Il concetto di Long Tail – Coda Lunga fu affermato nel 2004 dal giornalista e saggista Chris Anderson, ex redattore dell’“Economist” e al tempo deus ex machina di Wired, rivista su cui comparve l’articolo che diede forma e popolarità al concetto e alla teoria. Anderson concepì l’idea di coda lunga nell’ambito dei cambiamenti che la rivoluzione digitale determinava nel sistema economico e, in particolare, i suoi presupposti di base derivavano dall’economia dell’abbondanza e dalla nuova efficienza in distribuzione, produzione e marketing. Due fenomeni di rottura rispetto all’economia del secolo precedente in cui le strategie di marketing tendevano ad affermare prodotti di successo (“hits”) idonei a un mercato e a un consumo di massa. Anderson notava che, con la rivoluzione digitale e l’avvento di Internet, veniva favorita l’espansione delle nicchie e aumentava a dismisura il numero di opzioni e alternative capaci di catturare l’attenzione dell’utenza. Di qui la metafora della Long Tail come spiegazione grafica che rappresenta l’attenzione dei consumatori distribuita tra hits e prodotti di nicchia. Nella parte sinistra del grafico la testa rappresenta le vendite associate alle hit mentre, nella parte destra sono rappresentati tutti i prodotti di nicchia. Nella metafora la coda tende virtualmente all’infinito - un aggregato “infinito” di nicchie (e di vendite di nicchia) che, pur non diventando mai successi presi singolarmente, se sommate cubano una significativa quantità. Come nella “power low” dell’economista italiano Vilfredo Pareto, celebre per avere mostrato l’ineguaglianza della distribuzione della ricchezza dell’Inghilterra in cui circa il 20% della popolazione possedeva l’80% della ricchezza del paese, Anderson propone una distribuzione di tipo asintotico: tende allo zero senza mai raggiungerlo. Una curva che continua all’infinito è l’anticamera della forma della coda lunga, secondo la cui teoria la domanda continua all’infinito in una serie di nicchie. Perfetto anche per chi vende musica digitale in grandi volumi: ovvero, enormi aggregati di piccole, singole vendite. Grazie anche a algoritmi e motori di raccomandazione (che lavorano sul fronte della ricerca e della reperibilità) e dei contenuti generati dagli utenti (che ingigantiscono l’offerta disponibile – nella musica il comparto “artist direct”).