Benché sui social network la sua presenza sia tutto meno che invasiva, Piotta è un artista impegnatissimo, al quale piace più fare che far sapere che fa: il <a href="https://www.rockol.it/artista/piotta">rapper romano</a> è preso in questi giorni dal termine dei lavori al nuovo quartier generale della sua etichetta La Grande Onda, 800 metri quadrati in zona piazza Bologna, nella Capitale, con due sale di ripresa, auditorium e uffici dai quali stanno passando alcune delle realtà migliori del panorama romano e italiano attuale.

"Diciamo che ho un doppio ruolo, quello di artista - ho scritto qualche canzone nuova, e una l'ho già registrata - e quello di produttore", ci racconta lui, che dopo la pubblicazione dell'album d'esordio dei pugliesi Luvaq, si sta preparando a spedire sui mercati - tra gli altri - i dischi del giovane rapper italo-cubano Chico, già arrivato alle fasi semifinali all'ultimo Sanremo Giovani, e di Morris Gola, mc capitolino più vicino alla working class che all'estetica bling: "Essere attivo sui due fronti ti permette di entrare in contatto con tutti gli aspetti del lavoro in ambito musicale. Ecco perché mi ritrovo molte volte a fare da fratello maggiore agli artisti che produco, che spesso - come tutti i giovani - hanno una visione distorta del proprio mestiere, o di ciò che vorrebbero lo diventasse, dopata dall'estetica del mercato attuale".

Il Piotta "discografico" parte proprio dall'esibizione dei numeri sul Web, oggi prassi di fatto comune, per spiegare la sua linea: "Non è comprando i like che si fa la differenza", dice lui, "A cosa serve dire 'il mio video ha un milione di visualizzazioni' quando quelli di Beyoncé ne hanno più di 150? Meglio averne sei/settecentomila, ma veri, che testimonino la presenza di una fan base effettiva". Perché una carriera musicale non è uno sprint, ma una maratona: "Un tempo i produttori dance tenevano una condotta molto 'carpe diem': centravano un successo e poi cambiavano nome al progetto, per inseguirne un altro. Ma se qualcuno ha qualcosa da dire, e - soprattutto - ha ampi margini di crescita, perché ricominciare ogni volta da capo? Prendete Jovanotti, o Caparezza, o anche me, fatte le debite proporzioni: un artista può restare sé stesso partendo dai determinati presupposti per arrivare ad altri, crescendo insieme al proprio pubblico. Per quella che è la mia etica, non posso non ragionare se non su obbiettivi e medio-lungo termine".

"Non voglio fare il bacchettone e unirmi al coro di chi dice che i social sono il male", prosegue il Piotta: "I social sono un mezzo come un altro per fare promozione. Si può spingere un progetto online, ma sempre con misura e cognizione di causa: se non c'è la sostanza, tutti i nodi prima o poi vengono al pettine. Fake followers compresi".

Qual è, a giudizio del Piotta, il problema più ricorrente nei giovani artisti? "Senza dubbio la fretta", ci spiega: "Un tempo arrivavano da noi e volevano studiare chitarra, pianoforte e basso. Adesso degli strumenti non gli importa più nulla: quando si presentano, ci tengono a precisare di avere già un nickname, una pagina Instagram e di essere dei solisti. Chiedono di diventare famosi nel giro di tre anni, per non sentirsi dei falliti. Questo a causa del modello - disastroso - che gli è stato proposto: quello dei talent. La velocità non solo porta a bruciarsi in fretta, ma anche a qualcosa di peggio, che è non godersi la propria passione per la musica. La musica è una medicina, chiunque la faccia non ha come obbiettivo primario quello della fama, ma dell'urgenza espressiva".

Piotta e il consigliere del settore audio di NUOVOIMAIE Andrea Marco Ricci saranno i protagonisti del <a href="https://www.rockol.it/news-708768/nuovoimaie-milano-music-week-2019-appuntamenti-calendario">workshop "Marketing per artisti"</a>, organizzato da NUOVOIMAIE in collaborazione con Rockol in programma nell'ambito della <a href="https://www.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2019-465635">Milano Music Week 2019</a> il prossimo 20 novembre presso il locale Germi di via Cicco Simonetta 14, a Milano: per prenotare il proprio ingresso è possibile visitare la pagina dell'evento a <a href="https://www.germildc.it/evento/20-novembre-rockol-workshop-marketing-per-artisti/" target="_blank">questo indirizzo</a>.

<a href="http://www.rockol.it/tutto-su/osservatorio-nuovoimaie-454114">Leggi qui le puntate precedenti di Osservatorio NUOVOIMAIE</a>.

Piotta

Milano Music Week

NUOVOIMAIE

Osservatorio NUOVOIMAIE

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NUOVOIMAIE a Milano Music Week 2019, Piotta ai giovani artisti: 'La fretta è il vostro peggior nemico'

Industria

Il rapper romano sarà protagonista del workshop 'Marketing per artisti' insieme a Andrea Marco Ricci: 'Ecco cosa consiglio a chi vuole fare il cantante'

Margherita Gnech è stata nominata nuovo Managing Director di Sony Music Publishing Italia, la divisione editoriale della major <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751349/sony-music-publishing-italia-lascia-roberto-razzini">guidata, fino alla metà dello scorso mese di aprile, da Roberto Razzini</a>.

Come Managing Director, Gnech sarà responsabile della supervisione delle attività creative e commerciali di Sony Music Publishing Italia, “guidando - come precisato dall’azienda in una nota - la crescita e l'innovazione dell'azienda in uno dei mercati musicali più dinamici d'Europa”. Operativa dagli uffici di Milano, Gnech riporterà direttamente al Presidente Internazionale di Sony Music Publishing Guy Henderson.

“Assumere il ruolo di Managing Director è un traguardo significativo nel mio percorso professionale, del quale vado fiera”, ha dichiarato Gnech: “Credo in un modello di editoria musicale audace, collaborativo e profondamente impegnato a mettere al primo posto gli autori. Sono entusiasta di guidare questo nuovo capitolo insieme a un team di colleghi di eccezionale talento, la cui passione e dedizione sono al centro di tutto ciò che facciamo”.

“Margherita porta con sé un ampio ventaglio di competenze e, per il ruolo che va a ricoprire, un’intelligenza rassicurante”, ha aggiunto Henderson: “Ha una visione chiara del futuro creativo della nostra azienda e darà un contributo fondamentale al settore dell'editoria musicale in Italia. Le sue relazioni all'interno della nostra rete globale saranno fondamentali per continuare a espandere la presenza dei cantautori italiani nel mondo”.

Durante la sua permanenza in azienda, Gnech - precisa Sony Music Publishing - “ha svolto un ruolo fondamentale nel crescente successo dell’azienda in Italia, costruendo un dipartimento legale e commerciale di eccellenza e offrendo un approccio audace e collaborativo ai servizi di songwriting della nostra società”.

Laureata in Giurisprudenza all’Università Cattolica di Milano nel 2015, con Master in Tech Law &amp; Digital Transformation presso la TopLegal Academy nel 2019, Gnech - dopo un periodo di apprendistato presso gli uffici milanesi dello studio Osborne Clarke terminato nel 2018 - ha debuttato professionalmente come Associato presso Simmons &amp; Simmons, dove si è occupata di Technology, Media &amp; Telecommunications e Data Protection. Nel 2020 è entrata nell’organico di Sony Music Publishing Italia, dove fino al 2023 ha ricoperto il ruolo di Senior Legal &amp; Business Affairs Manager, per poi passare all’incarico di Head of Business &amp; Legal Affairs.

