Corto ma non troppo Un tempo erano 15 secondi. Poi diventarono 60, restando così per parecchio tempo. Infine – lo scorso luglio – si passò a tre minuti. Ed ora la prossima lunghezza dei video caricati su TikTok rischia di metterne a rischio la classificazione originaria di “Short Videos Platform”. Già, perché una squadra assemblata ad hoc nel quartier generale della piattaforma cinese starebbe testando da mesi una nuova durata massima dei suoi contenuti compresa tra i cinque e i dieci minuti. YouTube L’industria si interroga su quando potrebbe avvenire lo switch, dopo che Wired ormai una decina di giorni fa aveva anticipato la possibilità che la app di ByteDance potesse a breve abbattere l’ultima barriera formale che ne distingue il posizionamento da quello di YouTube. Già, YouTube, originariamente nemmeno considerata una concorrente tanto era diversa la proposizione cinese rispetto a quella americana: non era solo breve il contenuto principe della sua app, ma era anche mobile first in modo nativo e funzionante con un sistema di scrolling tra un contenuto e quello successivo di una semplicità disarmante. Poi però, ironia del tempo che passa e dell’asticella che si alza sempre più in alto in nome della crescita, la strategia che ha condotto finora TikTok sulla vetta delle preferenze degli inserzionisti del pianeta adesso pare richiedere aggiornamenti e cambi di marcia. Agli inserzionisti, infatti, oltre che la quantità smisurata di contenuti e di spettatori che TikTok non fatica a garantire, occorre un’altra caratteristica che coincide proprio con il punto debole della piattaforma: un livello di attenzione elevato. Perciò se TikTok riuscisse a fare provare al proprio seguito di giovani tra i 16 e i 24 anni (pari al 56% della sua audience attuale) l’ebrezza del video lungo, potrebbe involontariamente centrare anche un obiettivo sociale (quello di espanderne la soglia di attenzione e la capacità di concentrazione). Tutti contro tutti? Alzando la testa dalla cronaca recentissima, sembra che tre giganti della tecnologia stiano inscenando un tutti contro tutti. Mentre i concorrenti di TikTok – spiazzati dal suo modello – ne stanno rincorrendo l’originaria formula short con un paio d’anni di ritardo (forse due anni di troppo?), TikTok ne sta invece diluendo gli effetti e, in modo coerente con un percorso che pochi mesi fa ne aveva visto lo sbarco sul grande schermo, emula a sua volta YouTube. E dunque: Meta Platforms contro ByteDance contro Alphabet. E forse non ci si ferma qui perché, nel danneggiare l’ex non-concorrente YouTube, il gruppo cinese potrebbe indirettamente estendere la contesa ad un’altra protagonista del big tech, cioè Amazon. Perché se la piattaforma di Google prolifera dominando “per definizione” il SEO, la crescita di TikTok dovrà passare soprattutto dall’intelligenza artificiale, dalla ricerca vocale e dagli smart speakers. Un lento cambio di paradigma che parrebbe fare rotta verso la specialità di casa Bezos. Follow the money Come suggeriva Gola Profonda nello scandalo Watergate… seguire i soldi. I video più lunghi significano maggiori ricavi e CPM superiori, mentre fino ad oggi i video più brevi hanno significato un target più giovane. Due pregi, agli occhi degli inserzionisti, che nella fattispecie potrebbero non viaggiare nella stessa direzione. Ma parliamo di una valanga di denaro. TikTok nel 2021 ha generato 4 miliardi di ricavi e ha dichiarato di volerli triplicare quest’anno. Ed una delle leve che intende utilizzare per centrare l’obiettivo dei 12 miliardi di raccolta è la realtà virtuale: ciò potrà avvenire grazie alla partnership appena annunciata da ByteDance con Qualcomm per produrre chip dedicati a dispositivi di tipo VR. Una mossa che segue l’acquisto finalizzato lo scorso anno di Pico Interactive, società cinese produttrice di cuffie per la realtà virtuale. La terza produttrice al mondo, per l’esattezza, cresciuta del 45% nell’ultimo anno. (Qual è la prima? Meta Platforms, casa madre di Instagram, la app di Reels).