Negli anni zero e dieci, il pop italiano d’alta classifica ha avuto un nome e un cognome: Michele Canova.&nbsp;È lui stesso a scherzarci su: “Quando nel 2012 mi trasferii a Los Angeles, affascinato da come giravano le cose nel music biz americano, un quarto dei 100 singoli più scaricati su iTunes erano prodotti da me. Avevo già venduto oltre 15 milioni di dischi”, racconta il <a href="http://www.rockol.it/artista/michele-canova">49enne produttore padovano</a>, ora ufficialmente cittadino statunitense, collegato in videochiamata dal suo studio al di là dell’Atlantico. Negli otto anni successivi le copie vendute avrebbero sfiorato quota 20 milioni. E a Tiziano Ferro (di cui ha prodotto l’intera discografia fino al 2016, da “Rosso relativo” a “Il mestiere della vita”), Jovanotti, Giusy Ferreri, Biagio Antonacci, Fabri Fibra, Giorgia e Eros Ramazzotti, gli artisti con i quali aveva lavorato fino ad allora, si sarebbero aggiunti – tra gli altri – Luca Carboni, Alessandra Amoroso, Marco Mengoni, Baby K, Francesco Renga, Francesca Michielin, Elisa, Samuel, Annalisa, Max Pezzali e pure la Dark Polo Gang, prima che la new wave rappresentata da un lato dalla scena ItPop e dall’altro dalla trap sparigliasse le carte sulla tavola del pop, stabilendo una sorta di nuovo establishment davanti e dietro le quinte della canzone italiana.

Da allora cosa è successo? 
“Nel 2020 ho fondato un’etichetta tutta mia, CanovaRec, distribuita da Universal Music Italy, per lanciare nuovi talenti. Del roster fa parte anche il 22enne cantautore romano Leonardo Zaccaria, il primo artista della label a firmare anche un accordo di licenza con la major. E dopo anni passati dietro le quinte ho deciso di mettermi in gioco in prima persona con un progetto tutto mio, CanovA, che è invece firmato da Columbia Records/Sony Music. Ho esordito a dicembre con ‘Sorpresa’, con Nayt. Ora arriva il secondo singolo, ‘Benedetto l’inferno’, in cui faccio incontrare la voce grintosa di Gianna Nannini con la personalità eccentrica del rapper Rosa Chemical. Una delle tante combo impossibili che faranno parte del disco”.

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Un album d’esordio a 49 anni: non è mai troppo tardi, verrebbe da dire. 
“Già (ride). Ma in realtà pezzi per me stesso cominciai a scriverne già dieci anni fa, all’apice della mia attività da produttore, per allentare la tensione tra un disco e l’altro. Erano brani strumentali senza una top line, una melodia, che dovevano restare degli sfoghi artistici, in teoria”.

In pratica? 
“Quando cominciai a farli ascoltare in giro, da Fabri Fibra a Jovanotti, tra gli artisti con i quali stavo lavorando in quel momento, tutti mi chiesero di poterci scrivere sopra dei testi. Così oltre che produttore mi ritrovai anche ad essere accreditato come co-autore”.

Poco male. 
“’Vip in trip’ di Fabri Fibra, composta in sei ore, nel 2010 fece il botto. Poi subito dopo arrivò ‘Tutto l’amore che ho’ di Jovanotti, il primo singolo dell’album ‘Ora’, altra grande hit. Fondai una società di edizioni tutta mia, Cinical Valley. Guy Moot, l’allora vicepresidente europeo di Emi Publishing, prima dell’inglobamento in Sony/ATV, mi propose di firmare un contratto editoriale in esclusiva. Io in cambio gli chiesi: ‘Vorrei che tu provassi a spingermi negli Usa’”.

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Perché gli Usa? 
“Agli Henson Studios di Los Angeles avevo già fatto ‘Safari’ di Lorenzo, nel 2006, e ‘Alla mia età’ di Tiziano. Ero innamorato della città, che avevo scoperto già qualche anno prima, nel 2004, quando proprio con Ferro l’attraversammo per arrivare in Messico durante il tour latino-americano, per il quale mi occupavo della direzione artistica della band. Mi ero costruito un mio team di lavoro, composto da musicisti come Vinnie Colaiuta, Victor Indrizzo, Tim Pierce, Michael Landau. Alcuni me li presentò Eros Ramazzotti, con il quale avevo collaborato già per ‘9’ del 2003 e ‘Calma apparente’ del 2005, e che già da tempo faceva dischi negli Usa. Gli Henson erano diventati la mia sede operativa. Lì con Lorenzo avremmo dovuto registrare anche lo stesso ‘Ora’, che di ‘Safari’ era il successore. Era tutto pronto: sala già pagata, musicisti prenotati”.

Poi? 
“A venti giorni dalla partenza ci ritrovammo nel mio studio a Milano, pieno di sintetizzatori modulari che avevo appena acquistato, gli stessi che avrebbero poi fatto impazzire anche Matt Chamberlain, il primo batterista dei Pearl Jam. Ci guardammo negli occhi: ‘Facciamo tutto da soli, qui’. La casa discografica aveva già investito qualcosa come 50 mila dollari, polverizzati in un istante”.

In compenso l’album vendette oltre 400 mila copie, conquistando il Disco di diamante: a dimostrazione che non serviva necessariamente andare dall’altra parte del mondo per fare un gran disco. 
“Consolidò il sodalizio con Lorenzo, che avevo conosciuto sette anni prima, nel 2004. Venne da me con i provini di quello che sarebbe poi diventato ‘Buon sangue’. Aveva iniziato a lavorarci con Stefano Fontana (Stylophonic, ndr), solo che poi non si erano trovati: ‘Non ci capisco più niente, occupatene tu’, mi disse. Lavorammo al disco in due, chiusi per sei mesi in una stanza di 9 metri quadri a Milano. Fu l’album che segnò la sua rinascita, grazie a hit come ‘Tanto’ e ‘Mi fido di te’”.

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Ci sei rimasto male quando nel 2017 per “Oh, vita!” ti ha preferito Rick Rubin? 
“Tutt’altro: sono stato contento per lui, che dopo tanti anni è riuscito a realizzare il sogno di una vita. Sono stato tra i primi a ricevere la notizia. Stessa cosa per quanto riguarda la collaborazione tra Tiziano Ferro e Timbaland: ci ispiravamo ai suoi lavori quando nei primi anni Duemila in Italia con dischi come ‘Rosso relativo’ e ‘111’ provammo a proporre quel mix tra cantautorato, hip hop e r&amp;b che cambiò per sempre il pop tricolore”.

Siete tornati a lavorare insieme? 
“No. Penso che la collaborazione stia continuando, come nel caso di Jovanotti con Rubin”.

Ti sono piaciute le loro ultime mosse? 
“Credo che i dischi che hanno fatto non siano stati il massimo dell’espressione di due artisti come loro. D’altronde lo svantaggio di lavorare con un produttore straniero è che può non capire da dove arrivi, cosa hai fatto prima, cosa vuoi dire”.

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Però anche tu hai prodotto artisti internazionali: da Alanis Morissette per il singolo “Today” a Janet Jackson per il remix di “Made for now”. 
“Vero. Però io ormai a Los Angeles sono di casa. Conosco la cultura, la lingua, il music biz. Sono nel giro. Il mio nuovo studio si trova nell’Arts District, nella downtown di Los Angeles, l’epicentro della scena musicale. L’ex manager di Rihanna, Marc Jordan, un mio caro amico, ha rilevato gli studi di Ryan Tedder degli OneRepublic: oggi lavora con gli Imagine Dragons, Becky G e LP”.

Re Mida per alcuni, artefice dell’omologazione del pop italiano per altri: dove stava la verità? 
“Gli artisti venivano da me e mi lasciavano carta bianca sulle scelte, chiedendomi espressamente di fare l’album seguendo il mio gusto. Avevo un mio metodo, ci avevo preso la mano: per fare una base ci mettevo sei ore, una giornata per chiudere un pezzo. Quando la visione di un produttore non viene messa in discussione è inevitabile che prenda il sopravvento”.

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Il disco più sofferto? 
“’Guerra e pace’ di Fibra, l’ultimo fatto insieme. Era il 2012”.

Perché? 
“Venivamo da ‘Controcultura’, finito in cima alle classifiche grazie a successi come la stessa ‘Vip in trip’ e ‘Tranne te’, diventata un inno da stadio: nel suo libro è la stessa Paola Zukar (storica manager di Fabri Fibra e istituzione della scena rap italiana, ndr) a riconoscermi il merito di aver contribuito al successo commerciale di Fibra. Solo che dopo quel boom non ci trovammo più. Lui, per reazione, voleva fare un disco più rap, io cercavo di spiegargli che doveva proseguire sulla strada di ‘Tranne te’. Arrivammo al muro contro muro”.

Una delle soddisfazioni più grandi? 
“L’exploit di Giusy Ferreri. Tra Ep, singoli e album, con ‘Non ti scordar mai di me’, ‘Novembre’ e ‘Gaetana’ superò in pochi mesi il milione di copie, nel 2008. Io provai a lanciarla già quattro anni prima di ‘X Factor’”.

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Come? 
“L’allora a&amp;r di Warner mi portò alcuni pezzi che aveva inciso, chiedendomi cosa ne pensassi prima di metterla sotto contratto. Me ne innamorai. Li feci ascoltare anche a Tiziano e a Lorenzo: ‘Aiutatemi a fare qualcosa’. Poi però Warner non la firmò. La rivedemmo a ‘X Factor’ e in quell’occasione fu Tiziano a mobilitarsi. Un successo del genere non era scontato, anche perché all’epoca nei confronti dei cantanti usciti dai talent c’erano ancora grossi pregiudizi”.

Un rammarico? 
“Nel 2009 produssi il singolo di uno dei concorrenti della terza edizione di ‘X Factor’, quando il programma era ancora trasmesso da Rai2. Lui si chiamava Damiano. La canzone, ‘Anima’, era una hit nata. Eravamo tutti convinti che spaccasse, invece non successe niente”.

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Quindi c’è anche qualche flop, nella tua discografia. 
“Eccome. La verità è che tutti si ricordano solamente dei grandi successi, ma non tutto quello che ho toccato è diventato effettivamente oro (ride)”.

Ora con chi stai lavorando come produttore? 
“Elettra Lamborghini, Vegas Jones, Tredici Pietro. Mi piacerebbe provare a fare qualcosa con tha Supreme, lo trovo affascinante. Così come sua sorella, Mara Sattei”.

<div class='embed'><img src="https://images.rockol.it/vnkIII6q0O1KAAtwnlZ0M1Sg60E=/700x0/smart/rockol-img/img/foto/upload/dsc09302-1.jpg" alt="https://images.rockol.it/vnkIII6q0O1KAAtwnlZ0M1Sg60E=/700x0/smart/rockol-img/img/foto/upload/dsc09302-1.jpg" title="https://images.rockol.it/vnkIII6q0O1KAAtwnlZ0M1Sg60E=/700x0/smart/rockol-img/img/foto/upload/dsc09302-1.jpg" class="img-responsive" /></div>

Sui social sei attivissimo. 
“Prima ero un topo da studio, poi la pandemia mi ha fatto venire voglia di espormi un po’ di più. Su Instagram ho una rubrica, ‘Canova Ascolta’, in cui faccio praticamente l’a&amp;r: ascolto i brani che i ragazzi mi mandano via email e li commento, spiegandogli cosa funziona e cosa no. Con Cinical Valley ho messo sotto contratto ragazzi come, oltre allo stesso Leonardo Zaccaria, Ormai (vero nome Alessandro Pacco, figlio di Roberto, già autore per Anna Oxa, Mina, Patty Pravo, Ornella Vanoni, ndr) e Vincenzo Colella: hanno talento”.

Quanti dischi hai prodotto fino ad oggi? 
“Un centinaio, credo”.

Quelli di cui si continuerà a parlare anche tra trent’anni? 
“’Safari’ di Jovanotti’, ‘Rosso relativo’ e ’111’ di Tiziano Ferro, su tutti”.

