Dai primi anni Duemila fino all’hype che ha caratterizzato il successo degli NFT nel recente triennio, la tendenza a individuare nei fans degli investitori finanziari nelle carriere degli artisti si è evoluta non poco. Inizialmente caratterizzata dalla prima fase del crowdfunding, reso popolare da società-simbolo come Kickstarter, in tempi recenti so è contraddistinta soprattutto per l’opportunità offerta di investire in NFT musicali che incorporassero royalties e, quindi, potenziali ricavi futuri e ricorrenti. In questo alveo – quello del ribattezzato “fan investment” – si colloca la startup BaseNote, che ha lanciato una piattaforma che consente ai fans di investire negli artisti e guadagnare una quota delle loro royalties da streaming; la differenza fondamentale della sua proposta, tuttavia, è la deliberata assenza della tecnologia blockchain. BaseNote si appoggia alla normativa americana “Regulation Crowdfund”, che regola la vendita di titoli finanziari a investitori cosiddetti “non accreditati” (ossia: non istituzionali, le persone comuni). Secondo il modello di BaseNote, guidata dal CEO Mick Wollman, gli artisti saranno in grado di raccogliere tra $ 20.000 e $ 5 milioni; i fans potranno maturare ricavi da royalties che dipenderanno dalla percentuale offerta dall’artista, dal suo potenziale per gli investitori (evidentemente desunto da algoritmi e intelligenza artificiale) e dai suoi guadagni storici. La scelta di evitare che i fans debbano adottare e conoscere la cultura delle criptovalute e dotarsi di un wallet posiziona BaseNote, su questa scena, come particolarmente user-friendly; tra i suoi concorrenti in quella che attualmente è ancora una nicchia si posizionano Corite, Anote Music e Royalty Exchange.