Sony Music Publishing Italia, Margherita Gnech è la nuova MD

La nomina ‘interna’ della già Head of Business & Legal Affairs

L’associazione Note Legali ha annunciato il lancio di Sounds Rights, percorso formativo gratuito dedicato a chi lavora nella filiera degli spazi di musica dal vivo finanziato dal bando europeo LIVEMX e realizzato con il supporto operativo di KeepOn Live, la rete nazionale dei live club e festival indipendenti. L’iniziativa, spiegano gli organizzatori, “si propone di colmare una lacuna storica nel settore: la mancanza di formazione chiara, aggiornata e accessibile su diritti musicali, contrattualistica, ticketing, previdenza sociale e fiscalità. Temi spesso considerati marginali, ma che hanno un impatto enorme sulla sostenibilità e sulla legalità delle attività culturali e musicali dal vivo”.

“Abbiamo voluto creare uno strumento concreto e gratuito, pensato per chi vive ogni giorno le difficoltà organizzative e burocratiche degli eventi live”, ha dichiarato l’avvocato Emanuela Teodora Russo, presidente di Note Legali: “Con Sounds Rights vogliamo dare agli operatori gli strumenti per crescere, tutelarsi e migliorare la relazione tra artisti, spazi e pubblico”.

Il percorso formativo è composto da 13 lezioni suddivise in moduli tematici, con formula ibrida: online (in diretta e con contenuti disponibili on demand) e in presenza, durante i principali eventi di settore come il KeepOn Live Fest di Palermo e altri appuntamenti a Milano e Bologna.

Le iscrizioni sono aperte fino al 21 luglio 2025 tramite il sito ufficiale www.soundsrights.com: verranno selezionati fino a 40 operatori appartenenti a 30 spazi musicali in tutta Italia. Il debutto ufficiale in presenza di Sounds Rights sarà il 24 settembre 2025 a Palermo, con un primo evento formativo all’interno del KeepOn Live Fest. Seguiranno tappe a Milano e Bologna.

Note Legali: nasce Sounds Rights

Un progetto gratuito di formazione sostenuto da LiveMX e supportato da KeepOn

Assomusica ha annunciato il proprio sostegno al progetto di ricerca sviluppato dall’Osservatorio sull’Industria e gli Eventi Musicali dell’Università Sapienza di Roma, attivato presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale.

L’iniziativa, spiega l’associazione in una nota, “si propone di analizzare la filiera produttiva e organizzativa dei festival di musica popolare contemporanea e vuole ricostruire una panoramica dell’offerta musicale, mettendo a disposizione del settore – e delle istituzioni che lo regolano - strumenti di lettura aggiornati”, con l’obiettivo di “analizzare i modelli organizzativi adottati, mappare attori e relazioni, e individuare indicatori utili alla futura misurazione degli impatti economici, sociali e culturali dei festival di musica popolare contemporanea nei territori in cui vengono organizzati”.

Il sostegno alla ricerca si inserisce nel quadro delle attività associative e della campagna social “L’estate di Assomusica”, e si concentrerà sulla stagione estiva 2025.

Assomusica, un accordo con l’Università La Sapienza di Roma

Per il progetto Osservatorio sull’Industria e gli Eventi Musicali

Com'è ormai noto, venerdì 27 giugno è in uscita&nbsp;"Tracks II: The Lost Albums", una raccolta&nbsp;di&nbsp;sette album inediti di Bruce Springsteen. Disponibile tra l'altro in una ricca edizione&nbsp;limitata in formato&nbsp;9 LP, 7 CD e digitale, con packaging distintivo per ciascun album inedito e un&nbsp;libro rilegato in tessuto di 100 pagine&nbsp;che include&nbsp;foto d'archivio rare, note dettagliate su ogni album scritte dal saggista Erik Flannigan e una presentazione personale del progetto firmata da Springsteen stesso.&nbsp;Per l'occasione, molte iniziative di marketing sono state approntate a beneficio dei fan del Boss. Tra cui una dedicata ai negozi di dischi.

Per l'occasione, infatti, più di 30 negozi di dischi in tutta Italia apriranno&nbsp;in via&nbsp;straordinaria anche giovedì 26 sera, attendendo la mezzanotte insieme ai fedelissimi di Bruce.&nbsp;Durante la serata, chi acquisterà “Tracks II: The Lost Albums” o “Lost And Found: Selections From The Lost” (la versione condensata del corpus, che contiene solo alcune tracce selezionate)&nbsp;riceverà in omaggio merchandise esclusivo&nbsp;(fino ad esaurimento scorte).&nbsp;

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30 negozi di dischi apriranno la sera per Bruce Springsteen

Si tratta di un'operazione di marketing per il lancio di “Tracks II: The Lost Albums” 

Milioni di loop, sample ed effetti sonori delle celebri library di Pro Tools saranno ora disponibili anche tramite la piattaforma di music making Splice, rendendo ancora più semplice la fruizione dei servizi delle due piattaforme. 2500 campioni saranno disponibili gratuitamente, mentre per avere accesso alla libreria completa sarà necessario sottoscrivere un abbonamento mensile.&nbsp;

In precedenza era già possibile fare interagire Splice e Pro Tools, ma era necessario compiere un passaggio manuale tra le due piattaforme. Grazie a questa novità, invece, sarà possibile utilizzare i suoni di Pro Tools&nbsp;all'interno di una sessione di Splice attraverso una semplice operazione di drag-and-drop. Si conferma così una tendenza recente sempre più in voga tra aziende in teoria concorrenti: quella a collaborare con mutuo beneficio.

Splice: una partnership con Pro Tools

Splice ne integrerà la libreria di campioni, per rendere più semplice l''interazione tra piattaforme

Un nuovo piano di aiuti e incentivi per l'industria creativa britannica: lo annuncia il governo, che devolverà&nbsp;ben 30 milioni di sterline alla filiera della musica nel corso dei prossimi tre anni, con particolare attenzione agli artisti e alle realtà emergenti.&nbsp;A beneficiare dei finanziamenti saranno anche l'educazione musicale, con un nuovo centro nazionale che aprirà i battenti a settembre 2026.&nbsp;Verrà creato anche un cosiddetto&nbsp;Creative Content Exchange, con l'obbiettivo di realizzare una sorta di digital marketplace che aiuti a monetizzare gli asset creativi come la musica registrata.&nbsp;

Tra le misure annunciate, oltre ai finanziamenti diretti, c'è anche la famosa imposta sui concerti in grandi arene e stadi, i cui proventi andranno a finanziare le venue indipendenti e i piccoli live club, e il supporto a un'eventuale accordo tra i produttori fonografici, gli autori e i produttori&nbsp;e le piattaforme di streaming, da negoziare tra le parti. Importanti novità anche per&nbsp;i freelance (che rappresentano il 72% dei lavoratori della musica in Inghilterra), con un nuovo garante interno al Creative Industries Council che patrocinerà i loro diritti.

Al di là dell'effettiva efficacia del piano, che si potrà valutare solo sul lungo periodo, è senz'altro interessante notare come il governo inglese abbia recepito come prioritarie le istanze dell'industria musicale, muovendosi di conseguenza per andare incontro a tutte le possibili esigenze dei suoi attori. Speriamo che altri governi europei seguano il suo esempio.

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UK, il governo annuncia aiuti milionari per l'industria musicale

In arrivo 30 milioni di sterline in finanziamenti e piani di crescita

Universal Music ha annunciato l'inaugurazione del suo primo store ufficiale: il punto vendita aprirà i battenti il prossimo 8 luglio all'interno dell'<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-734355/umg-apertura-primo-umusic-hotel">UMusic Hotel di Madrid</a>&nbsp;(nella foto). L’operazione - ha fatto sapere la major in una nota - “segna un nuovo, audace capitolo nel percorso del marchio: dare vita alla musica attraverso spazi fisici immersivi progettati per creare una connessione più profonda con i fan”.

