Non tutte le etichette discografiche sono favorevoli a una estensione del periodo di protezione delle registrazioni fonografiche, in Europa limitato per ora a 50 anni (vedi News). In Inghilterra, per esempio, al fronte di coloro che chiedono alle autorità europee un prolungamento dei termini di legge che garantisca più a lungo i loro copyright (ne fanno parte, oltre alle major, l’associazione delle etichette indipendenti Aim, quella dei rivenditori Bard e l’agenzia di collecting PPL) si oppone una coalizione di imprese discografiche che sulla commercializzazione del materiale di pubblico dominio hanno costruito finora le loro fortune. <br> Nel gruppo figurano marchi conosciuti come Naxos, Pickwick, Prism, Delta e Marathon, promotori di una lobby che si batte per mantenere lo status quo ed avere accesso, tra oggi e i prossimi anni, al repertorio di fine anni ’50 e primi anni ’60 (una potenziale miniera d’oro, com’è facile immaginare). “Non è vero che esiste un consenso unanime per la revisione dei termini all’interno dell’industria, e le major non hanno un interesse altruistico in questa faccenda” ha sostenuto il direttore della Naxos Anthony Anderson, esponendo le sue tesi a sfavore dell’estensione: “C’è l’interesse dei consumatori, innanzitutto: con l’allungamento dei copyright molte incisioni, messe fuori catalogo dai titolari, diventerebbero irreperibili sul mercato. C’è una ragione filosofica: soprattutto in ambito classico è possibile sostenere che la sola composizione è un processo creativo vero e proprio, mentre l’esecuzione può essere vista come un procedimento ri-creativo. E poi c’è il fatto che molti altri brevetti commerciali non godono di livelli analoghi di protezione”. <br> Anche all’interno della coalizione per l’estensione dei diritti, del resto, le posizioni non sono univoche: sempre nel Regno Unito, l’associazione dei manager MMF è favorevole, ma spinge per una restituzione dei copyright agli artisti.