Michele Canova

Giorgia

Gianna Nannini

Jovanotti

Tiziano Ferro

Marco Mengoni

Negli anni zero e dieci, il pop italiano d’alta classifica ha avuto un nome e un cognome: Michele Canova.&nbsp;È lui stesso a scherzarci su: “Quando nel 2012 mi trasferii a Los Angeles, affascinato da come giravano le cose nel music biz americano, un quarto dei 100 singoli più scaricati su iTunes erano prodotti da me. Avevo già venduto oltre 15 milioni di dischi”, racconta il <a href="http://www.rockol.it/artista/michele-canova">49enne produttore padovano</a>, ora ufficialmente cittadino statunitense, collegato in videochiamata dal suo studio al di là dell’Atlantico. Negli otto anni successivi le copie vendute avrebbero sfiorato quota 20 milioni. E a Tiziano Ferro (di cui ha prodotto l’intera discografia fino al 2016, da “Rosso relativo” a “Il mestiere della vita”), Jovanotti, Giusy Ferreri, Biagio Antonacci, Fabri Fibra, Giorgia e Eros Ramazzotti, gli artisti con i quali aveva lavorato fino ad allora, si sarebbero aggiunti – tra gli altri – Luca Carboni, Alessandra Amoroso, Marco Mengoni, Baby K, Francesco Renga, Francesca Michielin, Elisa, Samuel, Annalisa, Max Pezzali e pure la Dark Polo Gang, prima che la new wave rappresentata da un lato dalla scena ItPop e dall’altro dalla trap sparigliasse le carte sulla tavola del pop, stabilendo una sorta di nuovo establishment davanti e dietro le quinte della canzone italiana.

Da allora cosa è successo? 
“Nel 2020 ho fondato un’etichetta tutta mia, CanovaRec, distribuita da Universal Music Italy, per lanciare nuovi talenti. Del roster fa parte anche il 22enne cantautore romano Leonardo Zaccaria, il primo artista della label a firmare anche un accordo di licenza con la major. E dopo anni passati dietro le quinte ho deciso di mettermi in gioco in prima persona con un progetto tutto mio, CanovA, che è invece firmato da Columbia Records/Sony Music. Ho esordito a dicembre con ‘Sorpresa’, con Nayt. Ora arriva il secondo singolo, ‘Benedetto l’inferno’, in cui faccio incontrare la voce grintosa di Gianna Nannini con la personalità eccentrica del rapper Rosa Chemical. Una delle tante combo impossibili che faranno parte del disco”.



Un album d’esordio a 49 anni: non è mai troppo tardi, verrebbe da dire. 
“Già (ride). Ma in realtà pezzi per me stesso cominciai a scriverne già dieci anni fa, all’apice della mia attività da produttore, per allentare la tensione tra un disco e l’altro. Erano brani strumentali senza una top line, una melodia, che dovevano restare degli sfoghi artistici, in teoria”.

In pratica? 
“Quando cominciai a farli ascoltare in giro, da Fabri Fibra a Jovanotti, tra gli artisti con i quali stavo lavorando in quel momento, tutti mi chiesero di poterci scrivere sopra dei testi. Così oltre che produttore mi ritrovai anche ad essere accreditato come co-autore”.

Poco male. 
“’Vip in trip’ di Fabri Fibra, composta in sei ore, nel 2010 fece il botto. Poi subito dopo arrivò ‘Tutto l’amore che ho’ di Jovanotti, il primo singolo dell’album ‘Ora’, altra grande hit. Fondai una società di edizioni tutta mia, Cinical Valley. Guy Moot, l’allora vicepresidente europeo di Emi Publishing, prima dell’inglobamento in Sony/ATV, mi propose di firmare un contratto editoriale in esclusiva. Io in cambio gli chiesi: ‘Vorrei che tu provassi a spingermi negli Usa’”.



Perché gli Usa? 
“Agli Henson Studios di Los Angeles avevo già fatto ‘Safari’ di Lorenzo, nel 2006, e ‘Alla mia età’ di Tiziano. Ero innamorato della città, che avevo scoperto già qualche anno prima, nel 2004, quando proprio con Ferro l’attraversammo per arrivare in Messico durante il tour latino-americano, per il quale mi occupavo della direzione artistica della band. Mi ero costruito un mio team di lavoro, composto da musicisti come Vinnie Colaiuta, Victor Indrizzo, Tim Pierce, Michael Landau. Alcuni me li presentò Eros Ramazzotti, con il quale avevo collaborato già per ‘9’ del 2003 e ‘Calma apparente’ del 2005, e che già da tempo faceva dischi negli Usa. Gli Henson erano diventati la mia sede operativa. Lì con Lorenzo avremmo dovuto registrare anche lo stesso ‘Ora’, che di ‘Safari’ era il successore. Era tutto pronto: sala già pagata, musicisti prenotati”.

Poi? 
“A venti giorni dalla partenza ci ritrovammo nel mio studio a Milano, pieno di sintetizzatori modulari che avevo appena acquistato, gli stessi che avrebbero poi fatto impazzire anche Matt Chamberlain, il primo batterista dei Pearl Jam. Ci guardammo negli occhi: ‘Facciamo tutto da soli, qui’. La casa discografica aveva già investito qualcosa come 50 mila dollari, polverizzati in un istante”.

In compenso l’album vendette oltre 400 mila copie, conquistando il Disco di diamante: a dimostrazione che non serviva necessariamente andare dall’altra parte del mondo per fare un gran disco. 
“Consolidò il sodalizio con Lorenzo, che avevo conosciuto sette anni prima, nel 2004. Venne da me con i provini di quello che sarebbe poi diventato ‘Buon sangue’. Aveva iniziato a lavorarci con Stefano Fontana (Stylophonic, ndr), solo che poi non si erano trovati: ‘Non ci capisco più niente, occupatene tu’, mi disse. Lavorammo al disco in due, chiusi per sei mesi in una stanza di 9 metri quadri a Milano. Fu l’album che segnò la sua rinascita, grazie a hit come ‘Tanto’ e ‘Mi fido di te’”.



Ci sei rimasto male quando nel 2017 per “Oh, vita!” ti ha preferito Rick Rubin? 
“Tutt’altro: sono stato contento per lui, che dopo tanti anni è riuscito a realizzare il sogno di una vita. Sono stato tra i primi a ricevere la notizia. Stessa cosa per quanto riguarda la collaborazione tra Tiziano Ferro e Timbaland: ci ispiravamo ai suoi lavori quando nei primi anni Duemila in Italia con dischi come ‘Rosso relativo’ e ‘111’ provammo a proporre quel mix tra cantautorato, hip hop e r&amp;b che cambiò per sempre il pop tricolore”.

Siete tornati a lavorare insieme? 
“No. Penso che la collaborazione stia continuando, come nel caso di Jovanotti con Rubin”.

Ti sono piaciute le loro ultime mosse? 
“Credo che i dischi che hanno fatto non siano stati il massimo dell’espressione di due artisti come loro. D’altronde lo svantaggio di lavorare con un produttore straniero è che può non capire da dove arrivi, cosa hai fatto prima, cosa vuoi dire”.



Però anche tu hai prodotto artisti internazionali: da Alanis Morissette per il singolo “Today” a Janet Jackson per il remix di “Made for now”. 
“Vero. Però io ormai a Los Angeles sono di casa. Conosco la cultura, la lingua, il music biz. Sono nel giro. Il mio nuovo studio si trova nell’Arts District, nella downtown di Los Angeles, l’epicentro della scena musicale. L’ex manager di Rihanna, Marc Jordan, un mio caro amico, ha rilevato gli studi di Ryan Tedder degli OneRepublic: oggi lavora con gli Imagine Dragons, Becky G e LP”.

Re Mida per alcuni, artefice dell’omologazione del pop italiano per altri: dove stava la verità? 
“Gli artisti venivano da me e mi lasciavano carta bianca sulle scelte, chiedendomi espressamente di fare l’album seguendo il mio gusto. Avevo un mio metodo, ci avevo preso la mano: per fare una base ci mettevo sei ore, una giornata per chiudere un pezzo. Quando la visione di un produttore non viene messa in discussione è inevitabile che prenda il sopravvento”.



Il disco più sofferto? 
“’Guerra e pace’ di Fibra, l’ultimo fatto insieme. Era il 2012”.

Perché? 
“Venivamo da ‘Controcultura’, finito in cima alle classifiche grazie a successi come la stessa ‘Vip in trip’ e ‘Tranne te’, diventata un inno da stadio: nel suo libro è la stessa Paola Zukar (storica manager di Fabri Fibra e istituzione della scena rap italiana, ndr) a riconoscermi il merito di aver contribuito al successo commerciale di Fibra. Solo che dopo quel boom non ci trovammo più. Lui, per reazione, voleva fare un disco più rap, io cercavo di spiegargli che doveva proseguire sulla strada di ‘Tranne te’. Arrivammo al muro contro muro”.

Una delle soddisfazioni più grandi? 
“L’exploit di Giusy Ferreri. Tra Ep, singoli e album, con ‘Non ti scordar mai di me’, ‘Novembre’ e ‘Gaetana’ superò in pochi mesi il milione di copie, nel 2008. Io provai a lanciarla già quattro anni prima di ‘X Factor’”.



Come? 
“L’allora a&amp;r di Warner mi portò alcuni pezzi che aveva inciso, chiedendomi cosa ne pensassi prima di metterla sotto contratto. Me ne innamorai. Li feci ascoltare anche a Tiziano e a Lorenzo: ‘Aiutatemi a fare qualcosa’. Poi però Warner non la firmò. La rivedemmo a ‘X Factor’ e in quell’occasione fu Tiziano a mobilitarsi. Un successo del genere non era scontato, anche perché all’epoca nei confronti dei cantanti usciti dai talent c’erano ancora grossi pregiudizi”.

Un rammarico? 
“Nel 2009 produssi il singolo di uno dei concorrenti della terza edizione di ‘X Factor’, quando il programma era ancora trasmesso da Rai2. Lui si chiamava Damiano. La canzone, ‘Anima’, era una hit nata. Eravamo tutti convinti che spaccasse, invece non successe niente”.



Quindi c’è anche qualche flop, nella tua discografia. 
“Eccome. La verità è che tutti si ricordano solamente dei grandi successi, ma non tutto quello che ho toccato è diventato effettivamente oro (ride)”.

Ora con chi stai lavorando come produttore? 
“Elettra Lamborghini, Vegas Jones, Tredici Pietro. Mi piacerebbe provare a fare qualcosa con tha Supreme, lo trovo affascinante. Così come sua sorella, Mara Sattei”.



Sui social sei attivissimo. 
“Prima ero un topo da studio, poi la pandemia mi ha fatto venire voglia di espormi un po’ di più. Su Instagram ho una rubrica, ‘Canova Ascolta’, in cui faccio praticamente l’a&amp;r: ascolto i brani che i ragazzi mi mandano via email e li commento, spiegandogli cosa funziona e cosa no. Con Cinical Valley ho messo sotto contratto ragazzi come, oltre allo stesso Leonardo Zaccaria, Ormai (vero nome Alessandro Pacco, figlio di Roberto, già autore per Anna Oxa, Mina, Patty Pravo, Ornella Vanoni, ndr) e Vincenzo Colella: hanno talento”.

Quanti dischi hai prodotto fino ad oggi? 
“Un centinaio, credo”.

Quelli di cui si continuerà a parlare anche tra trent’anni? 
“’Safari’ di Jovanotti’, ‘Rosso relativo’ e ’111’ di Tiziano Ferro, su tutti”.

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Il Re Mida del pop italiano: Michele Canova

Industria

Prima dell'ItPop e della trap ha forgiato il suono del pop italiano: da Tiziano Ferro a Giusy Ferreri, passando Jovanotti, Giorgia, Mengoni, 20 milioni di copie vendute. Oggi Michele Canova fa musica per sé. Da artista e discografico. L’intervista. 

Produttori Musicali Indipendenti, dal 2005, rappresenta una parte consistente del settore discografico italiano che opera al di fuori del circuito delle multinazionali, accorpando oltre 120 aziende tra cui realtà storiche come Carosello, Sugar, Saifam, Ala Bianca, A1,&nbsp;Time, Clan, Energy, Do It Yourself, Peer, Irma e Nar a nuove entità come Honiro, Maciste, Woodworm e Undamento: uno spettro estremamente ampio - e interessante - di quello che è il panorama indipendente del nostro Paese, che oggi più che mai sta affrontando un periodo tanto ricco di opportunità quanto di sfide. Alla vigilia della celebrazione ufficiale per i vent’anni di attività in programma per il prossimo martedì 20 maggio, a Milano, Mario Limongelli e Dario Giovannini - rispettivamente Presidente e Vicepresidente responsabile per il Settore Interno e Comunicazione dell’associazione - hanno fatto il punto su storia, percorso, priorità e obiettivi futuri di PMI. Rileggendo il passato con la maturità acquisita in questi anni e guardando al futuro nel tentativo di anticiparlo. Sempre con l’orgoglio di chi ha un’idea molto precisa della propria identità: "Siamo diversi dalle major, perché…" 
&nbsp;

Com’era PMI, quando è nata? E com’è, oggi? Come si potrebbe descrivere, in modo molto sintetico, l’evoluzione dell’associazione in questi vent’anni?