Il punto vendita nella capitale spagnola - situato in Calle Carretas, nel pieno centro della città - è stato progettato per essere “sia una destinazione culturale che come spazio commerciale”, per unire “suono, design e narrazione in un'esperienza multidimensionale per amanti della musica, viaggiatori e creativi”. Distribuito su due piani, il negozio offre sistemi audio ad alta fedeltà, edizioni in vinile, abbigliamento e articoli di merchandising creati dagli artisti dell’etichetta.

“Destinazione curata nei minimi dettagli per i superfan della musica e gli amanti della cultura, UMusic Shop fungerà da piattaforma per la programmazione culturale dal vivo, ospitando incontri con artisti, sessioni di ascolto, lanci di prodotti esclusivi e attivazioni di brand”, spiega Universal Music: “Uno spazio espositivo permanente ospiterà mostre itineranti che esploreranno le storie dietro la musica, offrendo a fan e creator un modo più approfondito per interagire con l'ineguagliabile catalogo e roster globale di Universal Music Group. Collocato all'incrocio tra musica, cultura e fandom, UMusic Shop avrà anche un ruolo centrale nell'entusiasmo che circonda l'attesissimo Mad Cool Festival, con esperienze e annunci esclusivi all'orizzonte”.

"Noi di UMusic Hotels siamo sempre alla ricerca di nuovi modi per avvicinare i fan alla musica e agli artisti che amano, offrendo al contempo un'esperienza di intrattenimento, shopping e ospitalità eccezionale", ha dichiarato Jordi Solé, Presidente di UMusic Hotels: "L'UMusic Shop è più di un semplice negozio: è uno spazio di scoperta, ispirazione e contatto con i fan. Siamo orgogliosi di dare vita a questa visione a Madrid, ed è solo l'inizio".

L’apertura del nuovo store ribadisce la grande attenzione della multinazionale guidata da Lucian Grainge nei confronti dei superfans: <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752037/new-york-universal-music-si-trasferisce-pensando-ai-superfans">la nuova sede newyorchese del gruppo che aprirà nel 2027</a> è stata appositamente progettata come “punto di incontro ideale” tra “dipendenti, artisti e autori”, con uno spazio commerciale dedicato alla vendita di prodotti esclusivi e al merchandising firmato dagli artisti presenti nel roster di UMG.

Universal Music, apre il primo store ufficiale

L’UMusic Shop aprirà presso l’UMusic Hotel di Madrid: prodotti esclusivi ed esperienze per superfans

In tempi recenti i media musicali si sono occupati di salute parlando quasi esclusivamente di quella mentale. Precarietà e insicurezza hanno reso i casi di burnout sempre più frequenti, causando agli artisti disagi che sono stati amplificati dalla pandemia.

Ma, purtroppo, c’è di più e di peggio.

In questo articolo si parla delle cure salvavita, divenute negli Stati Uniti oggetto di relazione fortissima tra artisti e fans. E non sfugge la lugubre ironia che aleggia sulla connessione tra un argomento così… vitale e un tema di marketing che ha stregato l’industria.

Qualche esempio, per rendere l’idea.

David Johansen, storico frontman della band New York Dolls, a seguito di una diagnosi di cancro avanzato aveva lanciato una campagna su GoFundMe per coprire le proprie spese mediche, coinvolgendo una rete globale di fans e colleghi. E il caso della defunta icona glam-punk è tutt’altro che isolato. Sara Lund (Unwound), storica batterista post-hardcore, si è affidata a una raccolta fondi per sostenere il trattamento contro il cancro al seno: la campagna ha superato i 25.000 dollari, permettendole di proseguire nella terapia e riprogrammare concerti in U.S.A. e Australia. Lou Koller, frontman della band Sick of It All, dopo la scoperta di un cancro esofageo aveva interrotto l’attività live e attivato una raccolta online per sostenere i costi delle cure e il mantenimento familiare (il musicista ha recentemente annunciato la propria guarigione). Justin Golden, anch’egli in cura per un raro cancro, ha attivato una campagna che ha mobilitato la comunità americana del blues, superando in poche settimane i 30.000 dollari. Come lui Carvin Jones, chitarrista blues-rock: diagnosticato con un cancro in fase avanzata, ha avviato una campagna supportata da colleghi e fans di lunga data. E poi Matthew Sweet, Jesse Malin, il defunto bassista dei Gang of Four Dave Allen (il cui collega Hugo Burnham, batterista fondatore della band, durante alcuni recenti concerti tornava sul palco dopo i bis per chiedere ai fans di acquistare merchandise per aiutare a coprire le spese per la famiglia di Allen).&nbsp;

La fragilità economica che porta i musicisti a chiedere aiuto per ricevere cure fisiche è la stessa che spesso li priva di accesso continuo a cure mentali: l’intermittenza lavorativa e l’ansia di dover "funzionare" come performer, in un mercato iper-esposto, alimentano il disagio mentale. Così i due temi non solo sono collegati, ma sono facce della stessa crisi di sostenibilità personale nel lavoro musicale attuale.

Forse la più evidente linea di collegamento tra loro è data dalla precarietà e dell’ansia di base: la necessità di ricorrere al crowdfunding per pagare cure rivela e amplifica l’insicurezza strutturale dei musicisti, con la tripletta “incertezza reddituale + lavoro intermittente + assenza di tutele” che assurge a fattore di stress costanti. Tutto questo ha un impatto sulla salute mentale di base: ansia finanziaria cronica, senso di vulnerabilità, burnout.

Ci sono poi lo stigma e la solitudine. Molti musicisti che aprono un crowdfunding per le proprie cure mediche riportano un sentimento di vergogna, spesso dominati dall’idea: “avrei dovuto farcela da solo”. Stigma che raddoppia quando riguarda la salute mentale: ancora più difficile da dichiarare pubblicamente, meno “condivisibile” di una malattia fisica. Così la dinamica di crowdfunding, per alcuni, diventa anche un modo per “legittimare” il proprio bisogno di cura mentale (rendendolo più pubblico e accettabile).

Sempre più artisti, soprattutto freelance e indipendenti, si affidano ai fans per colmare le lacune di un sistema sanitario che li lascia scoperti. I crowdfunding funzionano, ma in modo disuguale: chi ha reti forti raccoglie di più, mentre molti restano invisibili.&nbsp;

Durante il suo discorso di accettazione ai Grammy Awards 2025, Chappell Roan ha colto l’occasione per chiedere a gran voce per gli artisti “un salario dignitoso e un’assistenza sanitaria”.

Con l’avanzare dell’età, la realtà sanitaria è una situazione che i musicisti attivi - come i più tipici tra i lavoratori della “gig-economy” – devono affrontare facendo i conti con redditi che, nel corso dei decenni, sono stati alterni e fluttuanti. Negli Stati Uniti sono spesso gli artisti indipendenti a ritrovarsi con poche risorse per le spese mediche, se si eccettuano quelle coperte dall’Affordable Care Act (ACA), dal Medicare o dai piani assicurativi dei coniugi.&nbsp;

Al di fuori del sistema sanitario statunitense, i musicisti alle prese con i costi delle cure possono ricorrere a diverse risorse — che però raramente coprono tutti i costi necessari in caso di problemi di salute gravi e a lungo termine. I musicisti sotto contratto con le major possono accedere a piani assicurativi forniti dal sindacato SAG-AFTRA, con premi comparabili a quelli dell’ACA.&nbsp;

Esistono poi alcune iniziative stabili e istituzionali che non sostituiscono l’assicurazione sanitaria, ma offrono reti di solidarietà strutturata — spesso cruciali in un settore segnato da precarietà e discontinuità reddituale. I principali sono il Sweet Relief Musicians Fund, attivo dal 1994, che fornisce sovvenzioni ad artisti e ad altri lavoratori del settore musicale attraverso concerti di beneficenza, donazioni e altre risorse, e il MusiCares, programma sociale della Recording Academy che da 35 anni, raccoglie fondi attraverso eventi di alto profilo e nel tempo ha fornito quasi 120 milioni di dollari in assistenza sanitaria a musicisti e operatori del settore.

