“Le majors stanno cercando di esercitare pressione sui servizi di streaming musicale per pagare agli artisti DIY royalties più basse di quelle ricevute da superstar affermate”. Così Denis Ladegaillerie, co-fondatore e CEO di Believe, in un’interessante intervista rilasciata a MBW. Il suo ragionamento è il seguente: “La ragione per cui le grandi etichette discografiche spingono in questa direzione è perché negli ultimi cinque anni hanno continuato a perdere quote di mercato a causa del volume di pubblicazioni provenienti dal comparto DIY. E dunque cercano di riguadagnare quelle quote perdute incrementando il valore (delle royalties), ma non credo sia il modo giusto”. Il CEO di Believe si riferisce a quello che viene anche definito come il comparto "artist direct", che il gruppo francese quotato alla borsa di Parigi conosce bene, non solo per la propria matrice di distributore digitale leader, ma soprattutto in quanto proprietario di un servizio come TuneCore. Ladegaillerie continua: “La mia visione è che gli artisti emergenti dovrebbero ricevere esattamente lo stesso tasso di royalties di qualsiasi altro artista presente sulle piattaforme di streaming. So che se sei un grande artista, il tuo punto sarà: ‘Ma io sto contribuendo ad incrementare il numero di abbonati ai servizi.’ Giustissimo. Però come artista stai già estraendo valore da quella relazione, perchè spesso quando i DSP usano la tua immagine e popolarità acquistano spazi promozionali in affissione e campagne di digital marketing che contribuiscono in maniera significativa al tuo stesso marketing da artista. Il che abbassa i tuoi costi di marketing e, alla fine, aumenta le tue royalties. Quindi se sei un artista al vertice dell’industria, stai già ricevendo più valore dai servizi rispetto a quanto riceve un emergente con meno followers e streams". Il CEO di Believe è ben conscio del fatto che le majors stanno ovviando alla perdita delle quote di mercato dovuta alle più numerose pubblicazioni di tipo DIY con l'aiuto di servizi proprietari orientati al mondo indie - ADA per Warner, The Orchard per Sony sono un paio di esempi. Ma resta adamantino nella sua visione di come starebbero andando le cose con i DSP: “Quando parlo con la maggior parte di essi, chiedo loro: ‘Sulla vostra piattaforma ricevete più fake streams attraverso TuneCore che dalle major?’ Mi viene risposto di no. ‘Abbiamo casi di violazione di copyright superiori rispetto alle major ?’ Anche qui mi viene risposto di no. 'Quindi ci sono costi operativi che giustificano un trattamento diverso per le royalties per gli artisti DIY'? No.”