Dario Giovannini: PMI è nata nel 2005 con l’obiettivo di rappresentare e tutelare gli imprenditori musicali indipendenti italiani. All’epoca il settore stava affrontando la prima fase della transizione dal supporto fisico al digitale, con una prima contrazione delle vendite nel segmento dei formati tradizionali. In questo contesto l’associazione si propose di ottenere per la produzione musicale lo stesso riconoscimento di impresa culturale che, inizialmente, era attribuita solo al cinema e all'editoria. Oggi, vent’anni dopo, PMI continua ad avere un ruolo fondamentale di rappresentanza dell'industria indipendente italiana, sia come parte di Confindustria Cultura Italia che come parte di Impala, per rafforzare il ruolo delle etichette indipendenti a livello europeo. L’associazione si è adattata alla rivoluzione digitale, promuovendo iniziative legate a diversità e inclusione - per esempio in occasione dell'edizione 2024 del Festival di Sanremo - e siglando accordi per la remunerazione annua supplementare con collecting come Itsright e NUOVOIMAIE: restiamo vicini agli imprenditori indipendenti, raccontando le dinamiche fondamentali che, oggi, permettono a un’azienda di restare competitiva sul mercato.

Mario Limongelli: Alle 16,40 del 28 aprile 2005 73 delle 85 aziende associate a FIMI hanno lasciato la federazione, perché le major avevano votato contro le nostre proposte di modifiche dello statuto. La non disponibilità delle multinazionali ad accordare agli indipendenti maggiore rappresentatività fu la causa della scissione: la crisi del mercato e l’impasse cultural-musicale dell’epoca ci avevano mosso ad avanzare le nostre richieste. Chiedevamo tutela dei diritti, promozione della musica, difesa del lavoro, ma le major - al tempo - non colsero questa occasione, chiedendoci di accomodarci all’uscita. Noi, che non aspettavamo occasione migliore, ci siamo organizzati e strutturati, e così è nata PMI. Oggi l’associazione è cresciuta molto, diventando - senza esagerare - un gigante del settore culturale. Partendo praticamente da zero abbiamo contribuito al riconoscimento delle aziende del settore presso le istituzioni, cominciando dalla sottoscrizione del CCNL in Assolombarda alla RAI, a Mediaset, alla SIAE e ai Ministeri. E’ stato un lavoro certosino, e una gran fatica, ma ne è valsa la pena, perché oggi rappresentiamo una realtà e un modo di lavorare alternativo a quello delle multinazionali, che sono filiali italiane di grandi gruppi stranieri, nate per aumentare le quote di mercato delle rispettive case madri. Noi abbiamo una mission diversa: investire sempre di più - e meglio - sui nostri artisti, per assicurargli una carriera solida e di successo. Faccio qualche nome: Eros Ramazzotti, Vasco Rossi e Andrea Bocelli. Tutti artisti nati in aziende indipendenti, che hanno creduto e investito nelle loro carriere creando ricchezza, poi saggiamente reinvestita nella ricerca e nello sviluppo di altri nuovi artisti. 
&nbsp;

Come avete vissuto, personalmente, la vostra esperienza professionale in PMI? Quali sono stati, dal punto di vista umano e da quello professionale, i momenti di maggiore arricchimento?

DG: Sono entrato in PMI nel 2011, quando sono stato nominato Managing Director di Carosello Records. L’ingresso nell’associazione lo considero fondamentale per la mia crescita professionale, perché mi ha dato l'opportunità di confrontarmi e imparare da grandi professionisti che hanno fatto la storia di questo settore, a partire dal nostro Presidente, passando per - tra gli altri - Toni Verona, Mauro Farina, Massimo Benini e Claudio Ferrante. Imprenditori che rischiano in prima persona mettendosi in gioco, mossi da una passione indescrivibile: per me sono stati un punto di riferimento. Sono molto orgoglioso dei passi avanti fatti da PMI: nata come associazione a difesa dei diritti, oggi è diventata un’organizzazione più matura, che promuove innovazione, inclusione, sostenibilità, ampliando il suo raggio d'azione e diventando un punto di riferimento sia per la discografia indipendente italiana, sia un partner e un interlocutore credibile a livello istituzionale e internazionale, arrivando - per esempio - a lavorare anche insieme a FIMI al regolamento del Festival di Sanremo.

ML: Ero già Vicepresidente di FIMI poco prima che nascesse PMI: credo sia stato frequentare l’ambiente delle multinazionali a risvegliare in me l’anima indipendente. Riuscii a trasmettere questa sensazione a tanti miei colleghi (tra gli altri, Filippo Sugar, Claudio Ferrante e Paolo Franchini), anche molto importanti, e così nacque quel tipo di orgoglio che ancora oggi sventoliamo fieramente. Ci siamo sempre definiti un’organizzazione sindacale, volta alla tutela degli interessi del nostro settore, del nostro modo di fare impresa, vivendo il nostro ruolo non solo da un punto di vista professionale, ma anche umano. Quindi aiutando colleghi nelle proprie attività discografiche, a prescindere dagli interessi di scuderia, e formando i nostri associati affinché le loro competenze restino sempre aggiornate, permettendogli di raggiungere i risultati desiderati. Oggi siamo l'associazione di riferimento dell'imprenditoria musicale indipendente. Siamo ambiziosi. E molto gelosi del nostro ruolo di indipendenza. 
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Com’è cambiata la relazione di PMI con la propria industria di riferimento, ovvero la discografia indipendente? Come avete visto cambiare le aziende tra il 2005 e oggi?

DG: Le rivoluzioni che hanno interessato il mercato mondiale si sono ovviamente riverberate anche sul nostro settore. Nel 2005 - con i supporti fisici - si ragionava in termini di “possesso” di musica, e il successo di un progetto era spesso determinato dalla presenza forte dei media tradizionali come radio e stampa. Oggi il contesto è totalmente diverso: i media tradizionali, adesso, certificano un successo nato altrove. Cito un dato, giusto per dare un’idea: l’84% dei brani che adesso finiscono nelle Top 200 delle chart hanno avuto forme di viralità su TikTok. Questo dimostra quanto il mercato sia in continua evoluzione, e dà la misura di come si è evoluta la platea alla quale ci rivolgiamo: a realtà solide e storiche come Carosello, NAR, Irma e Saifam, si sono affiancate aziende guidata da imprenditori più o meno quarantenni come Undamento, Bomba Dischi e Maciste, che sono state in grado di cogliere i cambiamenti e mettersi in gioco. Oggi la differenza principale tra discografia major e indipendente sta proprio nella ratio che regola il proprio lavoro: come dico sempre ai miei colleghi, il nostro non è uno sprint sui 100 metri, ma una maratona. L’obiettivo degli indipendenti è creare carriere che durino nel tempo. Nelle multinazionali, dove lavorano professionisti molto bravi, l’esigenza strutturale è quella di risultati immediati, o quasi. Come indipendenti, invece, il nostro fine è quello di affiancare l’artista e supportarlo per tutto il tempo necessario.

ML: C’è stata una maturazione esponenziale. Penso, per esempio, a Impala. All’inizio, da parte del settore italiano, c’era un certo scetticismo nella funzione di un organismo europeo. Io, però, ho insistito, fino a ospitare una loro riunione nel 2006, a Milano, dove partecipai come uditore. Il loro progetto mi ha affascinato, e grazie alla mia opera quasi da missionario, nel 2023, siamo arrivati a vedere Francesca Trainini [AD di Peermusic Italia e Peer Southern Productions, oltre che Vicepresidente responsabile per il Settore Estero di PMI, ndr],&nbsp;<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-739235/impala-nuovo-board-2023-italiani-trainini-cotromano-gramitto-ricci-cda">venire nominata Presidente di Impala</a>. Una delle più grandi soddisfazioni è aver visto le aziende nostre associate talmente cresciute e maturate da aver la consapevolezza del mestiere che fanno: grazie alla formazione che siamo stati in grado di offrire la discografia indipendente si è emancipata dall’ossessione di finire in classifica a tutti i costi, ampliando le proprie capacità di fare business e - di conseguenza - di avere successo. La nostra prossima missione sarà quella di formare la nuova generazione di indipendenti, composta da professionisti molto preparati e decisamente connessi con l’attualità, ma ancora poco consapevoli e dei propri diritti e dei quadri normativi che li regolano. Con, ovviamente, lo spirito che ha sempre animato PMI, ovvero quello della massima collaborazione e solidarietà tra associati. 
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Martedì 20 maggio si festeggerà, a Milano, il ventesimo compleanno di PMI:&nbsp;qual è il migliore augurio che possiate fare all’associazione, e cosa augurare all’intero settore indipendente per il futuro?

DG: Il primo augurio è quello di continuare a trovare imprenditori con la stessa passione di quelli che, vent’anni fa, hanno dato vita all’associazione. I dati ci dicono che il settore indipendente è in continua espansione, e che - in questo specifico momento storico - sta avendo un ruolo chiave nell’evoluzione del mercato. A tal proposito, vorrei cogliere l’occasione per rivolgere un appello al Governo italiano: quello che è successo qualche giorno fa negli Stati Uniti con&nbsp;<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751816/usa-trump-licenzia-shira-perlmutter-copyright-office">il licenziamento della responsabile del Copyright Office Shira Perlmutter</a>&nbsp;fa paura. La mossa del Presidente USA non fa altro che allarmarci e allertarci ancora di più sul tema della tutela del copyright riguardo all’intelligenza artificiale. Visto che in questi giorni si sta parlando tanto di cultura nel nostro Paese, spero - essendo la cultura uno degli elementi fondanti di ogni nazione - che il Governo italiano prenda una posizione netta al riguardo. Perché se non si difendono le imprese creative e culturali italiane, nel prossimo futuro i primi a sparire saranno gli artisti, perché non ci sarà più nessuno in grado di investire su di loro. Ecco perché sento sia importante lanciare questo appello a chi guida il nostro Paese: è importante che le forze culturali si possano unire&nbsp;e che siano sostenute per affrontare queste sfide, perché la cultura è il motore di ogni Paese democratico.

ML: Quella di martedì prossimo sarà una festa in grande stile, alla quale mi auguro possano intervenire anche i nostri presidenti onorari Caterina Caselli, Dori Ghezzi e Mauro Pagani, e amici e amiche che hanno dato un contributo molto importante alla crescita di PMI come Claudia Mori. Carlo Conti, che purtroppo non potrà esserci, ci ha fatto avere un suo messaggio di auguri, ma ci sarà Claudio Fasulo [responsabile dell'unità organizzativa Prime Time 1 della Direzione Intrattenimento Prime Time di Rai 1, ndr]. Festeggeremo i nostri vent’anni con un solo auspicio: che la nostra associazione possa continuare per altri vent’anni a produrre tutele per il settore così come ha fatto fino a oggi, e a far in modo che le nuove generazioni di indipendenti si strutturino meglio per gestire in proprio i diritti delle loro produzioni - in modo particolare, i diritti connessi, perché sono un patrimonio importante.

PMI, vent’anni di orgoglio indipendente

La storia e gli obiettivi dell’associazione raccontati da Mario Limongelli e Dario Giovannini

Anche il colosso cinese dello streaming musicale Tencent Music ha pubblicato i suoi ultimi risultati finanziari. Dai dati della trimestrale riferita al Q1 2025, comunicati il 13 maggio, emerge che i ricavi dei suoi servizi musicali online sono cresciuti del 15,9% su base annua, raggiungendo i 5,8 miliardi di RMB (pari a circa 800 milioni di dollari agli attuali tassi di cambio).

Questo include un incremento del 16,6% nei ricavi da abbonamenti, che hanno toccato quota 581 milioni di dollari. Gli utenti mensili attivi sulle piattaforme musicali di Tencent Music sono diminuiti del 4%, scendendo a 555 milioni nel primo trimestre, ma il numero di utenti paganti è cresciuto dell’8,3%, arrivando a 122,9 milioni.

I dati finanziari hanno inoltre svelato alcuni nuovi accordi e cifre rilevanti per l’azienda. Tencent Music ha ricevuto una quota del 2% di Universal Music Group “attraverso una distribuzione in natura da parte di una nostra partecipata” e ha rinnovato il suo accordo pluriennale di licenza con Sony Music Entertainment.

Tencent Music ha anche sottolineato una crescente domanda di musica internazionale da parte del suo pubblico:

“Sebbene i generi cinesi restino la pietra angolare dello streaming musicale, stiamo osservando una popolarità crescente di brani in coreano, inglese e giapponese”, ha dichiarato la società in un comunicato.

Il dato probabilmente più interessante è contenuto nei 4,22 miliardi di RMB (581 milioni di dollari) provenienti dagli abbonamenti allo streaming musicale, con un aumento del 16,6% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente.&nbsp;La crescita dei ricavi da abbonamenti, infatti, è stata trainata sia dall’aumento dell’ARPPU (ricavo medio per utente pagante), sia dall’incremento dell’8,3% su base annua del numero di utenti paganti, saliti a 122,9 milioni. Secondo TME l’ARPPU è aumentato del 7,5% anno su anno, passando da 10,6 RMB a 11,4 RMB (1,57 dollari), grazie alla crescente popolarità del piano Super VIP (SVIP), che costa circa cinque volte di più rispetto a un abbonamento standard; un successo che arriva mentre circolano notizie secondo cui anche Spotify potrebbe lanciare, già quest’anno, un suo livello premium “Music Pro”, che potrebbe rappresentare una nuova importante fonte di ricavi per i titolari di diritti musicali.&nbsp;TME ha fornito alcune informazioni sulle caratteristiche che stanno maggiormente trainando le sottoscrizioni SVIP. Tra queste, la più rilevante è la qualità audio premium, che TME afferma essere utilizzata da circa il 50% degli abbonati SVIP.