&nbsp;E’ in questo contesto che l’ormai consolidata pratica del crowdfunding si inserisce, intercettando il concetto di superfans e portandolo a un livello superiore: dal marketing alla solidarietà, fino – appunto – all’assistenza sanitaria.&nbsp;

Il sessantenne Matthew Sweet ha subito un ictus lo scorso ottobre mentre era in tour a Toronto. Nella sua città natale di Omaha sta seguendo un programma di riabilitazione e, per quanto stia migliorando, non può suonare la chitarra o le tastiere, ha problemi alla vista ed è praticamente costretto a casa sulla sedia a rotelle. Quando la moglie di Sweet si rotta una gamba, sono stati costretti ad assumere un’infermiera a tempo pieno, accusando un costo supplementare che non né il Medicare né l’assicurazione ACA del cantante coprono. E’ stata la sua campagna GoFundMe a rimediare, con una raccolta di quasi 640.000 dollari. Tra l’affetto e la solidarietà da parte dei colleghi, il crowdfunding per il caso Sweet si qualifica come la più grande prova di fedeltà da parte dei fans.&nbsp;

Quello dei superfans è un filone del marketing che di recente viene declinato da molte parti della filiera dell’industria musicale in modi diversi, in base a posizionamenti e obiettivi differenti. Tutti questi modi, però, poggiano su un concetto di base: quello della monetizzazione della relazione tra artista/band e fans.&nbsp;

I super-poteri dei superfans sui quali l’industria conta si condensano nella loro conoscenza maniacale dell’artista, nella loro fedeltà cieca nei suoi confronti e in una disponibilità di spesa che trascende i principi con cui aprono il portafogli nelle altre situazioni “normali” e tracima dal loro budget effettivo.

Monetizzazione della carriera? Ecco, se ne hai costruita una nei decenni, magari alternando momenti di gloria e affluenza con fasi cupe e di ristrettezza, la ricompensa può arrivare quando e come meno te l’aspettavi. Tramite un fan che, invece che spendere 20 euro extra per entrare nel pit, te li eroga per pagare l’infermiera. E, come lui, altre migliaia.

Superfans? Quelli veri pagano le spese mediche

In U.S.A. precarietà e sanità privata spingono gli artisti al crowdfunding per cure salvavita

Uno scoop “a orologeria” (l’edizione 2025 della manifestazione prenderà il via proprio domani, 25 giugno) pilotato da ragioni politiche (l’indagine, condotta da una testata storicamente orientata verso un pubblico moderato e conservatore, è incentrata su un personaggio le cui posizioni progressiste sono ampiamente note)? Il sospetto c’è. Il Times ha pubblicato oggi, martedì 24 giugno, un'inchiesta su Michael Eavis, storico fondatore e animatore del festival di Glastonbury, una delle manifestazioni musicali dal vivo più prestigiose al mondo. Secondo la testata fondata nel 1785, il promoter avrebbe orchestrato una strategia societaria per risparmiare diverse decine di milioni di sterline in imposte di successione.

Eavis, 89 anni, lo scorso ottobre ha trasferito la maggior parte delle sue quote nella Glastonbury Festival Events Ltd alla figlia Emily, 45 anni, e a una società fiduciaria. Tre quarti della quote di un’altra società facente capo a Eavis, la Glastonbury Festivals Limited, sono state trasferite a un altro fondo fiduciario. Fondata nel 1992, la società - oltre a detenere i diritti del festival e di tutti i marchi a esso correlati - distribuisce la maggior parte dei profitti generati dall’azienda a enti benefici come Oxfam, Greenpeace e WaterAid.

Secondo la legge britannica, a partire dal 2026 le imprese familiari saranno soggette a un'aliquota d’imposta sulle successioni del 20% sul loro valore superiore a 1 milione di sterline.

Pur essendo molto difficile - se non impossibile - stabilire il valore del festival (analisti interpellati dal Times stimano che l’attività possa essere quotata tra i 150 e i 400 milioni di sterline), nel 2024 la Glastonbury Festival Events Ltd ha visto il proprio fatturato del 20%, arrivando a quota 68 milioni di sterline. Il quotidiano britannico ritiene che il trasferimento delle quote di Glastonbury Festival Events Ltd alla figlia e di Glastonbury Festivals Limited a una fiduciaria potrebbero far risparmiare a Eavis quasi 80 milioni in tasse di successione.

Benché, solo nel 2024, Glanstonbury abbia corrisposto a enti benefici poco meno di 6 milioni di sterline, per il fisco britannico le aziende riferibili alla famiglia Eavis sono considerate entità private, sottoposte alla tassazione standard prevista per le aziende.

I portavoce del festival, definendo la stima del Times “estremamente speculativa”, hanno precisato come Eavis e la sua famiglia, da sempre sostenitori del partito laburista britannico (tanto da invitare, nel 2017, Jeremy Corbyn a tenere un comizio sul Pyramid Stage, il palco principale della manifestazione), “sono sempre stati e sempre saranno felici di fornire il proprio contributo” al bilancio dello stato.

“Con l'avvicinarsi del suo novantesimo compleanno, Michael Eavis ha portato avanti il ​​suo piano di lunga data di passare le redini del festival a sua figlia Emily”, hanno precisato al Times i rappresentati di Glastonbury: “Negli ultimi anni è già stata Emily a occuparsi&nbsp;dell'organizzazione dell'evento, e questi ultimi cambiamenti sono stati semplicemente una parte di quel processo”.

Festival di Glastonbury: Michael Eavis, il Times e le tasse…

Il quotidiano mette sotto la lente di ingrandimento l'assetto societario dietro alla manifestazione

Sessant'anni fa, come oggi, i Beatles suonarono due volte al velodromo Vigorelli di Milano. Quel giorno Bruno Tibaldi, prima musicista poi discografico, c'era, sul palco con l'orchestra Le Ombre di Augusto Righetti (nella foto dell'articolo) - e c'era anche la sera dopo il secondo spettacolo, quando i quattro andarono a concludere la giornata nel locale dove lui suonava. Mi sono fatto raccontare i suoi ricordi (che trovate nel video sotto) e mi sono fatto mandare le foto di alcuni cimeli che trovate sempre in questo articolo, più in basso (ne parla Tibaldi nella nostra chiacchierata).

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Leggi anche:&nbsp;<a href="https://www.rockol.it/news-752653/la-caccia-alle-fab-four-1965-del-vigorelli-50-anni-dopo">La caccia alle "Fab Four 1965" del Vigorelli - 50 anni dopo</a>

&nbsp;

<div class='embed'><img src="https://images.rockol.it/Wy0oADzkQpqbZcFipBfnEJLBTnw=/700x0/smart/rockol-img/img/foto/upload/augusto-ombre-poster-tibaldi-con-fender-precision.jpg" alt="https://images.rockol.it/Wy0oADzkQpqbZcFipBfnEJLBTnw=/700x0/smart/rockol-img/img/foto/upload/augusto-ombre-poster-tibaldi-con-fender-precision.jpg" title="https://images.rockol.it/Wy0oADzkQpqbZcFipBfnEJLBTnw=/700x0/smart/rockol-img/img/foto/upload/augusto-ombre-poster-tibaldi-con-fender-precision.jpg" class="img-responsive" /></div>

Cartolina promozionale delle Ombre di Augusto Righetti: Tibaldi è il secondo da destra.

