Regolarizzati i rapporti con discoteche e ipermercati/centri commerciali/grandi magazzini (vedi News), anche la Chiesa cattolica accetta di pagare artisti e case discografiche, oltre che la Siae, per la pubblica diffusione di musica registrata (lo prevede la legge italiana sul diritto d’autore). La novità riguarda trentamila tra parrocchie ed enti ecclesiastici non territoriali che utilizzano Cd e altri supporti sonori nel corso di manifestazioni religiose, sportive, ricreative e di altro genere, ed è frutto di un accordo stipulato tra la CEI, Conferenza Episcopale Italiana, e la SCF, l’ente di “collecting” che dal 2000 rappresenta il 90 % degli artisti e delle etichette locali e internazionali nella raccolta e ridistribuzione dei diritti economici. “Per venire incontro alle caratteristiche strutturali degli enti rappresentati dalla CEI”, spiega una nota diramata da SCF, “abbiamo ideato un sistema di pagamento appositamente pensato per snellire al massimo le procedure burocratiche, modello che non escludiamo possa essere esteso anche ad altre realtà”. “E’ un po’ l’uovo di Colombo, a cui siamo arrivati grazie anche al contributo fattivo e creativo della CEI”, precisa a Rockol il presidente dell’agenzia dei discografici, Gianlugi Chiodaroli. “In sostanza è stato formulato un unico accordo-ombrello che detta regole generali non solo su quanto (95 euro pro-capite all’anno) ma anche sul come pagare: a quel punto sarà il versamento effettivo da parte di ciascun singolo utilizzatore a certificare e concretizzare la sua adesione al contratto generale, con gran risparmio di tempo e di denaro. Il passo successivo, a cui stiamo ancora lavorando per ragioni tecniche, prevede l’uso della rete come unico strumento di pagamento e di certificazione”. <br> A proposito dell’accordo con la CEI, Chiodaroli parla di “segnale importante a tutela della cultura della legalità in materia di musica registrata” e di “esempio significativo” nei confronti di “tutte quelle realtà che ancora non hanno disciplinato la propria posizione pur trasmettendo musica registrata in pubblico”. “Più che badare all’entità degli incassi”, spiega, “in questa prima fase ci premeva ribadire il principio generale: e cioè che la legge prevede un pagamento dei diritti connessi ad artisti e produttori discografici, non solo alla Siae, anche nel caso di attività senza scopo di lucro come sono, appunto, quelle esercitate dalle organizzazioni religiose. Il fatto che la più estesa organizzazione no profit sul territorio abbia accettato come norma generale una cifra forfettaria di 95 euro annui per utilizzatore fissa un termine di paragone, un primo gradino nella scala tariffaria, di cui si dovrà tenere conto nelle trattative in corso con altri utilizzatori che svolgono invece un’attività commerciale”. I primi della lista sono i pubblici esercizi aderenti a Confcommercio, ma anche negozi di parrucchieri, fiere e palestre. “Abbiamo raccolto 24 milioni di euro nel 2004”, conclude Chiodaroli, “l’obiettivo per il 2005 è di superare i 30 milioni”.