Tencent Music, trimestrale molto positiva

Ieri il titolo è cresciuto in borsa del 14%

Chiara Galiazzo ha firmato un contratto discografico con la filiale italiana di Altafonte, società di distribuzione e servizi spagnola fondata nel 2011 acquisita nel 2023 da Sony Music: primo frutto del sodalizio sarà il singolo inedito “Allegria bugiarda”, scritto da Daniele Magro (testo e musica) e Michael Tenisci (musica), in uscita il prossimo 23 maggio.

“Sono orgogliosa di sostenere questa famiglia con il supporto di tutto il mio team e di poter dire che Altafonte continua a crescere e a distinguersi per la nostra dedizione agli artisti”, ha dichiarato Giulia Giampietro (nella foto, a destra), country manager di Altafonte Italia: “Siamo felici e onorati di aver messo sotto contratto Chiara Galiazzo, un’artista pop rinomata ed elegante, di indubbio spessore artistico. Siamo convinti di poter svolgere un lavoro taylor made nel suo percorso discografico con il supporto di tutta la squadra e a stretto contatto con il suo management e l’artista stessa, valorizzando il suo talento e la sua indole profonda”.

“Avevo sempre in mente le immagini de ‘L’Avventura’ di Antonioni, dove l’annoiata borghesia romana si scontra con la natura selvaggia delle isole Eolie”, ha dichiarato, riguardo il brano, Magro: “Ma c’è anche James Bond, ‘Goldfinger’ e ‘Una cascata di diamanti’, e le canzoni di Shirley Bassey. Ci sono riferimenti ad altre dive: a Ornella Vanoni, nel verso ‘Forse la voglia, la pazzia’, e anche ‘L’alba dall’autostrada è così crudele e demodé’ (da Un’estate fa, scritta da Califano), ma anche a Mina: ‘Non gioco più, hai vinto tu’. Nel ritornello ho pensato anche a Carmen Consoli: ‘Parole di burro’, ‘Aspettami, Stringimi, Confondimi’, altro pezzo uscito in estate, romantico e con una precisa visione dell’amore dal punto di vista femminile. E infine i luoghi dell’anima: c’è il bar dell’incontro, l’autostrada dell’addio; il mare da cui farsi travolgere, ma anche la città nella quale, a settembre, l’incanto finisce... forse non del tutto”.

Chiara Galiazzo firma con Altafonte

Il nuovo singolo, ‘Allegria bugiarda’, uscirà il 23 maggio

Sony Music, il cui anno fiscale decorre da aprile a marzo, ha registrato un utile operativo da record e un incremento del 14% dei ricavi per l'esercizio terminato il 31 marzo 2025, come riportato dalla casa madre nipponica della major, Sony Group Corp. Streaming in abbonamento e ricavi da attività live, merchandising e sincronizzazioni hanno fornito un contributo significativo alla prestazione annuale.

I dati essenziali, con i relativi incrementi anno su anno, sono i seguenti:

- ricavi per 1,8 trilioni di yen (pari a 12 miliardi di dollari circa, + 14%)

- utile operativo:&nbsp;357 miliardi di yen (2,4 miliardi di dollari circa, + 18%)

- OIBDA (utile operativo rettificato prima di ammortamenti e svalutazioni): 449 miliardi di yen (3 miliardi di dollari circa, +20,5%)

- ricavi da musica registrata:&nbsp;1,2 trilioni di yen (8 miliardi di dollari circa, +12%), di cui dal solo streaming 789 miliardi di yen (5,23 miliardi di dollari circa, +11%)

- altre voci legate alla musica registrata (inclusi live, merchandising e sincronizzazioni):&nbsp;273 miliardi di yen (1,82 miliardi di dollari circa +23%), e del 4,8% a 106 miliardi di yen (707 milioni di dollari).

- ricavi da editoria musicale (publishing):&nbsp;366 miliardi di yen (2,4 miliardi di dollari circa, +18%).

Sono emerse, inoltre, anche le stime previsionali per il prossimo anno fiscale: ci si attende una crescita dell’utile per Sony Music Group a una singola cifra alta in termini di dollari statunitensi, con l’utile operativo complessivo del segmento musicale che dovrebbe invece rimanere sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente, principalmente a causa dell’impatto dei tassi di cambio.

Sony Music: profitti record

Crescita a doppia cifra nello streaming e nel publishing

Spotify ha annunciato i sei artisti italiani selezionati per l’edizione 2025 di Radar, programma globale varato dal DSP svedese per supportare i talenti emergenti in tutto il mondo: i protagonisti dell’iniziativa per quest’anno sono Marte, Carla Hero, Emma Nolde, Glocky, Sayf e Camoufly.

“Radar è molto più di una playlist editoriale: è un trampolino di lancio per gli artisti emergenti, grazie a uno speciale supporto editoriale e a piani marketing personalizzati”, ha chiarito l’azienda in una nota: “Con questa edizione, Spotify celebra la diversità musicale e culturale, attraversando generi che spaziano dall’indie alla dance, fino alle più innovative declinazioni del rap”.

Tra i protagonisti delle ultime edizioni italiane di Radar figurano artisti oggi ampiamente affermati come - tra gli altri - BigMama, Tony Boy, Blanco, Ariete e Rhove.

Spotify Radar 2025, i sei artisti italiani selezionati

Per celebrare ‘la diversità musicale e culturale’ attraverso generi diversi

A partire dal 2021, anno in cui entrò a fare parte del consiglio di amministrazione di Universal Music Group, il fondatore di&nbsp;Pershing Square Capital Management Bill Ackman era diventato progressivamente uno dei principali investitori del gruppo: con il suo fondo e altri affiliati aveva acquisito circa il 10% di UMG, anche se nel marzo scorso aveva venduto un pacchetto azionario del&nbsp;2,7%, guadagnando oltre 1,4 miliardi di dollari. Con una mossa a sorpresa, però, oggi ha annunciato di avere deciso di rinunciare al suo posto nel board della società.

La motivazione addotta è il sopraggiungere di "nuovi impegni e obblighi legati ai suoi recenti investimenti". Il consiglio di amministrazione esprime gratitudine per il servizio reso finora, e lo fa anche&nbsp;Ackman stesso, dicendosi convinto che UMG avrà un grande futuro dinnanzi a sé: "Negli ultimi tre anni sono stato molto felice di partecipare alla transizione della società, che da compagnia privata è diventata una fiorente s.p.a.".

Bill Ackman esce dal board di Universal Music Group

Con il suo fondo aveva acquisito circa il 10% di UMG, diventandone uno dei principali investitori

C’è chi costruisce AI che compongono canzoni, chi inventa strumenti per musicisti non vedenti, chi crea marketplace per royalties digitali, chi trasforma i fan in collaboratori. Ogni giorno nascono startup che innovano il modo in cui la musica viene creata, vissuta, promossa, condivisa. Nel nostro lavoro quotidiano di osservazione e racconto dell’industria musicale, intendiamo offrire spazio e visibilità continuative a queste realtà. Cerchiamo quelle storie di innovazione che parlano il linguaggio della musica, della tecnologia e della cultura e vogliamo conoscere chi sta lavorando oggi su ciò che domani sarà normale.

Cerchiamo startup musicali, progetti, tecnologie e intuizioni che stanno trasformando l’industria. Se la tua realtà sta riscrivendo le regole del gioco, vogliamo conoscerla – e raccontarla. Che sia una startup appena nata o una realtà già attiva, se copre musica e tecnologia in modo originale può interessarci: stiamo costruendo un osservatorio permanente sulle startup musicali italiane e internazionali, e pubblicheremo articoli, interviste e approfondimenti sulle storie più interessanti, promettenti o ispiranti. Non ci interessa (solo) il funding. Ci interessano la visione, l'impatto, il cambiamento che si cerca di apportare alle abitudini del settore o dei suoi protagonisti.

Perché uno <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/startup-musicali-lo-speciale-di-rockol-musicbiz-503780">speciale startup musicali</a>

Crediamo che l’innovazione musicale abbia bisogno di attenzione, visibilità e racconto. E crediamo che, per farla emergere, servano spazi come questo. Se stai costruendo qualcosa di nuovo nel mondo della musica, mettiti in contatto con noi. 
Sarà un piacere ascoltare la tua storia. E magari, farla ascoltare anche agli altri.

Come proporre il tuo progetto

Per aiutarci a valutare la tua proposta, ti chiediamo di inviarci una breve scheda informativa che includa i seguenti dati:

<ul>
	<li>
	Nome del progetto/startup
	</li>
	<li>
	Anno di fondazione
	</li>
	<li>
	Sede operativa
	</li>
	<li>
	Nome e ruolo dei fondatori
	</li>
	<li>
	Descrizione sintetica dell’attività (max 1000 caratteri)
	</li>
	<li>
	Che problema risolvete, per chi e come?
	</li>
	<li>
	In cosa consiste l’innovazione?
	</li>
	<li>
	Stato attuale (idea, prototipo, beta, mercato)
	</li>
	<li>
	Partnership o investitori (se presenti)
	</li>
	<li>
	Link utili (sito web, social, demo, press kit)
	</li>
	<li>
	Contatti diretti
	</li>
</ul>

Puoi inviare la tua proposta a: musicbiz@rockol.it 
Oggetto: [Startup musicale – Nome progetto]

Stai innovando nella musica? Raccontacelo

Cerchiamo realtà che stanno riscrivendo le regole del gioco per conoscerle e raccontarle

Dopo sei anni in carica si dimette Jeremy Sirota, CEO di Merlin: lo ha annunciato lui stesso su Linkedin, ringraziando la società di collecting&nbsp;per la fiducia accordatagli finora e dicendosi sicuro che la realtà che ha diretto fino a oggi ha un futuro luminoso davanti a sé.&nbsp;

Le sue dimissioni saranno esecutive a partire da gennaio 2026, e non è ancora stato reso noto chi lo rimpiazzerà nel ruolo di amministratore delegato. Sirota è tra i principali fautori della rinascita della scena indipendente sul piano industriale, avendo stretto molti accordi importantissimi con i distributori digitali e i DSP; è stato inoltre protagonista della disputa di Merlin con TikTok, di cui si è già <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-747374/il-mondo-indipendente-in-rivolta-contro-tiktok">lungamente parlato</a> su questi schermi.

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Si dimette Jeremy Sirota, CEO di Merlin

Le dimissioni saranno esecutive da fine 2025 e il suo successore non è ancora stato annunciato

“Sospendiamo la pubblicazione in questa forma, anche se abbiamo grossi progetti su Ciao 2001”: queste la parole con le quali Alessandro Agnoli, Amministratore Delegato di Sprea Editori, ha spiegato a Rockol&nbsp;<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751826/ciao-2001-cessa-le-pubblicazioni">la sospensione della&nbsp;pubblicazione della storica testata musicale</a>, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-740985/ciao-2001-torna-edicola-bimestrale-maurizio-becker-renato-marengo">tornata in attività nel dicembre del 2023</a> e temporaneamente messa in stato di animazione sospesa dal gruppo lombardo. 
&nbsp;

Non è un addio, quindi?

“Stiamo per mettere online il sito ciao2001.it, preparando il rilancio della rivista cartacea sotto un’altra forma. L’attuale formula del giornale, che riprende i vecchi ritagli del Ciao anni ‘70 / ‘80, ha un po’ esaurito la sua ragione d’essere. Semplicemente, quindi, interrompiamo questo ciclo - ma non del tutto: gli speciali di Ciao 2001 continueranno ad uscire in edicola, attualmente c’è quello sui Led Zeppelin, dando la possibilità agli abbonati di essere rimborsati o di tramutare il credito residuo in un altro abbonamento a una rivista di musica Sprea. 
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Venendo al "caso&nbsp;Metal Hammer", secondo te qual è stato l’innesco della <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751468/metal-hammer-torna-in-edicola-in-italia-ma-e-polemica">polemica seguita all’annuncio del ritorno nelle edicole italiane della testata</a>? Eri al corrente del fatto che in Italia operasse un sito con questo nome? Che idea ti sei fatto, personalmente, di quanto successo?