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Le Ombre in azione; Tibaldi è il primo da destra

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Bruno Tibaldi, oggi e ieri

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Fotoricordo al Charlie Max: dietro i Beatles il patron del locale, dietro di lui Bruno Tibaldi, il primo da destra è Mal Evans

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Tracolla autografata da George Harrison

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Tracolla autografata da John Lennon

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La tracolla-reliquia

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Spartiti dei Beatles autografati

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Autografo di McCartney, anni Ottanta

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Il basso Hofner di Bruno Tibaldi

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Tibaldi "a Abbey Road"

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Bruno Tibaldi, oggi

Beatles a Milano, 60 anni fa. Bruno Tibaldi: "Io c'ero, e..."

I ricordi di quella giornata memorabile nelle parole di un testimone oculare (e protagonista)

Il semplice fatto di non produrre più grandi quantità di supporti fisici in plastica non significa che la musica sia diventata più ecologica, ma lo è più di tanti altri settori: lo evidenzia uno studio dell'associazione&nbsp;Greenly, che ha analizzato i dati dei principali DSP per verificare quale sia il loro effettivo impatto ambientale.

In base ai risultati, ad esempio, un utente medio di Spotify sarebbe annualmente responsabile dell'emissione di 276 grammi di&nbsp;CO₂e (la misura di equivalenza dell'anidride carbonica). Il che non è pochissimo, se si moltiplica per tutti gli utenti del mondo, ma resta comunque molto meno dell'impronta ecologica di altri settori dell'entertainment. In ambito video, a quanto sembra, la situazione è molto più impattante: un utente Netflix produrrebbe&nbsp;17 kg di&nbsp;CO₂ all'anno, e uno di Prime Video di 13,5 kg.

Uno studio quantifica l'impatto ambientale dello streaming

Condotto dall'associazione Greenly, evidenzia che l'impronta ecologica dei DSP è piuttosto ridotta

Ogni giorno oltre 10.000 tracce create con l'intelligenza artificiale generativa vengono caricate su Deezer, con conseguenze immaginabili sull'andamento delle ripartizioni dei proventi dello streaming.&nbsp;Per contrastare questa tendenza, il DSP ha annunciato di avere implementato un AI detector unico nel suo genere, presentato in anteprima nei giorni scorsi nell'ambito della France Music Week.

Stando a quanto dichiarato dalla società parigina, lo strumento in questione sarebbe in grado di riconoscere&nbsp;il 100% delle tracce generate tramite sistemi come Suno e Udio. Si basa su una sorta di tagging system, cioè sull'assegnazione di "etichette" specifiche ai brani che presentano determinate caratteristiche comuni. Per il momento riconosce le tracce interamente generate dall'AI, e non quelle che prevedono un contributo umano, ma sarebbe anche in grado di escluderle automaticamente dalle playlist e dal pagamento di eventuali royalties. Che comunque sono spesso anch'esse frutto di manipolazione artificiale: fino al 70% degli ascolti dei brani generati dall'intelligenza artificiale&nbsp;sarebbero anch'essi frutto di bot e altri sistemi fraudolenti.

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Deezer implementa un nuovo sistema di AI detector 

L'obbiettivo è intercettare le oltre 10.000 tracce generate dall'AI e caricate ogni giorno sul DSP

Il settore dell’editoria musicale negli Stati Uniti, lo scorso anno, ha generato ricavi per 7,04 miliardi di euro, crescendo del 13,41% rispetto al 2023: a rivelarlo è stato David Israelite, presidente della National Music Publishers’ Association.

Secondo l’associazione che rappresenta gli editori musicali degli Stati Uniti, la crescita registrata nel 2024 è la decima consecutiva a doppia cifra, nonostante la diluizione delle royalties generate da Spotify causata dal sistema di bundling tra contenuti musicale e audiolibri messo a punto dai gestori del DSP svedese sia costato al comparto 230 milioni di dollari solo negli ultimi dodici mesi. Di contro, il 26,74% delle entrate iscritte a bilancio lo scorso anno - poco meno di due miliardi di dollari - sono da attribuire a nuove entità non legate prima al settore da accordi di licenza.

Nel discorso di presentazione dei dati di NMPA riferiti allo scorso anno, Israelite ha individuato come principale criticità la mancata coesione tra artisti, soprattutto nella dialettica tra editore e piattaforme per avere un trattamento più equo - anche se, negli USA, il divario in termini di ricavi si sta via via assottigliando, con 11,3 miliardi generati dalla discografia contro i 7,04 ascrivibili all’editoria).

"Chi lotta per ottenere compensi equi per gli autori viene a volte attaccato dagli stessi autori che vorrebbe aiutare", ha spiegato Israelite: "Succede perché alcuni autori sono anche artisti, che vedono queste piattaforme da una prospettiva diversa. E questa dinamica può farci implodere".

"Faccio appello ad artisti, manager ed etichette discografiche affinché si schierino al fianco degli autori che non si esibiscono, ovunque e in qualsiasi momento svolgano un'attività”, ha aggiunto Israelite: “C'è l'opportunità di fare una differenza significativa nel reddito degli autori se ci uniamo tutti. E tutti noi dobbiamo impegnarci di più per spiegare le ragioni per cui siamo coinvolti in queste controversie, in modo che gli autori abbiano le informazioni necessarie per farsi aiutare".

Publishing, negli USA nel 2024 ricavi sopra i 7 mld di dollari

Per l’NMPA è il decimo anno consecutivo di crescita a due cifre

Da sempre molto attenti all’impatto ambientale delle proprie attività, i Coldplay hanno annunciato la ripubblicazione di tutti gli album del proprio catalogo in formato EcoRecord: i dischi torneranno disponibili sotto forma di vinili bianchi trasparenti da 140 grammi realizzati con bottiglie di plastica riciclata, utilizzando la tecnologia di stampaggio a iniezione che riduce le emissioni di carbonio durante la produzione di ben l'85% rispetto alla produzione tradizionale di vinile.

“Un EcoRecord suona e ha la stessa qualità di un disco in vinile tradizionale, ma è stato prodotto utilizzando polietilene tereftalato (PET) riciclato al 100%, un materiale leggero e resistente, facilmente riciclabile e progettato per un'economia circolare, contribuendo in modo significativo alla riduzione delle emissioni di trasporto e dell'impatto ambientale a fine vita”, ha spiegato lo staff della band: “Casciun LP da 140 g stampato a iniezione è realizzato, in media, da nove bottiglie di plastica PET riciclata. Queste bottiglie vengono recuperate nell'ambito di un processo noto come riciclo post-consumo (PCR), dove vengono pulite, trasformate in piccoli pellet e quindi stampate in nuovi articoli. Mentre gli EcoRecord possono essere realizzati sia in PET vergine che in PET riciclato (rPET), i Coldplay hanno scelto di utilizzare esclusivamente rPET per tutti i loro prodotti EcoRecord”.

"Siamo incredibilmente orgogliosi di collaborare con artisti come i Coldplay che condividono il nostro impegno per un futuro più sostenibile per la musica”, ha commentato Jen Ivory, Amministratore Delegato di Parlophone, l’etichetta del gruppo: “Il passaggio a EcoRecord LP per le loro uscite è una testimonianza di ciò che è possibile quando l'innovazione incontra l'intenzione. Non si tratta solo di un nuovo prodotto; si tratta di una produzione pionieristica che riduce significativamente l'impatto ambientale, offrendo ai fan la stessa esperienza audio di alta qualità e stabilendo al contempo un nuovo standard per la produzione musicale fisica".

