Dai consuntivi di fine 2004 sembrano chiare le attuali inclinazioni musicali del pubblico americano: disposto a dare fiducia alle star del momento, quando si tratta di sborsare la cifra relativamente contenuta di un Cd (soprattutto da quelle parti: dove, a differenza che da noi, le offerte abbondano anche tra gli scaffali riservati alle novità); molto più conservatore e guardingo quando si tratta di mettere mano al portafoglio per affrontare il salasso (questo sì maggiore che in Europa) dei concerti dal vivo. <br> La dicotomia è chiaramente illustrata dalle classifiche di fine anno: dopo “Confessions” di Usher che ha sbaragliato la concorrenza discografica con i suoi quasi 8 milioni di copie (vedi News), la graduatoria dei dischi più venduti dell’anno compilata da Nielsen SoundScan propone “Feels like home” di Norah Jones (3,8 milioni di copie), “Encore” di Eminem (3,3 milioni), e un gruppetto di nuove o consolidate country star con Kenny Chesney (“When the sun goes down”, 3,04 milioni) a precedere Gretchen Wilson (“Here for the party”, 2,9 milioni) e Tim McGraw (“Live like you were dying”, 2,7 milioni; completano la Top Ten il rock di Evanescence e Maroon 5, il pop di Ahslee Simpson e la compilation “Now 16”). <br> Tutt’altra musica si è ascoltata sui palcoscenici Usa: la bibbia di settore Pollstar assegna trionfalmente il primo posto al redivivo Prince, che con i 96 concerti del suo “Musicology tour”, oltre a promuovere le vendite dell’omonimo album (offerto in cambio di un piccolo surplus agli acquirenti dei biglietti, vedi News) ha rastrellato ben 87,4 milioni di dollari, cifra che gli vale l’ottavo posto nella graduatoria di tutti i tempi tuttora capeggiata dal tour 1994 dei Rolling Stones (121,2 milioni di dollari). Lo stesso profumo di revival anni ’80-’90 lo si annusa scorrendo la lista degli altri trionfatori di stagione al botteghino: dove Celine Dion (80,4 milioni di dollari di incasso) precede Madonna (79,5 milioni) e Metallica (60,5 milioni), i riuniti Van Halen agguantano la sesta posizione con 54,3 milioni di dollari di incasso e nomi di tradizione come Sting, Elton John, Rod Stewart, Cher, Eric Clapton, Aerosmith e Phil Collins superano agevolmente il fenomeno Usher e talenti emergenti come Josh Groban e John Mayer. Il messaggio è chiaro: i “baby boomers” di 40-50 anni snobbano i negozi di dischi, ma non i grandi show che rinfocolano le nostalgie della giovinezza. Costi quel che costi.