La polemica ha avuto luogo evidentemente a causa dell’esistenza in Italia, nel lontano passato, di una rivista con nome uguale, questo è chiaro. L’edizione cartacea precedente mi risulta che abbia chiuso i battenti quasi 10 anni fa - per l’editoria, quindi, un’era geologica fa: al tempo probabilmente c’erano il doppio delle edicole presenti oggi. Anche per questo ritengo la sfida dietro la pubblicazione di Metal Hammer particolarmente interessante. Sprea era già stato editore di una rivista dedicata all’hard rock, “Hard Rock Magazine”, durata qualche numero e successivamente sospesa. Ricordo perfettamente quell’esperienza: la rivista era stata voluta fortemente dal compianto Francesco Coniglio, e io l’avevo assecondato. Il lancio era andato piuttosto bene, poi - però - le vendite si erano ridotte bruscamente, numero dopo numero, fino ad arrivare alla chiusura. Probabilmente qualcosa era stato sbagliato nella formula del giornale, nei temi trattati, nell’integrità delle recensioni. Questo tipo di pubblico vuole un giornale cartaceo di estrema qualità, e ora ci sentiamo finalmente pronti a questa sfida grazie anche all’autorevolezza del brand e dei contenuti dell’edizione originale di Metal Hammer - che, come avviene per Classic Rock, non sarà una mera traduzione della testata inglese, ma un’edizione con una dignità e voce autonoma e indipendente. Tornando alla domanda, effettivamente esistono in Italia un sito e una pagina social con lo stesso dominio, ma a che titolo chi le gestisce continui a pubblicare utilizzando questo marchio, personalmente, non sono a conoscenza; l’unica cosa che posso dire al riguardo è che la registrazione della loro testata editoriale cartacea è certamente decaduta (per legge ciò avviene dopo sei mesi, da quando un periodico cartaceo non esce più in edicola) e che comunque, in base alla Legge sulla protezione del Diritto d’Autore, dopo due anni dalla cessazione di una pubblicazione, il titolo di una testata può essere liberamente utilizzato da altri soggetti. D’altro canto, prima di pensare al titolo della nostra rivista, abbiamo verificato che non esistesse presso il registro marchi e brevetti italiano alcun marchio riconducibile a “Metal Hammer”.

Più in generale, quello che probabilmente non è chiaro in tutta questa polemica, e che invece vale la pena di specificare, è che la storia della testata “Metal Hammer”, nata nei primi anni ’80, è parecchio intricata. Dopo la fondazione, l’edizione inglese e tedesca presero due strade differenti, pur in una coesistenza (credo pacifica, almeno per quel che ci è dato sapere), iniziando a concedere indipendentemente l’una dall’altra licenze in vari paesi del mondo. L’edizione inglese fu senz’altro quella più prolifica, e ancora oggi ha licenze in alcuni paesi dell’est Europa, in Spagna, addirittura in Giappone: lo si può verificare in effetti perché il logo in copertina è lo stesso della versione UK. L’edizione tedesca invece credo abbia avuto come paesi in licenza solo la Polonia e, forse, l’Italia: nel caso del nostro Paese, comunque, la concessione risalirebbe a molti anni fa. 
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Sprea Editori ha acquisito la licenza dall’editore britannico di Metal Hammer, Future plc?

Sì, è esatto. Lo stesso editore che ci cede, ormai da quasi 15 anni, la licenza di “Classic Rock”, oltre che di altre riviste che Sprea pubblica in Italia. Un editore molto importante (uno dei principali editori inglesi), molto serio, e che detiene i diritti di sfruttamento economico del marchio Metal Hammer. In virtù del contratto firmato con Future, anche rispetto a questa vicenda, ci sentiamo quindi molto sereni. 
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La licenza acquisita da Sprea Editori riguarda solo il formato cartaceo o anche il Web? Nel caso riguardi anche il Web, l'edizione italiana di Metal Hammer avrà anche una versione digitale?

Il contratto di licenza con Future prevede, come tutti i nostri contratti, anche la possibilità di un’edizione digitale, anche se negli accordi non si specificano mai i contorni di quest’ultima. Per capirci meglio: per “edizione digitale” può intendersi sia il sito connesso alla rivista, sia la digital-replica in pdf sfogliabile della rivista, venduta sia sui canali dell’editore (quindi sull’e-commerce Sprea, nel nostro caso), sia su piattaforme di digital streaming, come ad esempio Readly, Amazon Kindle eccetera. Nel nostro caso sicuramente opteremo per pubblicare la digital-replica (già lo facciamo con tutti i nostri periodici), ma non ho ancora preso una decisione sulla parte Web e social connessa al brand Metal Hammer. Credo che questo pubblico sia molto affezionato alla carta, perciò investiremo tutte le nostre energie, per ora, nel creare un’ottima edizione cartacea. Per il resto, vedremo.&nbsp; 
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⁠Sprea Editori è mai stata contattata - direttamente o tramite legali rappresentanti - da Black Sun Media Srl, società di Milano alla quale è attualmente risulta intestato il sito www.metalhammer.it?

Nel colophon del sito, sembra pubblicato da un’associazione culturale. In ogni caso, a oggi, non siamo stati contattati da nessuno a riguardo.

I casi Ciao 2001 e Metal Hammer: parla Alessandro Agnoli (Sprea)

L’ad del gruppo fa chiarezza sulle vicende che hanno coinvolto le edizioni italiane delle testate

Si terrà tra i prossimi 14 e 17 maggio tra Palermo e Catania la quarta edizione di Sicily Music Conference, evento internazionale dedicato alla filiera musicale che prevede la partecipazione di professionisti italiani e stranieri, oltre che ad appassionati di musica e giovani che desiderano scoprire come entrare nel mondo della musica.

“Siamo entusiasti di annunciare la Sicily Music Conference 2025, un appuntamento che si conferma come punto di riferimento per la formazione di una nuova generazione di operatori del settore musicale”, ha dichiarato Co founder &amp; Curator della manifestazione Federica Ceppa: “Quest'anno i nostri focus principali si intrecciano attorno a tre assi fondamentali: la crescita professionale, l'identità mediterranea e la costruzione di una rete solida tra le tante realtà che animano il panorama musicale contemporaneo. La conferenza nasce anche con l’obiettivo di valorizzare il territorio siciliano attraverso eventi musicali diffusi, che riportano la musica al centro della vita culturale delle nostre comunità e ne rilanciano il potenziale artistico e turistico. Siamo particolarmente onorati di accogliere un così alto numero di delegati internazionali, segno dell’interesse crescente verso ciò che stiamo costruendo insieme. Un ringraziamento speciale va anche a Fenoaltea, produttore siciliano che stimiamo profondamente e che rappresenta l'eccellenza del nostro territorio. Sicily Music Conference è più di un evento: è una visione condivisa, un movimento che guarda al futuro partendo dalle radici”.

Il programma completo della manifestazione è disponibile sul sito <a href="http://www.sicilymusicconference.com">www.sicilymusicconference.com</a>.

Per accedere a panel, workshop e masterclass, è obbligatoria una registrazione gratuita all’indirizzo <a href="https://www.sicilymusicconference.com/#registration-form">https://www.sicilymusicconference.com/#registration-form</a>.

La Sicily Music Conference è ideata da Federica Ceppa, Giulio Castronovo, Dario Caretto, Enrico Cantaro e organizzata dall’Associazione Sicily Music Conference, con la produzione di Gomad Concerti e la preziosa collaborazione di PalermoSuona, Las Chicas e LazyTime/Meraaki.

Sicily Music Conference, al via il 14 maggio la quarta edizione

Workshop, incontri, showcase e molto altri a Palermo e Catania

La RAI presenterà una propria offerta al bando di gara indetto dal Comune di Sanremo per l’assegnazione delle prossime tre edizioni (con opzione di estensione dell'accordo per altri due anni)&nbsp;del Festival della Canzone Italiana: come riferisce l’agenzia ANSA, la decisione è stata presa dal cda dell’azienda, “obbligata” a rispettare il termine del prossimo 19 maggio per chiunque voglia partecipare alla gara. Gara che potrebbe non tenersi nel caso, il prossimo 22 maggio, il Consiglio di Stato non si pronunci ribaltando la sentenza del Tar Ligure, che aveva dichiarato illegittima l’assegnazione diretta dell’organizzazione e della copertura radio-televisiva della manifestazione canora.

Festival di Sanremo, la RAI parteciperà al bando del Comune

Il attesa della pronuncia del Consiglio di Stato

Per la Federazione Industria Musicale Italiana “è stata molto importante la presa di posizione al Consiglio EU del Ministro della Cultura Alessandro Giuli”, secondo il quale “il rapido sviluppo dell’AI non deve compromettere la creatività europea, deve invece tutelare la dignità e i diritti di artisti e creativi e valorizzare il loro ruolo indispensabile nella società”.

“L’attuale bozza di codice di condotta non è assolutamente in linea con le previsioni della legge europea sull’intelligenza artificiale e bene ha fatto il Ministro a puntare i piedi e richiamare l’importanza della tutela della creatività”, ha fatto sapere, in una nota, Enzo Mazza, CEO di FIMI, che appena ieri - lunedì 12 maggio, aveva definito "<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751816/usa-trump-licenzia-shira-perlmutter-copyright-office">u</a><a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751816/usa-trump-licenzia-shira-perlmutter-copyright-office">n messaggio dagli oligarchi del tech</a>" il licenziamento da parte del presidente americano Donald Trump&nbsp;di&nbsp;Shira Perlmutter, avvocato e docente specializzata in diritto d’autore a capo del Copyright Office USA, dopo la pubblicazione di&nbsp;un rapporto in cui esprimeva il suo parere (contrario) sull'uso di materiale protetto da copyright per l'addestramento di modelli di intelligenza artificiale generativa.

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AI, FIMI sostiene il MiC sul Codice di Condotta UE

Apprezzamento per la presa di posizione del Ministro Alessandro Giuli

Come <a href="https://www.rockol.it/news-749289/al-via-a-giugno-il-105-summer-festival-2025">già annunciato lo scorso gennaio</a>, tornerà anche per la prossima estate il 105 Summer Festival, manifestazione musicale itinerante che porterà in cinque località italiane una pattuglia di nomi di spicco del panorama pop, rock e urban italiano: gli eventi, tutti gratuiti, e presentati da Mariasole Pollio e Daniele Battaglia, si terranno il 6 giugno all’Arena dei Pini di Baia Domizia (CE), il 13 giugno al Parco San Giuliano di Venezia, il 20 giugno in Piazza della Vittoria a Genova, il 27 giugno in Piazza Francesco Cossiga a Golfo Aranci (SS), e il 4 luglio all’Area Park di via Sicilia - Porto Garibaldi di Comacchio (FE).

Tra gli artisti che si alterneranno nel corso delle cinque serate figurano, in ordine alfabetico, Achille Lauro, Aka 7even, Alessandra Amoroso, Alfa, Annalisa, Artie 5ive, Baby K, Benji &amp; Fede, Berna, Bigmama, Bnkr44, Boomdabash, Boro, Bresh, Capo Plaza, Carl Brave, Chiello, Cioffi, Clara, Coma_cose, Cristiano Malgioglio, Damante, Dani Faiv, Dargen D'amico, El Ma, Elodie, Emis Killa, Enula, Fabio Rovazzi, Federica Abbate, Fedez, Follya, Francesca Michielin, Francesco Gabbani, Fred De Palma, Gabry Ponte, Gaia, Gemelli Diversi, Ghali, Gheba, Gigi D’alessio, Il Tre, Lda, Leo Gassmann, Luchè, Ludwig, Mamacita, Michele Bravi, Mida, Mondo Marcio, Napoleone, Noemi, Olly, Orietta Berti, Paola Iezzi, Patty Pravo, Petit, Rhove, Rkomi, Rose Villain, Sal Da Vinci, Sangiovanni, Sarah Toscano, Sayf, Serena Brancale, Settembre, Shablo-Joshua- Tormento, Silent Bob, Slf, Sophie And The Giants, Tananai, The Kolors, Tropico, Venerus, Vidaloca e molti altri.

“Lo avevamo promesso a chi ci segue e stiamo lavorando con impegno affinché il tour di Radio 105, che lo scorso anno ci ha dato molte soddisfazioni, anche quest’anno diventi un appuntamento irrinunciabile della stagione estiva. Ci teniamo a essere mediatori dell’incontro tra i ragazzi e i loro artisti preferiti, mantenendo l’aspetto per noi fondamentale della gratuità”, ha commentato Paolo Salvaderi, Amministratore Delegato di RadioMediaset: “Quelli di 105 Summer Festival sono concerti multiartista che hanno la volontà di intercettare tutti i gusti musicali attraverso la proposta di artisti affermati insieme a giovanissimi che si stanno imponendo sulla scena musicale. Ringrazio i sindaci e le amministrazioni delle città che ci ospiteranno perché hanno creduto nel progetto mettendo a disposizione spazi molto suggestivi. Un grande ringraziamento agli importanti partner commerciali che hanno scelto di accompagnare il nostro viaggio dell’estate e alle case discografiche, i management degli artisti e gli operatori del mondo della musica con i quali collaboriamo sempre in modo proficuo”.

