I tardi anni ’90 della “new economy” nevrotica e rampante sono un ricordo ormai lontano: eppure, sottolinea in questi giorni un’inchiesta del settimanale specializzato Billboard, le case discografiche - o meglio le loro società madri quotate in Borsa, che di quella frenetica corsa all’oro furono tra le protagoniste nel bene e nel male – hanno ricominciato faticosamente a riguadagnarsi un poco di fiducia tra gli operatori di Wall Street. <br> Il mercato finanziario, osserva il periodico statunitense, ha premiato i rigorosi programmi di ristrutturazione/taglio dei costi intrapresi dalle major musicali e i (seppur deboli) segnali di risveglio del business, spingendo il valore dei relativi titoli azionari verso crescite percentuali sull’ordine delle due cifre. E’ successo a Vivendi Universal, “padrona” di Universal Music, che dopo essersi liberata di un fardello ingombrante di debiti e di imprese ad alto costo di esercizio ha chiuso il 2004 con una rispettabile quotazione di 32,07 dollari ad azione , + 32 % rispetto all’anno precedente. E’ accaduto a Sony Corp., che dopo la fusione della sua casa discografica con la BMG di Bertelsmann (non quotata in Borsa) ha visto il prezzo dei suoi titoli risalire a 38,96 dollari (+ 12 %); e meglio ancora ha fatto la EMI, l’unica società discografica “autonoma” prima della cessione di Warner Music da parte di Time Warner (vedi News), con un titolo in impennata del 66 % (a 2,64 sterline, 4,95 dollari) anche sull’onda delle indiscrezioni che ne danno per probabile una fusione proprio con la Warner (vedi News). <br> E’ andata meno bene alle società che operano nel campo della radio, della televisione e degli spettacoli dal vivo (Clear Channel – 28 %; Mtv – 16 %), condizionate dalle turbolenze e dalle incertezze di prospettiva che aleggiano sui rispettivi settori di appartenenza. Ma anche i discografici, avvertono gli analisti, non devono entusiasmarsi più di tanto: il valore medio dei titoli con attinenze musicali resta comunque dimezzato rispetto agli anni d’oro, prima che scoppiasse la grande “bolla” del Web. Nel frattempo, però, sono proprio i nuovi protagonisti della musica digitale, del dowloading e della radio via satellite ad essere corteggiati dagli investitori di Wall Street. In prima linea Napster (+ 95 %, 9,36 dollari il valore del titolo a fine anno), la RealNetworks di Rhapsody (+ 15,9 %, a 6,62 dollari), Loudeye Technologies/OD2 (+5 %, a 2,05 dollari), Yahoo!/MusicMatch (+ 16 %, a 37,68 dollari) e naturalmente Apple Computer: i trionfi (in termini di comunicazione e di immagine, oltre che commerciali) dell’iPod e dell’iTunes Music Store ne hanno più che raddoppiato il valore di Borsa, catapultato da 21,37 a 64,40 dollari per azione.