Tempo addietro la RIAA ha diffuso i dati di vendita di album in vinile negli Stati Uniti riferiti alla prima metà del 2022, quantificandoli in 570 milioni di dollari. Un fatturato semestrale del genere si può interpretare in vari modi. Uno: è poca cosa rispetto alla totalità dei ricavi dell’industria musicale. Un altro: in termini percentuali significa +22% anno su anno (una crescita che, soprattutto, si somma al circa +60% che il 2021 aveva già messo a segno rispetto al 2020, con quasi 42 milioni di copie vendute e un fatturato da un miliardo di dollari). Un altro ancora: la nicchia e il vintage hanno fatto boom. “Boom” è quando la domanda è superiore all’offerta e quando le vendite anno su anno si impennano. Sì, assomiglia proprio al comparto del vinile in cui, come è noto, le capacità produttive sono oggi largamente inferiori alla richiesta di stampa dei prodotti, i tempi di attesa per stampare dischi sono lunghissimi e i prezzi del prodotto in aumento. Come si è arrivati a questo? Quali sono le cause e le conseguenze? Le esaminiamo in un breve viaggio all’interno del mondo del vinile del 2022. Il disco in vinile è stato dai primi anni Duemila fino a tutto il successivo decennio un prodotto sull’orlo dell’estinzione commerciale. Il suo nadir, rilevano le statistiche di settore, coincide con il 2005, anno in cui sulla scena digitale imperava il download, l’industria era in picchiata per il sesto anno consecutivo e lo streaming non era nemmeno visibile all’orizzonte senza un buon binocolo. Quell’anno il vinile mise insieme la miseria di 14 milioni di dollari di fatturato e le unità vendute furono inferiori al milione. Poi rimbalzò e invertì la tendenza. Succedeva che la sua connotazione di prodotto fisico e la corposità e la qualità del suo suono cominciavano a riconquistare una nicchia crescente di appassionati duri a morire e insoddisfatti dell’esperienza e della resa sonora del digitale. La risalita fu per anni tanto lenta quanto esiguo era il parco clienti che teneva in vita il vinile; una risalita che sembrava meno che fisiologica. Poi nel 2014 – quando l’intera industria musicale riusciva finalmente ad arrestare la sua drammatica e pluriennale contrazione economica e puntare a una timida inversione di tendenza – ci si rese conto che quel fatturato, da infimo che era in origine, era silenziosamente diventato quasi venti volte tanto (244 milioni di dollari). Restava una goccia nell’oceano, sì, ma la crescita non si arrestava: anzi. Finché nel 2021 toccò per la prima volta 1 miliardo di dollari di fatturato, praticamente roba da anni Settanta. E quest’anno proietta un altro incremento a due cifre. Che sta succedendo? Per darci una risposta ci viene in soccorso “Revelations About the Vinyl Revolution”, uno studio che la RIAA e la Music Business Association hanno commissionato a MusicWatch per indagare sui fattori della crescita contemporanea del prodotto-vinile, analizzati attraverso un survey condotto negli Stati Uniti e pubblicato pochi mesi fa. La prima rivelazione di questo studio riguarda la platea degli acquirenti americani, quantificati in oltre 17 milioni di individui (all’epoca della rilevazione erano pari a oltre un terzo dei consumatori digitali, anche se non è chiaro con quale percentuale di sovrapposizione tra gli uni e gli altri). La seconda osservazione chiave è inerente alla segmentazione dei consumatori di vinile, che vengono raggruppati in varie “torte”. Quella che fotografa la tipologia dei consumatori recita così: 26%: sono acquirenti “veterani e impegnati” 26%: si tratta di consumatori attratti dal packaging del prodotto 20%: parliamo di clienti focalizzati su particolari artisti 12%: sono i “fans del pop” 15%: si tratta di compratori “nuovi e occasionali”. C’è poi un’altra interessante sintesi di natura socio-demografica. Quanto ai generi: 46% acquirenti femminili 54% acquirenti maschili. Quanto ai due macro-raggruppamenti per età: 50% circa under 35 50% circa over 35. Segue, infine, una ulteriore raffica di osservazioni di estremo interesse sulla platea degli acquirenti attuali di vinile (spesso oggetto di semplificazioni e luoghi comuni), come ad esempio: Le pubblicazioni di catalogo e le reissues, incluse quelle appartenenti ai generi jazz e classica, continuano a pesare in virtù di un diffuso desiderio sia di scoperta che di riscoperta; ma le nuove uscite predominano nelle percentuali di vendita complessive. Quasi l’80% degli acquirenti di vinile ha cominciato ad acquistarlo solo negli ultimi cinque anni. I cosiddetti “acquirenti di vinile 2.0” non sono una semplice massa di nuovi appassionati del supporto-come-oggetto-di arredamento: se è vero che il 37% di essi acquista per mettere in mostra il vinile sui propri scaffali, cosa che non era nemmeno un tema negli anni Settanta, il 78% del campione analizzato ha dichiarato di acquistare per ascoltare. Il Classic Rock è il genere preferito nella fascia dei clienti più anziani, ma sia Alternative che Hip Hop sono sul podio dei tre generi preferiti. Le motivazioni di acquisto più forti per la fascia dei giovani acquirenti sono articolate. Per la loro generazione, che è digitale e immateriale per definizione, la confezione e l’artwork esercitano un richiamo che fa il paio con la nostalgia avvertita dai più anziani per quella qualità del suono da vecchi tempi che lo streaming non offre. A questo proposito, i più giovani emergono come una classe di acquirenti molto eclettica e flessibile, considerando che l’86% di essi ascolta anche musica in streaming e il 45% acquista addirittura CD. Ciò che forse li caratterizza maggiormente rispetto ai più anziani è il sentimento di solidarietà che il vinile rappresenta per loro: lo considerano, infatti, uno strumento di supporto per gli artisti, un mezzo di monetizzazione della loro carriera a cui sentono di dovere partecipare. Lo studio di MusicWatch è molto più dettagliato di così, e vale la pena leggerlo. Dalle varie istantanee di cui sopra diventa comunque evidente come fosse arbitrario continuare a definire il mercato del vinile una nicchia di mercato appannaggio di una sorta di tribù di acquirenti. Ragioni quantitative e connotazioni qualitative immortalano questi consumatori come distribuiti lungo un insieme di segmenti e di comunità che si incrociano tra loro e che, soprattutto, provano motivi di attrazione nei confronti del prodotto molto diversi. Quello che li accomuna emerge da un dato finale della ricerca: sia la fascia di consumatori “1.0” (per il 96% degli intervistati) che quella “2.0” (per il 93%) dichiara di volere continuare ad acquistare vinile anche il prossimo anno. (segue: nella seconda parte, le cause dei prezzi in aumento e l’insufficiente capacità produttiva)