Il percorso della rock band della Georgia assume valenza quasi paradigmatica, nel music business recessivo di questi tempi, avvicinandosi a quello di altri ex pupilli, presto dimenticati, dell’industria discografica. Tagliato, per reciproco consenso, il cordone ombelicale con le major (nel loro caso la Atlantic/Warner, per cui negli anni ’90 avevano venduto oltre 7 milioni di dischi sfornando diversi successi), i Collective Soul hanno pensato bene di finanziarsi da soli il master del nuovo disco “Youth”, che pubblicano il 16 novembre su etichetta “domestica”, El Music Group, dopo quattro anni di silenzio. <br> Per massimizzarne la conoscenza e il potenziale di vendita, ricorreranno a una costellazione di specialisti del management, della promozione, dell’arte grafica, del Web e della distribuzione commerciale. Singolare ma prevedibile, poi, che molti di questi professionisti siano a loro volta transfughi dell’establishment discografico e dello stesso giro Warner: uno dei due manager, Fred Croshal, arriva dalla Maverick già di Madonna; CO5, l’agenzia cui è stata affidata la promozione del disco, è guidata da un ex funzionario della stessa Atlantic, Danny Busch, e da Bob Divney, proveniente dalla Reprise; sempre al gruppo Warner è collegata la distribuzione, Alternative Distribution Alliance; mentre arriva dalla Geffen Kevin Day, responsabile della società di marketing e vendite Rock Science. <br> “Se hai fiducia nel fatto che le persone che hai ingaggiato possano far bene il loro lavoro, non c’è confronto con una major”, ha spiegato il manager Croshal alla rivista Hollywood Reporter. “E’ come paragonare un LearJet a un 747”. “E possiamo prendere tre decisioni nel tempo che una major impiega a prenderne una”, ha aggiunto il vocalist della band, Ed Roland. <br> I Collective Soul si sono fatti i loro calcoli: ridotte le spese, per cominciare a guadagnare con il nuovo disco gli basta vendere 100 mila copie. E le prenotazioni hanno già superato abbondantemente quella cifra.