"Baia Domizia è pronta ad esplodere di musica e divertimento con il 105 Summer Festival! Siamo onorati che l'Arena dei Pini sia stata confermata anche per l’estate 2025 come location ufficiale della prima tappa, l’attesissimo evento darà il via a una stagione di concerti indimenticabili nella nostra location, ad un'estate di emozioni, di ritmi incancellabili e di momenti unici da vivere insieme”, ha dichiarato Guido Di Leone, Sindaco di Cellole (Baia Domizia): “Nella cornice della maestosa pineta dell’Arena dei Pini a due passi dal mare, l’atmosfera di festa e divertimento che caratterizza questo festival contribuirà a rendere la stagione estiva ancora più speciale per il litorale cellolese. Siamo pronti a vivere insieme l'estate più emozionante a Baia Domizia, tra musica, mare e divertimento".

“Siamo orgogliosi e felici di ospitare anche questa estate il 105 Summer Festival, con gli artisti più amati del momento”, ha dichiarato il Sindaco di Venezia Luigi Brugnaro: “Il concerto dell’anno scorso ha avuto un grande successo di pubblico e la buona riuscita della serata nella location ha fatto sì che per il secondo anno venga scelta Venezia come tappa del festival estivo atteso in tutta Italia. Parco San Giuliano è un luogo attrezzato per grandi manifestazioni come questa: un risultato reso possibile grazie ai lavori di ristrutturazione ed efficientamento del parco realizzati in questi anni, che permettono di accogliere in sicurezza momenti all'insegna della musica e della spensieratezza”.

“La Liguria, con Piazza della Vittoria a Genova, si conferma anche quest'anno una delle tappe del 105 Summer Festival dopo gli straordinari bagni di folla delle due edizioni precedenti”, ha fatto sapere Luca Lombardi, assessore Turismo e Marketing territoriale Regione Liguria: “Sia l'organizzazione del Festival che l'amministrazione regionale non hanno dubbi sul fatto che si tratti di una scelta vincente: la manifestazione infatti è un veicolo notevolissimo di promozione per tutto il nostro territorio. Anche quest'anno, vista la presenza sul palco di artisti amatissimi dal pubblico, l'evento sarà certamente un successo e la piazza esploderà in un tripudio di gioia all'insegna della bella musica. Vi aspettiamo tutti a Genova”.

“Genova, per il terzo anno consecutivo, è pronta ad accogliere il 105 Summer Festival. Ringrazio gli organizzatori per aver scelto anche quest’anno la nostra città per ospitare un evento di grandissimo richiamo che saluterà l’inizio dell’estate”, ha aggiunto Pietro Piciocchi, facente funzioni Sindaco di Genova: “Dopo lo straordinario successo delle scorse edizioni, in cui tantissimi giovani, e non solo, genovesi e da fuori regione, hanno assaporato live la formula del 105 Summer Festival, siamo certi che gli artisti sul palco di piazza della Vittoria regaleranno ancora tantissime emozioni al grande pubblico. Ringrazio tutti coloro che stanno lavorando da settimane e vi invito a partecipare tutti, il 20 giugno, a Genova a un evento che avrà la musica come grande protagonista e le straordinarie bellezze della nostra città come cornice”.

“Golfo Aranci è entusiasta di dare il benvenuto al 105 Summer Festival, un evento straordinario che rende il nostro comune il cuore pulsante dell’estate”, ha dichiarato Giuseppe Fasolino, Sindaco di Golfo Aranci: “Ospitare un appuntamento di questa portata, è per noi motivo di orgoglio e un’opportunità unica per mostrare la bellezza, l’accoglienza e lo spirito della nostra comunità. Il 105 Summer Festival non è solo musica, ma un momento di valorizzazione e promozione del territorio in una chiave moderna e vincente. I luoghi simbolo del nostro comune si animeranno con spettacoli di altissimo livello, attirando decine di migliaia di visitatori, e offrendo a tutti noi l’occasione di vivere un’esperienza indimenticabile. Il 27 giugno Golfo Aranci sarà teatro di un’esperienza unica e il nostro nome echeggerà nelle tv e nelle radio del network di 105. Invito già da ora tutti a partecipare con entusiasmo per vivere insieme una giornata unica. Che il 105 Summer Festival sia un’occasione per rafforzare il nostro senso di comunità e per mostrare al mondo il meglio di noi”.

“Uno spettacolo pop che si rivolge a tutte le fasce di persone e di turisti che hanno scelto Comacchio e il suo territorio per trascorrere le vacanze”, ha concluso Pierluigi Negri, Sindaco di Comacchio: “Un grande evento realizzato in collaborazione con un network radiofonico come 105 che viene seguito da milioni di ascoltatori. Il 105 Summer Festival, edizione 2025, sarà anche un evento di attrazione turistica per coloro che sono appassionati di musica e vogliono ascoltare le canzoni degli artisti italiani e stranieri di alto livello. Si tratta di un appuntamento che segnerà la nuova stagione estiva di Comacchio e sarà anche un modo per dare visibilità al nostro territorio che oltre alla spiaggia e al mare offre natura, cultura e possibilità di fare sport anche fuori dalla stagione balneare”.

La passata edizione di 105 Summer Festival - tenutasi tra Baia Domizia, Venezia, Genova e Massa - ha registrato 140.000 presenze, oltre 55 milioni di impressions su Facebook e Instagram, e 137 milioni di views su Tik Tok. Tutti i concerti in programma per la prossima estate verranno trasmessi in diretta su Radio 105, Radio 105 TV (canale 66 del digitale terrestre), app e vivranno live sui social di Radio 105. Ogni lunedì successivo alla tappa, inoltre, Mediaset Infinity proporrà il Best of del concerto del venerdì.

105 Summer Festival 2025, i dettagli

Cinque eventi gratuiti in tutta: ecco cast e date

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“Andiamo pazzi per tutto ciò che è inaspettato”
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Come, per esempio, <a href="https://www.rockol.it/news-750103/sanremo-2025-vince-olly">un podio composto da soli cantautori a Sanremo nel 2025</a>, anche se specchiare nella stretta attualità una linea che affonda le proprie radici in una storia nobile e (almeno per gli standard attuali) antica - quella scritta da Chris Blackwell a partire dai primissimi anni Sessanta - sarebbe perlomeno riduttivo. Federico Paolo Cirillo e Viola d’Acquarone - rispettivamente Label Director e Head of A&amp;R di Island Records Italy (nella foto) - si riferiscono, più che altro, a uno specifico approccio nel guidare una delle etichette di punta sul panorama musicale italiano in un momento molto eccitante e ricco di opportunità per la discografia italiana, dando una lettura tutto meno che convenzionale del panorama sul quale si sta affacciando il settore da qualche tempo a questa parte. Con uno sguardo rivolto al futuro non per scelta di campo o semplice vezzo, ma per assoluta necessità: ‘Se lavoriamo solo sull’oggi, cosa volete che possa riservarci il domani?’... 
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Lo scorso ottobre, così come <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-745697/universal-music-riorganizzazione-in-uk">per tutte le altre consorelle internazionali del gruppo</a>, anche Universal Music Group Italia ha dovuto <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-747300/universal-music-italia-cambiamenti-frontline-dopo-chiusura-capitol">riorganizzarsi alla luce della ristrutturazione di Capitol Records</a>. Come ha impattato questo processo su Island Records Italy a livello artistico, del team e di postura sul mercato?

Federico Cirillo: È stato tutto molto naturale. Questa è una grande azienda, e come tutte le grandi aziende c'è un momento in cui ci sono dei cambiamenti dovuti a mille motivazioni. Pur essendo divisi in etichette, qui ci conosciamo tutti: nella vecchia sede noi e Capitol eravamo dirimpettai; quindi, da gestire è stato tutto molto semplice. Dal punto di vista personale, sono arrivati Marco Fugazza e Alberto Conoci per il team marketing, Filippo Canepa nel team A&amp;R e Lisa Gottardo nel team promo. Se prima la squadra era bella, adesso è bellissima: ci abbiamo soltanto guadagnato. 
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E per quanto riguarda l’aspetto artistico?

FC: In teoria e in pratica, tutto il roster Capitol è finito sotto EMI. Poi, come normalmente succede in situazioni&nbsp;come questa, alcuni artisti hanno cambiato label. Abbiamo appena lanciato l’ultimo disco di Jovanotti e lavoreremo successivamente ai nuovi progetti di Emma (Marrone, ndr), Sally Cruz, Sacky e Sir Prodige. 
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E a livello di mercato? Questo cambiamento ha portato a un riposizionamento di Island Records?

Viola d'Acquarone: Credo che questo sia un processo iniziato già da circa un anno, con l’ingresso nel nostro team di Gabriele Minelli e Martina Ranellucci (del team A&amp;R, ndr), che si sono portati dietro - specialmente Gabriele - artisti coi quali abbiamo un rapporto professionale molto consolidato, e che hanno fatto crescere la nostra etichetta soprattutto sul fronte indie / alternative - che in precedenza non rappresentava, esattamente, il cuore delle attività di Island. Adesso, invece, lo sta diventando sempre più, con gli emergenti e non solo… 
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Island Records, in Italia, è sempre stata riconosciuta come una realtà leader per il mercato urban…

FC: Non abbiamo mai amato le etichette, perché quello che abbiamo sempre cercato di fare, qui, è lavorare sulle canzoni, a prescindere dal genere. In questo momento, una parte del mercato ha fatto emergere, in modo inequivocabile, la necessità di tornare a una forma canzone più “completa”, soprattutto dal punto di vista testuale. Questa tendenza è emersa con l’ultimo Sanremo, ma già da un paio d’anni ci stanno arrivando segnali abbastanza importanti, in questa direzione. Non che per noi, questo, implichi un cambio di approccio, perché Island - storicamente - anche sul versante urban ha avuto artisti che sono sempre stati anche grandi autori. Penso a Rkomi ed Ernia, che nel 2025 hanno degli album in uscita, e che sono delle penne giganti. Anzi, siamo ancora più stimolati a spingerci in altre direzioni, nello specifico da una parte l’r’n’b&nbsp;e il soul, quindi verso una forma di canzone fresca, che in Italia ha già delle radici ma, oggi, ha pochi spazi, e dall’altro l’indie / alternative, dove ci sono delle idee, degli interpreti e degli autori incredibili, che tuttavia non hanno ancora ricevuto l’attenzione che meritano… 
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Per il fronte indie si può parlare di un ritorno di fiamma?

FC: Non credo, almeno per quello che è stato l’indie pre-Covid: è, più che altro, l’inizio di una nuova ondata. I capostipiti, tipo Calcutta, resteranno intoccabili, perché hanno alle spalle una storia e un catalogo, oltre che a una forma di comunicazione e a una scrittura unica. Stiamo assistendo, tuttavia, all’inizio di qualcosa di nuovo. E questo non vale solo per l’indie, ma anche per la trap. Quando ho visto il concerto di Night Skinny al Forum di Assago ho individuato tra il pubblico due poli: la “generazione 2016” e quella nuova, che ha un modo diverso di rappare, di scrivere, e un nuovo slang. C’è una nuova generazione di rapper che all’attivo non ha ancora nemmeno un album, ma sulla quale c’è già un’aspettativa incredibile. Ecco perché non credo si tratti di un ritorno di fiamma, ma di un nuovo ciclo…

VdA: Se di ritorno si può parlare, è di ritorno alla canzone, e riguarda entrambi i generi. Il pubblico ha sempre di più l’esigenza di ritrovare immagini nei testi delle canzoni. La nostra è una società sempre più basata sulle immagini - si pensi ai social, o ai meme - e la musica non sfugge a questa regola: nel rap, per esempio, avere una punchline forte a livello visivo è sempre più importante. E in ambito cantautorale il discorso è lo stesso. I tempi, ovviamente, sono cambiati, e il cantautorato di adesso non è più quello di 15 anni fa: è qualcosa di diverso, che - per esempio - Brunori è bravissimo a fare. È una forza evocativa, concisa, che si trova sia nei cantautori che nei rapper di oggi. E che sta funzionando… 
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Questa attenzione nei confronti dei testi immagino faccia contenti anche i vostri colleghi delle edizioni…

FC: Sì e no. Lavoriamo moltissimo con i music publisher, sia nostri che esterni, e - personalmente - apprezzo tantissimo il lavoro che fanno. Il problema è che il battage che si è creato intorno all’ultimo Festival - mi riferisco in particolare a certi programmi televisivi e a certe testate che non hanno idea della filiera creativa che c’è dietro a una canzone - ha buttato un po’ di fango sul processo di scrittura. Prima di Sanremo 2025 c’è stata <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-749965/sanremo-2025-claudio-buja-universal-music-publishing-autori">una polemica sugli autori “ricorrenti”</a>, sui nomi che si ripetevano nei crediti delle opere in gara, che hanno creato un sorta di terrorismo psicologico nella scena artistica. Poi com’è andata, all’Ariston, lo sappiamo: sul podio sono arrivati tre cantautori - Olly, Lucio Corsi e Brunori. E allora si è creata una reazione inversa, con tanti artisti che hanno iniziato a pensare di scriversi da soli le canzoni. E questa non è una cosa positiva. Partiamo da un presupposto: la nostra non è una grande industria, e può starci che gli autori più rilevanti sulla piazza siano una ventina, e - di questi - una decina siano i migliori. Quindi non c’è nessun complotto massonico di poteri forti, dietro… 
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Un po’ lo stesso discorso fatto per <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-750109/marta-dona-chi-e-manager-vincitrice-sanremo-2025-olly-maneskin-mengoni">la quarta vittoria a Sanremo in cinque anni di Marta Donà</a>…

FC: Esatto. C’è questo vizio complottista di trovare sempre una forza occulta dietro a quello che succede, quando basterebbe attenersi ai fatti, e vedere il lavoro che c’è dietro a un progetto. Chi ha voluto fare del sensazionalismo non può non rendersi conto che autori come Federica Abbate, Davide Petrella o Paolo Antonacci, nel loro campo, siano dei numeri uno. Questa isteria che si è creata nel settore sta portando diversi artisti, che in realtà sono interpreti, a pensare di poter scriversi da soli le canzoni. E questo li porterà a sbattere la testa contro il muro.

