L'ultimo addetto ai lavori ascoltato dalla VII commissione Cultura della Camera dei deputati presieduta da Flavia Piccoli Nardelli nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul fenomeno del secondary ticketing è stato Maurizio Salvadori, patron della società di live promoting Trident. Salvadori si è detto cauto riguardo a possibili soluzioni per arginare il fenomeno: "Siamo coinvolti in qualcosa che non riusciamo a controllare", ha spiegato l'organizzatore, "Sono tutti pronti a scagliarci contro il secondary ticketing, ma io vedo proposte e tentativi di soluzioni che non hanno base realistica. Proporre di chiudere i siti è fantasioso, perché mi chiedo come si possa chiudere una società svizzera - come, per esempio, Viagogo - che opera sul territorio svizzero, senza contare le altre che hanno sede legali in paradisi fiscali. Proporre di mettere un limite al biglietto vorrebbe dire avere i bagarini fuori dalle porte di stadi e palazzetti invece che online". "Abbiamo due livelli di problema", ha proseguito Salvadori: "Quello del privato, che non riesco a immaginare come si possa arginare: poi, a me, l'idea che lo Stato intervenga per cercare di bloccare uno studente disposto a vendere il proprio biglietto a 20 euro in più dà fastidio. Un altro discorso è quando una società nazionale o multinazionale inquina il mercato [come emerso dall'inchiesta di Matteo Viviani per Le Iene]. Qui il legislatore può intervenire, perché abbiamo di fronte delle società che devono rispondere dalla propria attività". Quali soluzioni potrebbero essere adottate, secondo Salvadori, per arginare il fenomeno del secondary ticketing? "La verità non la sa nessuno: non ci sono certezze. La presale riservata ai fan è un buco nero attraverso al quale passano un sacco di biglietti. Si è parlato di coinvolgimento degli artisti: per stroncare questo fenomeno basterebbe fare un cosa semplice, cioè moltiplicare le date per soddisfare le esigenze di mercato. I biglietti degli artisti italiani sul secondary market sono pochi, e hanno delle maggiorazioni molto limitate: il fenomeno riguarda soprattutto gli artisti esteri, che fanno a capo alle aziende che oggi in Italia sono sotto inchiesta. Quanto l'artista è complice nell'offrire pochi concerti rispetto a quella che è la domanda? La soluzione non è facile e alla portata di tutti. Questo è un problema mondiale che dovrebbe essere affrontato con accordi generali, perché non credo che l'Italia da sola possa lanciare soluzioni efficaci".