La porzione di industria musicale italiana che lamentava l’assenza del proprio settore dal dibattito elettorale è stata - parzialmente - accontentata questo weekend, quando due importanti esponenti delle principali coalizioni in corsa alle prossime consultazioni hanno illustrato i propositi inclusi nei rispettivi programmi riguardanti i comparti creativi. Ad aprire le danze è stato Filippo Del Corno, già assessore alla Cultura al Comune di Milano e oggi Responsabile Cultura del Partito Democratico: in una lettera aperta indirizzata al direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana intitolata “Elezioni: quasi nessuno parla di cultura” il politico milanese - classe 1970, diplomato in Composizione al Conservatorio del capoluogo lombardo - osserva come il suo schieramento abbia scelto di “sottrarre la cultura a quel ruolo puramente ancillare rispetto all’industria turistica al quale è invece relegata” dalle altre forze politiche, annunciando una serie di “proposte concrete” e “azioni specifiche” tra le quali “un piano nazionale per la promozione della lettura, la detraibilità delle spese sostenute per le attività culturali” e “il sostegno economico diretto allo spettacolo dal vivo”, con l’obiettivo di potenziare “l’offerta culturale nelle periferie urbane e nelle aree interne del Paese, là dove soprattutto è diffusa la marginalità sociale”. A strettissimo giro, sempre sulle pagine del quotidiano meneghino, è intervenuta Lucia Borgonzoni, sottosegretaria leghista per i Beni e le Attività Culturali. Dopo una premessa piuttosto chiara - “La cultura è bene non abbia un colore politico” - la già candidata alla presidenza della Regione Emilia Romagna (classe 1976, un diploma all'Accademia delle Belle Arti di Bologna) ha sottolineato l’importanza della valorizzazione del settore, definito “una priorità” nel programma del Carroccio, proponendo di “incrementare i fondi sul contemporaneo (arte, architettura, design…)” per rendere il Ministero della Cultura “uno dei principali strumenti trainanti dell’economia italiana”, in modo - tra le altre cose - da poter salvaguardare e diffondere “la musica italiana nel mondo” per mezzo dell’aumento del tax credit degli artisti emergenti, creando un fondo ad hoc per farli esibire all’estero”. “In questo il modello Maneskin ci ha permesso di sognare tutti con loro, di essere parte del loro tour, di sentirci orgogliosi di essere italiani”, ha concluso Borgonzoni: “Abbiamo di fronte una grande opportunità di cambiamento, investire in cultura significa amare il proprio Paese”.