VdA: Il problema, infatti, è che questa campagna non era rivolta direttamente agli autori, ma agli artisti - interpreti. Non c’è niente di male che un interprete si faccia scrivere i testi delle canzoni… 
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Lo spirito di Sanremo, almeno in origine, era questo: non a caso si chiama “Festival della Canzone Italiana”...

VdA: Infatti. Ognuno fa quello che sa fare meglio. Come in una qualsiasi azienda, tutti hanno il proprio ruolo. Non è scontato che un interprete abbia anche le qualità da autore, e viceversa. Se poi un interprete può contribuire alla scrittura, ben venga, ma l’essere cantautore non è, per come la vediamo, la precondizione indispensabile per essere considerati degli artisti. Quella di isolarsi e pensare di poter fare tutto da soli è un’illusione molto pericolosa. La musica dovrebbe essere uno specchio a doppio raggio: un artista la fa per sé stesso, e per il pubblico che lo ascolta. Se, anche per mancanza di confronto con i propri collaboratori, si riduce a farla solo per sé stesso, finisce per cantarsela e suonarsela da solo. Letteralmente.

FC: Attenzione, non è una difesa d’ufficio del sistema industria. Come dice Viola, la musica è una forma d’arte con un messaggio, che per essere recapitato deve beneficiare di una connessione tra chi lo genera e chi lo riceve. Se te ne stai da solo nella tua stanza e non c’è nessuna richiesta per il messaggio che stai trasmettendo resti solo. Confrontarsi con un produttore, un discografico e un editore significa condividere il messaggio di arrivare in maniera più forte ed efficace.

VdA: La musica nasce naturalmente come esperienza collettiva: quando riesce a essere condivisa non solo diventa più forte, ma riesce a “restare”, nel tempo. C’è poi questa falsa credenza che un artista sia meno sincero e onesto, se canta parole scritte da altri. La trovo una falsità molto pericolosa: da ascoltatrice, mi capita di ritrovarmi più nelle parole delle canzoni che in quelle che scriverei io. Credo sia capitato un po’ a tutti. E credo sia il motivo per cui facciamo questo lavoro… 
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C’è un profilo - magari anagrafico - di artista più resistente alla collaborazione con gli autori?

VdA: Dipende più che altro dalle fasi della carriera. Rispetto a quello che è successo negli ultimi mesi, ci è capitato che alcuni artisti - in determinati momenti della loro vita professionale - ci abbiano chiesto di non sottoporgli dei pezzi, e di lasciarli fare session di scrittura in autonomia. Ci sta, sia chiaro. È una cosa sana che si mettano alla prova anche come autori, ma - allo stesso tempo - è anche sano per noi, come etichetta, avere nel roster anche puri interpreti. 
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Dove li cercate, gli interpreti? Una volta si girava per locali…

VdA: Nei club oggi è difficile trovarli, almeno per quanto riguarda gli interpreti puri. E’ più facile cercare altrove: sui social, per esempio, oppure anche in TV, in ambiti anche inusuali. In questo senso, è molto utile tenere d’occhio artisti che non hanno necessariamente la velleità di diventare interpreti, ma che dimostrano di avere grandi capacità espressive e di comunicazione. Alla fine, per un interprete, l’espressività è la prima qualità: il loro compito è innanzitutto quello di condividere un brano con il pubblico, e farlo diventare grande usando la loro persona come megafono. 
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In questo lavoro di ricerca e sviluppo, quando è importante <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-747624/universal-music-italia-ecco-i-nuovi-uffici-a-milano">avere a disposizione degli studi nel vostro quartier generale</a>?

VdA: È stata una svolta, ma non solo per quello. Per tutto, Sanremo compreso. Avere una struttura del genere in house ci aiuta a stare più vicini agli artisti, che è la parte allo stesso tempo più intensa e più divertente del nostro lavoro. 
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Sempre a proposito di interpreti: Federico, tu non hai mai nascosto la tua ammirazione per Alex Baroni, che ha iniziato la sua carriera proprio come interprete, portando nei locali i repertori dei grandi del soul e del blues…

FC: In quel senso, lo considero un capostipite. Ammiro tanti altri artisti che hanno portato al pubblico un certo tipo di sound - penso ai Sottotono, a Tiziano Ferro, a Giorgia, che però hanno avuto un’esposizione mainstream molto più grande rispetto a quella che ha avuto lui. Ripeto, c’è un seme in Italia perché una scena soul / r’n’b nazionale possa prosperare: penso a Pino Daniele, che è stato uno dei primi a contaminare la propria musica con certe sonorità e a conoscere il successo in tutto il Paese. Credo che da parte delle nuove generazioni ci sia una richiesta in questo senso, e credo anche che il momento sia buono per accogliere questo tipo di richiesta e portare l’offerta a un livello superiore. Per riuscirci ci vorrà non solo tempo, ma anche impegno da parte di tutto il nostro settore, dalle etichette alle piattaforme, passando per la stampa specializzata. Come ci ha insegnato l’esplosione della trap, il processo - tuttavia - deve essere naturale, non forzato. Proprio perché, appunto, nasce da un’esigenza dal basso…

VdA: …e non solo da parte del pubblico, ma anche degli artisti stessi. Mi è capitato di parlare più volte con rapper e trapper, e avvertire, nelle loro parole, la necessità di una ricerca più profonda su sound, produzioni e arrangiamenti. 
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Cosa caratterizzerà l’attività di Island Records per i prossimi 12 mesi?

FC e VdA: Degli album veramente belli.

FC: Lo so, è una cosa che si dice sempre. Ma i dischi che abbiamo in uscita sono belli. E io spero che funzionino: lo dico proprio per un senso di giustizia musicale, perché stiamo parlando di musica veramente di alta qualità sotto tutti i punti di vista - testi, arrangiamenti, produzione: tutto. Scritta e registrata da artisti di cuore, nel vero senso della parola. E poi lavoreremo tanto anche sui giovani…

VdA: Stiamo lavorando molto sia sullo scouting che sui nuovi contratti. Nell’ultimo anno abbiamo fatto un grande lavoro di ridefinizione del roster per dare spazio a voci nuove. E in quelle che prendiamo a bordo crediamo moltissimo, e ci lavoriamo di conseguenza: anche quando si tratta di artisti nelle primissime fasi della loro carriera, ci impegniamo per&nbsp;costruire intorno ai loro progetti un bel percepito, che gli permetta di affermarsi e di portare avanti con noi una visione condivisa. Non abbiamo l’abitudine di far firmare contratti con leggerezza, selezioniamo moltissimo le persone con le quali vogliamo lavorare… 
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L’esatto opposto di quella che una volta veniva chiamata, in ambito discografico, “pesca a strascico”. Tipo “facciamo due o tre singoli, e poi vediamo come va…”

FC: Siamo molto contrari: esserlo è nel DNA della nostra label. La contrastiamo in tutti i modi, la pesca a strascico. In questo senso, credo che oggi la nostra industria sia ancora un po’ indietro su questo fronte. La pesca a strascico è figlia di una forma mentis superata, perché basata su quello che è già successo, con pochissimo spazio per quello che deve ancora succedere. Se lavoriamo solo sul presente, cosa volete che possa riservarci, il futuro? Sicuramente niente di inaspettato. E a noi andiamo pazzi per tutto ciò che è inaspettato. Amiamo l’inaspettato perché rinnovarsi è fondamentale: dedicarsi solo agli artisti big ti impedisce di lavorare bene sugli artisti emergenti. Che, se trascurati, non riescono a crescere e di conseguenza a esplodere. È una cosa che fa male a tutti, soprattutto agli artisti… 
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Eppure c’è ancora chi strategie del genere le adotta…

FC: Non sono in grado di giudicare non conoscendo realtà diverse dalla nostra. Non ci piace lavorare sulle cose che stanno già succedendo ma preferiamo concretizzare la nostra creatività su progetti nuovi. Che è quello che chiede insistentemente il mercato discografico. Come diceva Thích Nhất Hạnh [monaco buddhista, poeta e attivista per la pace vietnamita scomparso nel 2022, ndr] a un bicchiere già pieno non c’è niente da aggiungere: devi prima svuotarlo, se vuoi aggiungere qualcosa. È questo il nostro DNA… 
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Prima hai citato Chris Blackwell, uno che nel suo roster ha visto passare di tutto, da Bob Marley agli U2…

FC: …ai Traffic. Di ogni. Lui ha preso artisti nei quali credeva e li spingeva sul mercato più grande del mondo, quello nord-americano. All’epoca uno poteva pensare: accidenti, come ci riesce? Gli manca tutto il pop, la musica per le masse: come va a stare in piedi? Semplice: lui prendeva artisti nei quali credeva e li faceva diventare pop, li faceva - spingendoli - piacere alle masse. Mi fa impazzire, tutte le volte che ci penso… 
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Sempre in tema di pop e di masse, sei stato molto critico con il Comune di Sanremo…

FC: Certo. Come tutti sappiamo il Festival è oggetto di <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751256/il-sempre-piu-ingarbugliato-futuro-del-festival-di-sanremo">importanti cambiamenti</a>. Enzo Mazza e la FIMI stanno cercando di proporre soluzioni fattibili e percorribili a beneficio di tutta la nostra industria discografica.

Island Records Italy è pronta all’inizio di una nuova era

'È il momento giusto per portare il livello dell'offerta musicale a un livello superiore'. Ecco come

NUOVOIMAIE ha reso disponibile il video racconto dell’edizione 2025 del Concerto del Primo Maggio di Roma, tornato per la Festa dei Lavoratori di quest’anno nella sua sede storica di Piazza San Giovanni, nella Capitale. “E’ stato un Concerto del Primo Maggio ricco di incontri con gli artisti con cui ci siamo divertiti anche a sondare, con la loro complicità, la conoscenza del diritto connesso”, ha commentato la collecting: “Live social, foto, battute hanno animato lo Spazio NUOVO IMAIE nel backstage allestito in Piazza San Giovanni in Laterano a Roma”.

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Il video reportage e le riprese sono state curate da Angelo Croce.

Sempre nell’ambito del Concerto del Primo Maggio 2025 NUOVOIMAIE ha sostenuto - insieme a SIAE - il concorso 1MNext, contest dedicato agli emergenti legato al Concertone che quest’anno ha <a href="https://www.rockol.it/news-751592/concerto-del-primo-maggio-2025-1mnext-vince-diniche">premiato la cantautrice Diniche</a>: la collecting ha assegnato all’artista 10mila euro da impiegare per la realizzazione di un tour, i cui dettagli saranno resi noti prossimamente.

NUOVOIMAIE, online il video report del Concertone 2025

La clip riassuntiva dell’ultimo Concerto del Primo Maggio di Roma

Nell’aprile 2024 <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-743733/spotify-in-arrivo-le-playlist-create-con-l-ai">Spotify ha lanciato la versione beta della sua funzione “AI Playlist”</a>, permettendo di creare playlist al volo in risposta ai prompt testuali degli ascoltatori. Dopo averla estesa a qualche altro Paese a settembre, oggi la sta distribuendo in più di 40 altri Paesi in Europa, Africa, Asia e Caraibi. Resta comunque in versione beta: “Stiamo ancora imparando attivamente e perfezionando con ogni interazione”, ha osservato Spotify in un suo recente annuncio.