Coldplay, il catalogo ristampato in versione EcoRecords

Tutti gli album tornano disponibili sotto forma di vinili realizzati con plastica riciclata

"La France Music Week lascia un retrogusto contrastante", sottolinea la prestigiosa testata francese Libération. Non solo per gli incidenti che si sono svolti nel corso del concerto finale (si parla di 145&nbsp;donne punte da siringhe in tutta la Francia, di cui 13 a Parigi, dopo che era stata lanciata una perversa&nbsp;sfida social in tal senso). Le critiche riguardano più gli esiti delle varie discussioni che la cronaca, però.

L'evento prevedeva un budget titanico, oltre 7 milioni di euro, e una partecipazione politica massiccia, da quella della ministra della cultura Rachida Dati a quella del presidente Macron, che ha ospitato all'Eliseo la cerimonia di chiusura. L'intenzione della France Music Week era quella di promuovere "la ricchezza della creatività musicale francese", come ha sottolineato la ministra Dati, "la cui diversità è la chiave di volta". Presenti tutti gli attori principali della filiera: le major e le indipendenti più importanti come Believe, i DSP, Sacem, le agenzie di booking e via dicendo. Con una grande attenzione, almeno da parte del governo, alla giusta remunerazione degli artisti e del prodotto del diritto d'autore. Ma&nbsp;dal palco della France Music Week arrivano anche messaggi un po' controversi su una delle principali battaglie dell'industria musicale: la regolamentazione dell'intelligenza artificiale generativa. Secondo alcuni ospiti e analisti, infatti, sarebbe un grande vantaggio per l'intera industria perché "ridurrebbe i tempi e i costi" di produzione della musica; al contrario, accanirsi sulla difesa a tutto campo del diritto d'autore e degli artisti rischia di essere controproducente e di far perdere eventuali guadagni anche ai creatori umani. Affermazioni che, chiaramente, non hanno fatto piacere a molti dei diretti interessati.

Sul fronte dei numeri e della partecipazione istituzionale, insomma, si può dire senza tema di smentita che la FMW sia&nbsp;stata un successo. La critica principale giunta dalla scena musicale francese, però, riguarda soprattutto la gestione "governativa", che da una parte ha organizzato l'evento per promuovere lo sviluppo del mercato locale e per attrarre nuovi capitali in patria, ma dall'altra (lamentano alcuni) taglia in maniera drastica le risorse destinate alla cultura (lo scorso aprile si parlava di 114 milioni di tagli al budget per il 2025). E sembra inoltre fortemente indecisa su come schierarsi su temi cruciali per il futuro dell'industria stessa.

Com'è andata la France Music Week?

Si è conclusa questo fine settimana la manifestazione parigina omonima della nostra Music Week

In attesa dell’esito del negoziato tra Comune di Sanremo e RAI in merito all’organizzazione del prossimo Festival della Canzone Italiana, il settore discografico - che da anni reclama un trattamento economico più equo da parte dell’amministrazione cittadina e del servizio pubblico - ha lanciato un ultimatum alle controparti: se la RAI accetterà - come previsto dal bando oggetto trattative in questi giorni - di aumentare il corrispettivo da versare al Comune di Sanremo a discapito delle aziende partecipanti all’evento, le etichette potrebbero entrare in sciopero e decidere di disertare il teatro Ariston. A dichiararlo, a Fanpage, è Enzo Mazza, CEO di FIMI, associazione di categoria che rappresenta in Italia le multinazionali discografiche.

Per Mazza è inaccettabile che al Comune venga aumentato il corrispettivo a fronte di una situazione di sofferenza pregressa del comparto della musica registrata:

<blockquote>
“Gli unici due soggetti che investono sull’evento sono RAI e l’industria discografica, la cui produzione dei brani in gara alimenta un’intera filiera. (...) L’unico soggetto che in modo parassitario beneficia di questi investimenti è la città di Sanremo, i cui investimenti sono assenti e punta soltanto a massimizzare dal punto di vista turistico e di immagine l’evento. Sarebbe veramente il colmo che RAI aumentasse il corrispettivo per il Comune di Sanremo e addirittura desse una percentuale dei ricavi pubblicitari”.
</blockquote>

Quindi, da parte di Mazza, l’annuncio dell’aut aut. Se RAI e Comune non dovessero tenere conto dei costi sostenuti dalle etichette per partecipare al Festival - in media “120mila euro ad artista a fronte di un contributo di RAI inferiore ai 65 mila euro” - FIMI non esiterebbe a disertare la manifestazione:

<blockquote>
“Siamo pronti disimpegnarci e a tirarci indietro”
</blockquote>

Quello minacciato da Mazza non sarebbe il primo “boicottaggio”, da parte della discografia, nella storia del Festival: più che quello del 2004, quando a far fare un passo indietro alle case discografiche furono dissidi con l’allora organizzatore della manifestazione Tony Renis, un precedente di quanto rischierebbbe di&nbsp;succedere il prossimo mese di febbraio potrebbe essere rintracciato nell’edizione del 1975, quando le label rifiutarono di far scendere in gara artisti di punta lasciando il concorso ad artisti emergenti o poco noi. Come ricostruito da Eddy Anselmi nel volume “Il Festival di Sanremo” (De Agostini, 700 pagine, 2020), “alle case discografiche che chiedono di mantenere una categoria di interpreti affermati da inviare direttamente in finale, l’assessore Cavaliere (al quale era stata affidata la supervisione dell’evento, ndr) oppone un secco rifiuto, imponendo, al contrario, agli autori di presentare provini solo strumentali per valorizzare meglio le canzoni e non influenzare la commissione. Gli industriali del disco reagiscono privando il festival dei ‘big’”. L’edizione fu vinta da Gilda con il brano “Ragazza del sud”, seguita Angela Luce (con “Ipocrisia”) e Rosanna Fratello (con “Va’ speranza va’”).

Sanremo 2026, FIMI: ‘Pronti a tirarci indietro’

Discografici in polemica con il Comune, che ‘beneficia degli investimenti in modo parassitario’

Da anni impegnato nell’affiancare alla propria attività musicale una solida carriera da imprenditore, Wyclef Jean ha approfittato dell’ultima edizione della Indie Week - tenutasi a New York tra gli scorsi 9 e 12 giugno - per lanciare OpenWav, una nuova piattaforma digitale progettata con lo scopo di offrire le massime opportunità di monetizzazione agli artisti indipendenti. Co-fondata dal già Fugees insieme a Jaeson Ma (che ha già affiancato Jean nel lancio di 88rising, ora coinvolto nel ruolo di CEO), e con l’ex Nike e Googe Erit Tu nel ruolo di COO e l’ex Sony Music e Amazon Music Madeline Nelson come consulente, OpenWav è stata presentata come “piattaforma musicale di nuova generazione pensata per gli artisti indipendenti” in grado di permettere ai propri iscritti di accorpare le attività di streaming e vendita di merchandising e biglietti eliminando del tutto gli intermediari, e quindi ottimizzando al massimo i ricavi.

L’offerta, hanno spiegato i gestori di OpenWav, “mette in collegamento contenuti, commercio e community, consentendo agli artisti di monetizzare i superfan tramite biglietteria, merchandising, abbonamenti, uscite esclusive e strumenti di intelligenza artificiale, il tutto senza intoppi e con la piena proprietà". La piattaforma rende disponibili a propri iscritti strumenti di analisi delle attività e altri tool - come, per esempio, uno dedicato all’editing e all’invio di newsletter - per comunicare direttamente con la propria fan base senza l’inserimento di pubblicità.

Wyclef Jean lancia OpenWav

Presentata a New York la nuova piattaforma dedicata agli indipendenti

Si fa un gran parlare della struttura produttiva dell'industria del k-pop: alcuni la considerano più efficiente di quella del music business occidentale, altri ne denunciano i conflitti di interesse inevitabili data la commistione di ruoli che si sovrappongono. Per farsi un'idea più chiara sulla faccenda è interessante leggere le dichiarazioni di Daniel Jang, CEO di SM Entertainment, una delle agenzie plenipotenziarie sudcoreane che detengono il monopolio sul mercato. E' proprio lui a&nbsp;illustrare meglio il funzionamento dell'intera filiera in un'intervista all'inglese MusicWeek.

