Un qualunque luogo in centro a Milano. Si sta per inaugurare un negozio temporaneo di un marchio abbastanza noto, in un posto di moda, all’aperto, in zona abitata. All’ora dell’aperitivo inizia il DJ Set. Il ragazzo è in un angolo, su una pedana costruita in maniera artigianale: una tavola di legno, appoggiata su un supporto per tastiera, coperta da un telo nero. Sopra una console, piccola. Se ascolti la musica e fai attenzione ai gesti, ti accorgi che sta facendo finta. Chiedo a chi ha organizzato l'evento: il DJ set è in playback: la musica va da sola, a tutto volume. il DJ fa scena. "DJ set in playback": fa ridere solo a dirlo, vero? Ma è una scena che ho visto succedere di persona: situazioni (reali) come questa si vedono ovunque, non solo a Milano. Non solo club, ma bar e locali, centri commerciali, spiagge, piscine. Un evento? Mettiamo un DJ set. Inauguriamo un locale? Facciamo un DJ set. La presentazione di un prodotto o di una qualsiasi iniziativa commerciale? DJ Set! L’idea diffusa è che il DJ set attiri gente - per quello che mi riguarda, la fa solo scappare. Perché per lo più sono fatti male: sono semplicemente riempitivi inutile e dannosi di brutti eventi, musica terribile messa a volumi forti, inflitta a chiunque si trovi a tiro - solitamente di centinaia e centinaia di metri, visti i decibel. Non si scappa più: il DJ set da tempo è uscito dai club e dai locali per invadere le città. Il DJ set è come quelle persone che parlano a voce alta in treno, in metropolitana, o in qualsiasi situazioni pubblica, che ci tengono a far sapere a tutti i fatti propri. Si, lo so, che i DJ sono le nuove rockstar, e non da oggi o da ieri: lo show musicale più visto in Italia nei primi sei mesi del 2016 è stato quello di Paul Kalkbrenner a Bologna. Anche se spesso questi DJ fanno finta pure loro (ricordate la polemica sugli show fatti con le chiavette USB?) - ma almeno lì vai per vedere e sentire la star, per assistere ad uno spettacolo fatto anche e soprattutto di visual. Il DJ set "diffuso" invece te lo trovi ovunque. Oggi c’è la fila per diventare star della console. La terza edizione di “Top DJ” - il talent dedicato alle nuove leve della console - è passato dal satellite ad una rete generalista, Italia 1: l’ennesimo segno, per chi ne avesse ancora bisogno, dello status "aspirazionale" della figura DJ. Come scriveva, qualche giorno fa, un amico su Twitter: La richiesta di DJ set ha generato una sovrabbondanza di DJ improvvisati, che vanno dall’amico che fa lo “sfuma-musica” sui piatti, ai cantanti pop-rock che fanno presenza ad un evento facendo finta di mettere musica. Chi ci perde? Ci perdono i DJ veri, quelli che lo fanno da professionisti. In giro ci sono tanti DJ bravi che mettono musica con un’idea, quelli che vai a sentire e ti viene da ringraziare perché ti fanno ascoltare belle canzoni, accostamenti o mix che non avresti mai immaginato. "Ha perso la città", come dice una canzone dell'ultimo disco di Niccolò Fabi. L’esplosione dei DJ set ha contribuito a rendere l’ambiente metropolitano un luogo in cui il silenzio è un lusso, e la scelta attiva della musica pure. La musica ci è sempre arrivata in maniera passiva, sia chiaro: le radio, la televisione musicale, a casa o diffuse nei locali. Ma ormai, da qualche tempo, con i DJ set siamo ad un altro livello. E soprattutto ci perdono le nostre orecchie, continuamente maltrattate da inquinamento acustico, suoni molesti e non richiesti, anzi ostentati con la scusa di attirare gente per scopi commerciali. Vi dò una notizia, cari organizzatori di "eventi": se avete qualcosa di bello da dire, o far vedere, la gente arriva lo stesso, senza il DJ set. Se la gente vuole ballare o ascoltare musica a tutto volume, va in un un club o in un locale, a sentire i DJ professionisti. Chi fa o organizza un DJ set farlocco avvelena anche le tue orecchie, digli di smettere! (Gianni Sibilla)