In Germania è in corso un duro braccio di ferro tra case discografiche e GEMA, la società degli autori locale: materia del contendere, ancora una volta, è la royalty “fonomeccanica” che ciascuna etichetta è tenuta pagare, su ogni supporto musicale venduto, agli autori ed editori dei brani musicali in esso contenuti: quella attuale, in base agli accordi precedenti e non rinnovati tra le parti, è pari al 9,009 % sul prezzo di vendita all’ingrosso (il cosiddetto ppd, “price per dealer”); mentre l’industria chiede di scendere al 6,5 % considerando che oggi si vendono sempre meno dischi e che il mercato invoca prezzi più bassi. L’autorità arbitrale a cui si sono rivolti i discografici ha dato ragione alla GEMA, respingendo al mittente la richiesta. Se ne riparlerà comunque il prossimo 25 marzo, quando l’ufficio federale per i brevetti e i marchi riprenderà in mano la vertenza. Intanto, considerando il fatto che il giudizio arbitrale ha contestato l’entità della richiesta ma non il suo fondamento, la questione delle royalty fonomeccaniche è destinata a tornare d’attualità a livello internazionale: Italia compresa, dove tra FIMI, AFI e SIAE le posizioni al riguardo restano poco conciliabili.