Il tempismo suggerisce un confronto con YouTube Music, che a sua volta ha annunciato molto recentemente una funzione piuttosto simile, battezzata “Ask Music” e presentata come una “stazione radio personalizzata” piuttosto che una playlist. L’idea però è la stessa: digitare un prompt testuale per descrivere il tipo di musica che si desidera ascoltare. È disponibile in alcuni Paesi selezionati per gli abbonati anglofoni a YouTube Music e YouTube Premium, come parte dei festeggiamenti per i 20 anni di YouTube. Quali sono le differenze strategiche tra le due mosse? Entrambe, dopo tutto, stanno introducendo AI prompt per generare musica su richiesta.&nbsp;

Per Spotify la logica di fondo è quella di rafforzare il core&nbsp;del proprio prodotto: la playlist. Per Spotify l’AI genera playlist statiche (modificabili, salvabili) con cui la piattaforma svedese punta a rafforzare un'esperienza playlist-driven. L’approccio è funzionale all’ecosistema Spotify, dove la creazione e la scoperta di playlist rappresentano un elemento centrale dell’esperienza utente e una leva strategica per aumentare il tempo di ascolto e la fidelizzazione: due aspetti che non solo impattano sul modello di business del DSP, ma orientano parti del modello di ripartizione delle royalties da streaming che, invece, impattano anche sul resto della filiera dell’industria musicale. E che sono soggetti ai vari dibattiti aperti sui concetti di artist first e streaming 2.0. Spotify, insomma, presenta l’AI Playlist come un’estensione naturale del suo focus sull’esperienza personalizzata, e punta alla massima integrazione con la libreria, i gusti e l'interfaccia dell'utente.

YouTube Music ha risposto mesi dopo: anche con la funzione Ask Music&nbsp;l’utente interagisce tramite prompt testuale, ma il risultato non è una playlist bensì una “stazione radio personalizzata”, ovvero uno stream dinamico. L’annuncio è arrivato in concomitanza con il 20º anniversario di YouTube, e quindi la mossa sembra avere anche un significato simbolico e promozionale, più che essere il cuore di una trasformazione funzionale dell’esperienza d’ascolto (al momento, Ask Music&nbsp;è disponibile solo per utenti anglofoni Premium in alcuni paesi selezionati). Se l’AI crea una “radio personalizzata” dinamica, allora il focus è su stream continuo in stile broadcast. YouTube sembra cercare di capitalizzare il formato “radio”, più vicino a come gli utenti già consumano contenuti video/audio su YouTube).

Dal punto di vista del rollout, Spotify ha adottato un approccio scalabile e orientato alla continuità del prodotto, mentre YouTube Music si è mossa con una logica più “event-based”, come test circoscritto a un’occasione celebrativa. Le due aziende si posizionano quindi diversamente anche sul fronte della tecnologia: Spotify integra l’AI nella propria esperienza quotidiana come strumento per affinare la personalizzazione e rafforzare il legame con l’utente, YouTube invece la presenta come un plus sperimentale legato alla varietà dell’offerta Premium. Come a dire che se per Spotify un rilascio progressivo (prima paesi anglofoni, ora altri 40; Beta aperta in espansione) suggerisce un orientamento alla scalabilità globale, per YouTube Ask Music oggi si presenta più come una prova di concetto interna al prodotto.

Infine, sul piano degli obiettivi impliciti, Spotify punta chiaramente ad ampliare il valore percepito del proprio sistema di raccomandazione, del quale desidera mantenere la leadership globale differenziandosi da altri servizi di streaming audio, e potenzialmente a consolidare la sua base di utenti paganti. YouTube Music invece sembra voler aumentare l’attrattiva della sua offerta all’interno dell’universo Premium, cercando di colmare il divario percepito con competitor più radicati nel campo musicale. Aumentare il valore percepito del pacchetto Premium posizionandosi sull’onda dell’AI potrebbe contribuire a ridurre il gap di percezione tra YouTube Music e i competitor audio-first

Pertanto, in sintesi, se Spotify tratta l’intelligenza artificiale come un’estensione naturale del suo prodotto principale, YouTube Music la introduce come elemento di valore aggiunto e posizionamento, più vicino a una dimostrazione di capacità tecnologica che a un cambiamento di paradigma.

Playlist vs radio personalizzate, Spotify vs YouTube

Due piattaforme e due strategie a confronto in tema di AI

Il celeberrimo marchio che a partire dal 1973, al 315 di Bowery Street, Manhattan, ha fatto da incubatore alla scena punk rock / new wave newyorchese, rivivrà per un giorno il prossimo 27 settembre, quando il CBGB Fest (organizzato dalla controllata di AEG Live The Bowery Presents) aprirà i battenti presso lo spazio pubblico El Space sotto il Kosciuszko Bridge. L’evento, al quale sono stati confermati come headliner Jack White, Sex Pistols e Iggy Pop, include nel proprio cast anche Damned, Johnny Marr, Lunachicks, Marky Ramone, Angel Du$t, Cro-Mags, Destroy Boys, Gorilla Biscuits, Lambrini Girls, The Linda Lindas, Melvins, Murphy’s Law, Scowl, Teen Mortgage, Lip Critic, Pinkshift, Soul Glo e YHWH Nailgun. I biglietti saranno messi in vendita a partire dal prossimo venerdì, 16 maggio: tariffe agevolate sono previste per under 25 e residenti.

Quello del prossimo 27 settembre non sarà il primo tentativo di rievocare una delle venue più iconiche della storia del rock, <a href="https://www.rockol.it/news-82095/con-un-concerto-di-patti-smith-ha-chiuso-per-sempre-il-cbgb-s">chiusa per sempre nel 2006</a>: già nel 2012 - e, successivamente, anche nel 2013 e nel 2014 - la sigla venne utilizzata per promuovere eventi dal vivo all’aperto. Il marchio CBGB venne ceduto dai familiari del fondatore del locale Hilly Kristal dopo la sua morte, avvenuta nel 2007, a una cordata di investitori raggruppata sotto la sigla CBGB Holdings LLC: la società - il cui modello di business era fondato sullo sfruttamento dei diritti di immagine tramite la vendita di memorabilia e merchandising legati al locale, nel 2010 <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-144378/cbgb-sull-orlo-del-fallimento-la-societa-che-ha-acquistato-il-marchio">presentò domanda di fallimento in tribunale</a> dopo aver accumulato debiti per diversi milioni di dollari.

New York, a settembre ‘risorge’ il CBGB

Sotto forma di festival, con headliner Jack White, Sex Pistols e Iggy Pop

Universal Music Group ha annunciato la nomina di Matt Ellis a Chief Financial Officer: il dirigente, il cui incarico sarà effettivo a partire dal prossimo 9 giugno, opererà nel quartier generale di Santa Monica, Los Angeles, e riporterà al Presidente e CEO Lucian Grainge.

Ellis succede a Boyd Muir, promosso al ruolo di Chief Operating Officer di UMG nell'ottobre 2024. Muir ha ricoperto la carica di Vicepresidente esecutivo, CFO e Presidente delle operazioni di UMG dal 2010 e ha continuato a ricoprire la carica di CFO durante la ricerca del suo successore.

"Mentre l'evoluzione di UMG continua e l'espansione della definizione stessa di azienda di intrattenimento musicale, volevamo trovare il dirigente giusto che portasse con sé una visione globale del mondo e una profonda competenza finanziaria in una vasta gamma di settori, tra cui media, tecnologia e beni di consumo. Matt è quel dirigente", ha dichiarato Grainge: “Con Matt al suo posto, Boyd potrà accelerare i suoi sforzi per realizzare una serie di iniziative di crescita strategica, oltre a supportarmi nella gestione quotidiana di molte delle nostre funzioni aziendali e divisionali globali".

“Lucian e il team dirigenziale hanno costruito un'azienda di livello mondiale che non è solo leader di mercato, ma guida anche l'evoluzione del settore”, ha fatto sapere Ellis: “Sono incredibilmente entusiasta di unirmi a UMG in questo momento e di aiutare il team a raggiungere gli ambiziosi obiettivi commerciali e finanziari che hanno delineato".

"Matt porta con sé non solo una straordinaria esperienza come CFO, ma anche una profonda conoscenza delle aziende globali in settori dinamici e in transizione”, ha concluso Muir: “Sono lieto di dare il benvenuto a Matt nel nostro team e non vedo l'ora di collaborare con lui per posizionare UMG verso una crescita continua".

Considerato un “dirigente di grande abilità con una comprovata esperienza nella collaborazione tra diverse aziende per l'attuazione di strategie volte a generare crescita del fatturato e redditività”, Ellis è stato Vicepresidente Esecutivo e CFO presso Verizon Communications, dove ha “definito un quadro di allocazione del capitale per gestire un portafoglio di debito di oltre 100 miliardi di dollari, una spesa in conto capitale annua di circa 17 miliardi di dollari e un dividendo di 11 miliardi di dollari”, guidando investimenti per oltre 50 miliardi di dollari e supervisionando “acquisizioni e cessioni per realizzare la strategia aziendale”.

Universal Music, Matt Ellis nuovo CFO

L’incarico sarà effettivo a partire dal 9 giugno prossimo

Ciao 2001, storica testata musicale fondata nel 1968 e tornata in attività nel 2023 dopo oltre 25 anni di assenza dalle edicole, ha cessato le pubblicazioni: a darne notizia, con una mail inviata agli abbonati, è stato l’ufficio abbonamenti di Sprea Edizioni, gruppo che aveva rilevato il marchio ormai due anni fa. La sospensione riguarda sia la versione cartacea che quella digitale del magazine.

Gli abbonati potranno trasferire il proprio credito residuo sulle altre testate musicale edite dalla società - Classic Rock, Buscadero, Prog - o su qualsiasi altra pubblicazione del gruppo: in alternativa, sarà possibile richiedere o un buono utilizzabile sul sito di Sprea o il rimborso del residuo dell’abbonamento.

Ciao 2001 <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-740985/ciao-2001-torna-edicola-bimestrale-maurizio-becker-renato-marengo">era stato rilanciato nel dicembre del 2023 da Sprea</a>, con le firme storiche dalla testata Renato Marengo e Maurizio Becker nelle vesti di curatori. Come spiegato dallo stesso Becker in <a href="https://www.rockol.it/news-741217/il-ritorno-in-edicola-di-ciao-2001-intervista-maurizio-becker-video">un’intervista concessa al direttore di Rockol Franco Zanetti</a>, il ritorno in attività nacque da un’idea di Francesco Coniglio, che poco prima della sua scomparsa - il 6 luglio del 2023 - insieme allo stesso Becker e Marengo iniziò a lavorare su un omaggio alla testata, sfociato poi nel ritorno nelle edicole - grazie anche a Luca Sprea e ad Alessandro Agnoli, quest’ultimo ad di Sprea Editori. Inizialmente annunciato come bimestrale, il “nuovo” Ciao 2001 è stato pubblicato con cadenza mensile fino al numero 9, l’ultimo disponibile nelle edicole.

Ciao 2001 cessa le pubblicazioni

La testata era tornata attiva nel 2023 per Sprea Editori

I Paesi partecipanti all’Eurovision Song Contest 2025 rappresentano complessivamente circa un terzo del mercato discografico globale, che nel 2024 ha raggiunto un valore di 29,6 miliardi di dollari secondo i dati IFPI - International Federation of the Phonographic Industry, entità che rappresenta a livello globale l’industria discografica. Tra i Paesi in gara, l’Italia si posiziona come il quinto mercato discografico più rilevante, rafforzando ulteriormente - come osservato in una nota da FIMI - Federazione Industria Musicale Italiana - il proprio ruolo centrale nell’industria musicale internazionale.

Nei giorni scorsi Spotify <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751761/eurovision-song-contest-2025-gli-ascolti-pre-gara-su-spotify">ha diffuso i dati dei brani in gara più ascoltati a livello globale e nazionale</a>, relativi al periodo dal 1° aprile al 4 maggio 2025. A guidare la classifica globale c’è “Bara Bada Bastu” del gruppo svedese Kaj, seguita da “Volevo essere un duro” di Lucio Corsi, che si conferma anche il brano più ascoltato in Italia e il più apprezzato in Germania e nel Regno Unito. Nelle prime posizioni della chart dei concorrenti più ascoltati in Italia svetta “Tutta l’Italia” di Gabry Ponte (San Marino), seguita da “Espresso Macchiato” di Tommy Cash (Estonia).

“La presenza dell’Italia tra i mercati leader a livello globale e il successo del repertorio italiano anche nel contesto competitivo dell’Eurovision evidenziano la forza creativa della nostra industria musicale e sono risultati tangibili degli investimenti costanti delle case discografiche nel talento locale”, ha commentato Enzo Mazza, CEO FIMI: “Si tratta di un patrimonio culturale che si traduce in risultati concreti, sia in termini di ascolti che di rilevanza internazionale”.