Nell'intervista, Jang spiega che l'obbiettivo primario di SM e delle sue consociate è mantenere una presa capillare su ogni aspetto del business: dai dischi fisici al merchandising, dalle licenze al live, il tutto con un occhio puntato al mercato globale, in cui ambiscono a espandersi, pur essendo consapevoli delle differenze di approccio. "In occidente di solito la fanbase si costruisce partendo dalle venue più piccole per arrivare a quelle più ampie. Anche noi stiamo facendo audizioni in questo modo: andiamo nei locali, facciamo casting per strada e sui social media" spiega. "Ma dopo aver trovato dei potenziali artisti, li sottoponiamo a un sofisticato sistema di training, sviluppando il loro talento vocale, l'abilità nella danza e nelle lingue e via dicendo. Solo a quel punto cominciamo a sviluppare anche il concept della loro musica, in termini di direzione e produzione".

L'altra differenza, spiega, è che quando un artista viene lanciato, di solito ha già sviluppato una sua fanbase molto fedele, "per dargli il miglior potenziale possibile di successo". L'investimento iniziale in termini di videoclip, presenza social e live è davvero massiccio anche per artisti debuttanti, dice Jang: "I fan hanno delle aspettative, e quando lanciamo un emergente sanno che le rispetteremo, perché abbiamo una lunga tradizione di successi. E' proprio per questo che possiamo contare su un pubblico già nutrito prima ancora dell'esordio discografico ufficiale di un nuovo idol: questa è la differenza principale con il mercato europeo" spiega.&nbsp;

Interessante anche la sua considerazione sulla struttura dell'industria del k-pop. "All'inizio era molto simile a quella dell'industria musicale occidentale: etichette e management erano realtà del tutto separate" racconta. "Nel k-pop, però, musica, creatività e performance sono un tutt'uno. Ecco perché abbiamo cominciato a fare scouting e a sviluppare talenti attraverso un programma tutto nostro: volevamo trovare le canzoni giuste, produrle da noi e, una volta completato il processo, avevamo anche bisogno di avere gli artisti in gestione. E' successo tutto molto naturalmente, e ora tutti questi ruoli sono assorbiti in un'unica società".

K-pop, gli insight del CEO di SM Entertainment Daniel Jang

In un'intervista a MusicWeek svela il processo creativo e produttivo dell'industria musicale coreana

Con la reunion degli Oasis, ormai il tour è sempre più vicino, la band di Manchester ha annunciato una collaborazione ufficiale con Adidas per una linea di abbigliamento celebrativa, disponibile durante il tour mondiale e nei canali ufficiali del brand. A Manchester è stato aperto anche uno store, <a href="https://www.oasisitalia.it/blog/prime-foto-esclusive-del-primo-pop-up-store-di-manchester-e-ci-sono-delle-sorprese">le cui foto sono diventate immediatamente virali come racconta Oasis Italia</a>. L’iniziativa, intitolata “Original Forever”, segna il primo vero incontro tra il gruppo e il colosso tedesco dell’abbigliamento sportivo, nonostante un legame estetico e culturale che dura da oltre trent’anni. La capsule Oasis Live ’25 x Adidas Originals include capi ispirati agli anni ’90, reinterpretati in chiave moderna: tracksuit, jersey a maniche raglan, bucket hat, coach jacket, disponibili in versione bianca, nera e blu. 

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Il vice presidente del marchio, Chris Walsh, ha dichiarato: “Adidas e Oasis condividono una storia definita da originalità e impatto culturale, con radici profonde nel tessuto della musica e dello stile. Questa collaborazione ufficiale non è solo l’unione di due icone, ma la celebrazione di un pezzo intramontabile di storia della cultura musicale. Con Original Forever, continuiamo a costruire sull’eredità di Adidas nella musica, rendendo omaggio al ruolo che lo stile gioca nella cultura di ogni generazione.” La collezione viene lanciata proprio in concomitanza con il tour Oasis Live ’25, che segnerà la prima volta dal 2009 che i fratelli Gallagher torneranno insieme su un palco. Lo spot promozionale della campagna, sulle note della celebre “Live Forever” tratta dall’album di debutto “Definitely Maybe” (1994), ripercorre la storia del gruppo con un taglio nostalgico ma contemporaneo.

Oasis

Oasis e Adidas insieme: il merch per celebrare la storia

L’operazione è stata lanciata da uno spot e a Manchester è stato aperto uno store.

Andare oltre il semplice concerto per diventare esperienza. Questo l’obiettivo che gli organizzatori si sono posti per <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/la-notte-di-certe-notti-ligabue-campovolo-2025-505306">“La notte di certe notti”</a>, quinto passaggio a Campovolo di Luciano Ligabue che, sabato 21 giugno, <a href="https://www.rockol.it/news-752691/ligabue-concerto-notte-certe-notti-campovolo-2025-canzoni-scaletta">ha celebrato - oltre ai trent’anni di “Buon compleanno Elvis - il ventennale del primo Campovolo (e dell’album “Nome e cognome”) e i trentacinque anni di carriera del cantautore di Correggio</a>. “E’ decisamente qualcosa di più di un semplice live”, spiega Ferdinando Salzano, patron di Friends &amp; Partners che con Zoo Aperto (la società che fa capo all’artista) e Double Trouble (agenzia di management di Max Brigante e Jacopo Pesce), ha coordinato l’evento: “Ci siamo fatti questo regalo, allestendo un unico contenitore dedicato in toto a Luciano”.

Un’esperienza che ha previsto l’apertura dell’area della RCF Arena per oltre 48 ore - dalle 12 di venerdì 20 giugno alle prime ore di domenica mattina, con la giornata di venerdì aperta a tutti, anche a chi non possiede il biglietto per il concerto - e che ha offerto, oltre al palco, anche la Liga Street, area dedicata alla ristorazione, alle attività collaterali (esibizioni di tribute band, cinema all’aperto, intrattenimenti sportivi, un toro meccanico, food truck con oltre 20 menù diversi, un museo con memorabilia e una galleria fotografica e una sala giochi con otto flipper tematici dedicati a Ligabue) e ai talk con i più fidati collaboratori dell’artista.

Il format sarà replicato, come serie di eventi “unici e preziosi”, sia in Italia che all’estero. Dopo la tappa del prossimo 6 settembre alla Reggia di Caserta, “La notte di certe notti” partire per un tour europeo di otto date (a Barcellona, Madrid, Parigi, Londra, Utrecht, Bruxelles, Lussemburgo e Zurigo), per poi approdare nel nord Italia il prossimo 20 giugno allo stadio Meazza di San Siro, a Milano. “Ieri sera, girando per la Liga Street, ci siamo accorti che questa festa sta andando oltre ogni aspettativa”, spiegano Salzano e Marco Ligabue, stimando in almeno 10mila unità l'affluenza di pubblico nella serata di venerdì: “Sull’onda dell’entusiasmo ci siamo confrontati anche con Luciano e abbiamo pensato di portare questa festa anche al nord, nel primo stadio che ha ospitato un suo concerto".

“Lo spirito era cercare di fare qualcosa di più dei ‘vecchi’ Campovolo”, ha precisato Marco Ligabue, fratello di Luciano, a capo di Zoo Aperto e animatore del suo fan club: “Abbiamo previsto anche un’area dedicata ai bambini. E ci siamo impegnati perché la Liga Street fosse anche bella da vedere, con dei truck food al posto dei tradizionali stand”. Grande attenzione è stata riservata anche alla sostenibilità, con una porzione apposita dello spazio dedicata alle associazioni solidali - tra le altre, La Collina, comunità di recupero diventata anche azienda agricola biologica - e un corner riservato a Charity Stars, piattaforma che ha messo online quattro cimeli appartenuti a Ligabue il cui ricavato dalle vendite sarà interamente devoluto alla stessa La Collina.

