Le case discografiche incassano una vittoria parziale in una delle battaglie cruciali per l’evoluzione del music business di oggi e di domani: la proprietà dei master, le matrici di musica registrata utilizzate per la duplicazione dei supporti musicali che si trovano in commercio. La rockstar francese Johnny Hallyday sta cercando di riprendere possesso delle sue vecchie incisioni dal 1961 ad oggi, attualmente in mano alla Universal: ma, dopo che il Tribunale del Lavoro gli aveva dato ragione, l’agosto scorso, un giudice parigino di primo grado ha ribaltato la sentenza, accettando la tesi della casa discografica secondo cui la restituzione delle matrici all’artista avrebbe creato un precedente “pericoloso” per l’industria musicale. <br> Hallyday, 61 anni, deve alla major discografica ancora un album prima che il contratto vada in scadenza a fine anno, e la pronuncia del tribunale francese gli impone anche di rendersi disponibile per assolvere agli impegni promozionali. Una volta cessati i rapporti, ha stabilito il giudice, il cantante potrà eventualmente reincidere le sue canzoni e pubblicarle su un’altra etichetta (anche di sua proprietà, naturalmente), a patto che questa paghi i diritti di riproduzione alla Universal. Né Hallyday né i suoi avvocati hanno presenziato all’udienza e non si sa, al momento, se il cantante intenda presentare ricorso. <br> Negli anni passati, quando solo pochi artisti e produttori possedevano una loro etichetta, era prassi comune cedere i diritti sui master alla casa discografica che si incaricava di pagare i costi di registrazione, i produttori, gli autori, gli arrangiatori, le fabbriche di stampaggio e gli altri soggetti coinvolti nella realizzazione, promozione e distribuzione di un disco: solo pochissimi artisti (tra questi la cantautrice americana Michelle Shocked) sono riusciti a rientrare pienamente in possesso delle loro registrazioni.