Per noi italiani, il paragone più semplice con Eurovision Song Contest è quello con Il festival di Sanremo: un grande evento musical-televisivo, con grande attenzione dei media. È, per molti versi, sbagliato: sono due macchine che hanno a che fare sì con la TV e la musica, ma profondamente diverse. Un buon parametro per capire affinità e differenze è il rito delle conferenze stampa e, in generale, il meccanismo della comunicazione di Eurovisio. Chi segue il Festival sa che quanto sono centrali le conferenze dell’organizzazione: all'ora di pranzo, il giorno dopo, con i presentatori, direttori artistici e media si incontrano e si scontrano, un momento in cui si determina una parte del racconto sull’evento. Lo spettacolo nello spettacolo La comunicazione di Eurovision è molto diversa: è una sorta di spettacolo nello spettacolo. Le conferenze stampa si svolgono in una sala contigua al press centre - nel caso di Torino un tendone di fianco al Palolimpico, in cui ci sono tavoloni liberi per i giornalisti e non posti pre-assegnati, per favorire la socializzazione tra i vari paesi, che tendono comunque a raggrupparsi per nazioni. In sala stampa ci sono 550 posti, la sala delle conferenze è di fatto un set con poco più di 300 posti. Ci sono poi un migliaio di accreditati sulla piattaforma on line su cui si può vedere tutto in diretta, anche le prove (con un watermark “Proibite to film the screen"): un sistema sperimentato l’anno scorso con la presenza diretta e confermato quest’anno. Le conferenze sono fissate con largo anticipo, con dei format precisi: il question time, il meet & greet, la press conference vera e propria. Quelle dell’organizzazione sono molto rare - in settimana ce n’è stata una sola di dei due organizzatori, Rai e EBU, legata a Junior Eurovision Song Contest: qua a nessuno interessa discutere degli ascolti o di cosa è successo la sera prima. Le conferenze, in generale sono più spettacolarizzate: sono praticamente dei talk-show. C’è un host che modera le domande dalla sala e da remoto, alternadole in maniera rigorosa. L'approccio alla conduzione è più da presentatore che da giornalista, con un occhio rivolto allo piattaforme dove vengono trasmesse e archiviate (anche sul sito della Rai, che le rende pure disponibili su RaiPlay). A Sanremo, qualche anno fa, venne sperimentata una cosa del genere: una giornalista del TG1 che moderava per dare ritmo alla conferenza, trasmessa su RaiPlay - in sala stampa ci fu una mezza rivolta da parte dei giornalsti e si tornò al formato classico della conferenza moderata dall’ufficio stampa dell'azienda. La comunicazione degli artisti Gli artisti in gara fanno ovviamente attività media fuori dalla sala stampa - compresi gli italiani Mahmood e Blanco, che in settimana hanno fatto uno serie di round table su zoom con i giornalisti italiani. Con gli artisti delle altre nazioni, le interviste si possono chiedere direttamente sulla piattaforma o su un app, contattando gli uffici stampa. Ogni tanto, e senza preavviso, gli artisti si presentano in sala stampa: interviste improvvisate (senza particolari problemi di assalto all'artista stesso: si attende il proprio turno e si fa una foto o due battute). Ma il tempo ufficiale in sala stampa per gli artisti è rigorosamente uguale per ogni nazione, per dare a tutti la stesse opportunità. La settimana scorsa, prima dello show, ogni artista ha fatto prima un “meet & greet” informale e poi una conferenza più formale, in coincidenza con le prove - tutto trasmesso in streaming. Durante la settimana ci sono due conferenze con i 10 artisti che hanno superato le le semifinali: una domanda a testa e lo spettacolo del sorteggio della posizione nella scaletta in finale (prima metà o seconda metà, più favorevole perché a più ridosso del televoto). Per dare pari opportunità anche ai “big 5”, i cinque paesi che vanno direttamente alla finale, ieri (venerdì) ne era prevista una con Italia, Spagna, Inghilterra, Francia e Germania. Uno dei 5 paesi si è tirato indietro ( Inghilterra o Spagna? Voci divergenti…), ma la regola era: o tutti e 5 o nessuno. Conferenza stampa quindi annullata. C’è poi la conferenza stampa del vincitore, il sabato notte: alla sala delle conferenze accedono di diritto i giornalisti della nazione che ha vinto, ma il posto non è garantito a tutti i presenti in sala stampa: gli altri lo guardano sugli stessi monitor su cui vedono lo spettacolo - quest'anno comunque c'è stato spazio per tutti, senza problemi. Quella dell’anno scorso fu uno show dei Maneskin, ma anche il momento in cui nacque il presunto (e falso) scandalo della droga. Quella di quest'anno si è svolta con un po' di ritardo, si è parlato molto di cosa succederà ora alla Kalush Orchestra - e c'è la tradizionale consegna alla delegazione vincitrice delle istruzioni per organizzare la manifestazione l'anno prossimo. Trattandosi dell'Ucraina, il gesto d Martin Österdahl, supervisore esecutivo dell'Eurovision Song Contest, è stato molto forte e simbolico. Lo show di Laura Pausini, lupi gialli in sala stampa Un buon esempio di tuttto questo è la seconda conferenza dei presentatori, che si è svolta venerdì, il giorno prima della finale. Era solo la seconda volta durante la settiimana che Mika, Laura Pausini e Alessandro Cattelan si presentavano ai giornalisti, questa volta con un un “Question time” con dichiarazioni di rito (“non è il nostro show, è quello dei concorrenti, noi con le nostre performance volevamo solo dare un messaggio”, ripetono), photo opportunity e spettacolo. Qualche approccio alla notizia: in giornalista israeliano ha prova a creare il caso con una domanda sul comportamento loro cantante Michael che ha baciato Cattelan dopo la sua performance, ma tutto viene subito archiviato dai tre con “No big deal” . Poco dopo inizia lo show Laura Pausini, che nota il cappellino del giornalista svedese con la scritta “Boy” - lo invita sul palco e ricrea “When will I be famous” dei Bros, pop band inglese degli anni ’80 che ne usavano uno simile. Il giornalista partecipa al siperietto, ma poi fa la domanda dicendo "Sono uno dei pochi giornalisti seri qua dentro... come vi state preparando allo show di domani sera e pensate alla disastrosa finale del '91"? I conduttori rispondono, tra il serio il faceto, tra una battuta sui segni astrologici, e su come è stato preparato tutto. Alla fine della conferenza stampa, in stile sanremese, arriva il sindaco di Torino a raccontare la “crazy atmosphere” della città. Il tempo di tornare in sala stampa, e appaiono i due lupi gialli norvegesi, i Subwoolfer: foto e selfie, e interviste: improvvisate, gestite dal loro "traduttore": loro si esprimono a gesti. Tutti contenti, con qualcosa da postare: i Subwoolfer tra gli artisti simbolo di questa edizione, una di quelle proposte fatte per un contesto come questo, sia per il palco, sia per ciò che gli gira attorno Insomma a Eurovision anche la comunicazione è spettacolo: non tanto l’occasione per cercare notizie o o far partire polemiche (succede anche qui, ovviamente, come abbiamo visto l'anno scorso con i Maneskin o quest'anno con la domanda su Israele). Quanto un momento per i media per incontrare e vedere da vicino i protagonisti - artisti, conduttori. E magari anche lupi gialli norvegesi.