Riguardo l’affluenza, per Salzano “tutto è andato secondo i piani”, con 100mila biglietti venduti e operazioni in partnership con Eventinbus (che ha operato transfert da oltre 250 città italiane) e Frecciarossa, che ha approntato treni speciali. Parlando di prevendite, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752674/live-salzano-fandp-perdere-l-ossessione-per-il-sold-out">ineludibile è stato il tema dei sold out “forzati” da svendite e omaggi di tagliandi</a>, fenomeno non nuovo agli addetti ai lavori portato all’attenzione del grande pubblico pochi giorni fa da un <a href="https://www.rockol.it/news-752598/federico-zampaglione-tiromancino-finti-soldout-concerti-annullati">post social di Federico Zampaglione</a>. “E’ una pratica completamente scorretta”, osserva il fondatore di F&amp;P: “Credo, tuttavia, che ci sia stato in certo gigantismo nella descrizione di quanto avvenuto da parte dei media. Gli artisti non sono pupazzi o burattini, ma teste pensanti autonome nelle proprie decisioni. Una cosa è certa: i biglietti devono mantenere i prezzi che hanno nel momento in cui vengono annunciate le prevendite. Poi, certo, i tagliandi resi disponibili a prezzi speciali per alcune categorie sono sempre esistiti, ma con numeri limitatissimi”.

“La mia politica con Friends &amp; Partners, e quella di Ligabue, è sempre stata quella di negare i biglietti omaggio, anche per i contest delle radio - come, per esempio, quello attivato in questi giorni per il reunion tour degli Oasis, che di certo non ha problemi in termini di vendite”, prosegue Salzano: “Considerate che la Liga Street, alle aziende partner, è costata 350mila euro. E che noi, a entità come Pizzaut, abbiamo garantito un contributo economico”. Niente isterie o sensazionalismi, dunque, soprattutto da parte di chi lavora dietro le quinte dei grandi eventi. “Se questa vicenda ci ha insegnato qualcosa”, spiega Salzano, “è che occorre una grande cautela nell’utilizzare la parola sold out. E noi organizzatori dovremmo perdere l’ossessione per il ‘tutto esaurito’. Non credo alla narrazione fatta trapelare dai media di un settore in sofferenza. Al contrario: il mercato della musica dal vivo è florido, e a dirlo sono i dati comunicati da SIAE. Quindi non vedo nubi all’orizzonte. E’ importante che il messaggio sia arrivato, anche in modo molto chiaro: tutti dobbiamo darci una regolata, e le informazioni vanno date in modo corretto. Ma non è il caso di credere ad allarmismi. Il pubblico è felice di andare ai concerti, e i promoter continuano ad annunciare date”.

“Il fatto è che il mondo della musica dal vivo è diventato maledettamente competitivo”, ribadisce lo stesso Ligabue nel corso dell’incontro con la stampa nel backstage: “Se da un giorno all’altro, dal provino in casa, non arrivi il giorno dopo a fare uno stadio, sembra ci sia qualcosa che non va. Ci deve essere invece un tempo di maturazione e quindi, se queste tecniche&nbsp;esistono veramente e sono messe in atto, non fanno bene di sicuro né alla musica né agli stessi artisti.”.

Sul concept di “La notte di certe notti”, Ligabue è assolutamente allineato con il proprio staff. “Si può dire che Campovolo ci sfuggì quasi di mano, la prima volta”, spiega l’artista: “Lo organizzammo con due agenzie - Friends &amp; Partners e Barley Arts - e nessuno immaginava potesse arrivare tanta gente. E’ vero, il set up con quattro palchi non funzionò. Ma ricordo le facce delle prime file del pubblico durante l’ultima canzone in scaletta, ‘Urlando contro il cielo’: le ho ancora davanti agli occhi, fotogramma per fotogramma. Via via che si sono fatti gli altri Campovolo, ogni volta c’era la sensazione che la festa non si esauriva con il concerto, e da qui è partita l’idea di questi due giorni di festa”.

Indispensabile, per Ligabue, è stato il lavoro con il suo team. “Abbiamo lavorato sodo tutti”, ha aggiunto l’artista: “Siamo arrivati a questo risultato grazie a un continuo confronto con una squadra nella quale ripongo totale fiducia. Il concept di Las Vegas, per esempio, è stata un’idea di Double Trouble”.

La venue che ospita “La notte di certe notti”, la RCF Arena, ultimamente è stata messa in discussione - soprattutto a livello locale - per lo scarso numero di show ospitati. “Sono convinto che resti una delle location all’aperto più belle d’Europa”, chiarisce Salzano (che oggi con F&amp;P non si occupa più della programmazione, affidata alla società C.Volo): “Fu progettata come un sogno partorito dalla mente di Claudio Maioli (l’ex manager di Ligabue, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-742625/claudio-maioli-si-ritira-va-in-pensione-il-manager-di-ligabue">andato in pensione lo scorso anno</a>, ndr) - non c’era la stessa competizione che c’è oggi nell’offrire spazio per mega-concerti outdoor. Poi il settore del live è esploso, e quello che è successo lo sappiamo tutti. Premetto di non essere più coinvolto nella programmazione della venue, ma posso dire che gli artisti internazionali che si sono esibiti qui sono rimasti assolutamente colpiti dalle qualità dell’Arena. Sono sicuro che in futuro decollerà, ma non aspettatevi un gran numero di show, perché non sono tanti gli artisti a potersi permettere uno spazio del genere”.

Nella setlist della “Notte di certe notti” non è mancata “Il mio nome è mai più”, brano scritto e interpretato da Ligabue con Jovanotti e Piero Pelù pubblicato nel 1999 i cui proventi dalle vendite furono interamente devoluti a Emergency. Data l’attenzione all’attualità riservata da Ligabue per il suo quinto Campovolo, è ipotizzabile il ripetersi di un’operazione del genere? “Le canzoni si possono scrivere per esprimere la propria indignazione, ma non è detto che possano avere lo stesso effetto, data la massa di informazioni dalla quale siamo sovrastati oggi”, spiega Ligabue: “Quando uscì ‘Il mio nome è mai più’ si vendevano ancora i dischi, e grazie alle vendite della canzone (che si piazzò in testa alla classifica dei singoli più venduti nel 1999 in Italia, ndr) pagammo a Emergency due ospedali in Afghanistan. Oggi non sono sicuro che con lo streaming, anche con chissà quanti milioni di ascolti, sia possibile fare la stessa cosa. Nel 1999, poi, usciva un millesimo della musica che esce adesso. Oggi i singoli durano una o due settimane, un mese e mezzo quando va bene: il segno che&nbsp;riescono a lasciare è diverso”.

Per l’occasione a Ligabue è stata consegnata la targa SIAE per “Certe notti” come brano presente nella top ten delle canzoni più eseguite dal vivo nel 2024, con 32.213 performance registrate dai borderò della collecting lo scorso anno. “Come SIAE siamo orgogliosi di consegnare a Luciano Ligabue il deposito di una canzone che continua ad avere un grande successo: ancora lo scorso anno Certe notti era nella top ten delle&nbsp;canzoni più eseguite in Italia con 32.213 performance”, ha commentato il Presidente della Società Italiana degli Autori ed Editori Salvatore Nastasi: “Grazie per aver scritto un pezzo che ci fa sentire complici, ribelli, veri. Grazie per aver scritto un pezzo che non si ascolta, ma si vive. Ogni volta che la notte chiama”.