Per gli addetti ai lavori ossessionati dai numeri, si sa che la seconda serata è il banco di prova del Festival di Sanremo.. Se al debutto di ogni edizione la curiosità, le aspettative e il gusto del pettegolezzo favoriscono ascolti elevati, la serata numero due può confermare o ribaltare il risultato, come direbbe Alessandro Borghese. E il Festival n. 69, partito in salita rispetto all’anno scorso, ha spiazzato un po’ tutti: uno share del 47,3% è un dato ottimo, che a conferma della tenuta del Festival. Ancor più se, invece delle percentuali, guardiamo al dato assoluto: un totale medio di 9.144.000 spettatori, con punte di quasi 11.000.000 nella fascia dalle 21.30 alle 23.50. Tradotto: gli abbandoni sono stati pochi durante le tre ore di trasmissione. L’anno scorso, nell’edizione dei record, fra prima e seconda serata ci fu un calo di due milioni di spettatori. Il festival, dunque, ha tenuto. Il che significa che le debolezze della prima serata sono state in gran parte corrette, soprattutto per quanto riguarda la parte del cosiddetto varietà. Fatta salva la qualità della componente tecnica (regia, luci, scenografia), che ha mantenuto gli ottimi livelli della serata inaugurale, Bisio e Raffaele sono sembrati sin da subito più a fuoco, più a loro agio sul palco e con un migliore equilibrio tra i rispettivi ruoli. I momenti migliori sono stati quelli in cui sono riusciti a lasciarsi andare, giocando con il copione e seguendo più la pancia della testa. Con la gag della Habanera, Virginia ha potuto esibire qualche sprazzo delle capacità mimetiche e comiche per le quali è conosciuta e amata dal pubblico, ma che purtroppo rimangono ancora sacrificate al ruolo più freddo di conduttrice. Nel numero sulla punteggiatura, Baglioni e Bisio hanno dato il meglio: autoironico l’uno, grandi tempi comici l’altro, hanno alleggerito l’atmosfera sfoderando la loro indiscutibile classe e una buona chimica, che speriamo venga ancora sfruttata nelle prossime serate. Il meglio di Bisio, però, arriva con l’ingresso della sua collega storica: quella Michelle Hunziker che, per i dieci minuti in cui compare, porta all’Ariston l’energia, la freschezza, il mestiere, la passione e il ritmo che tanto hanno contribuito al successo della passata edizione e che, diciamolo, sono un po’ il rimpianto di questa. Con Hunziker, Bisio trova immediatamente il suo passo, si sente a suo agio. E si vede. Anche Claudio Baglioni sembra divertirsi un po’ di più, malgrado alcune imprecisioni inaspettate nei duetti con i grandi ospiti musicali che lasciano intravedere un po’ di stanchezza, forse fisica, più probabilmente emotiva. Certo che, quando intona “Questo piccolo grande amore”, i cori della sala stampa e del pubblico dell’Ariston hanno un sapore un po’ nostalgico: le sue canzoni restano sempre una parte fondamentale del racconto del “suo” Festival, dai cui un po’ si sente la mancanza. La parola-chiave della seconda puntata è stata “equilibrio”. Ad incorniciare le esibizioni dei 12 cantanti, le parti di varietà sono state equamente divise tra i momenti leggeri e l’intensità emotiva delle performance dei grandi ospiti musicali (Fiorella Mannoia, Marco Mengoni e Tom Walker, Riccardo Cocciante). Anche il duo comico Pio e Amedeo, solitamente molto sopra le righe, ha saputo trovare in questa serata una misura inedita, più orientata alla satira politica che alla comicità di pancia. Forse è questo il risultato più significativo della serata: lo sforzo - riuscito - di trovare il giusto mix tra buona musica, intrattenimento leggero e l’urgenza espressiva di prendere posizione nell’attuale contesto sociale. Vedremo se sarà possibile mantenere questo equilibrio anche nelle prossime serate.