 miliardi di dollari,contro i 5,3 del Nord America, Usa e Canada) rispetto ai primi sei mesi del 2003: mercato debole anche in Spagna e Olanda, ancora peggio in Francia (vedi News). Nessuna sorpresa, per il resto, dalla lettura dei dati, con gli album in formato Cd che rimangono sui valori dell’anno scorso (-1,1 %), e i singoli ancora in picchiata (-16,6 %; oggi valgono appena il 4,5 % del mercato globale). Si tratta comunque, sottolinea l'IFPI, dei migliori “parziali” complessivi degli ultimi quattro anni: accolti positivamente anche dagli operatori finanziari che, chissà, potrebbero decidere di destinare al settore nuovi investimenti.