Monta l'onda del malcontento della discografia nei confronti di <a href="http://www.rockol.it/tutto-su/tiktok">TikTok</a> e della sua casa madre <a href="http://www.rockol.it/tutto-su/bytedance">Bytedance</a>: quella che era una embrionale vulgata solo qualche mese fa si è ormai&nbsp;cristallizzata in realtà. Le label, le collecting, gli artisti non notano proporzione tra l'abbondante utilizzo della loro musica negli short videos della piattaforma cinese e i ricavi loro retrocessi, e protestano a gran voce.

L'utilizzo di musica coperta da copyright su TikTok restituisce due metriche principali: in quanti video un brano viene usato nell'unità di tempo e "dietro" quante views compare. I compensi degli aventi diritto per il suddetto utilizzo sono correlati alla seconda delle due metriche (un tot per view, così come funziona per l'audio: un tot per play).

Pure e doverosamente prendendo questi numeri con un grano di sale, oggi gira una stima di soli 5-8 dollari retocessi a un artista per un milione di views&nbsp;generate da un suo brano su TikTok. Su YouTube si parla di un migliaio di dollari abbondanti, per restare rigorosamente in tema di video (e senza distinguere tra quelli tradizionali e i più recenti "Shorts").

Il dibattito si sviluppa così: le label protestano perchè, a fronte di una crescita smisurata nell'utenza e nella raccolta pubblicitaria, i ricavi retrocessi all'industria da TikTok restano pressochè infinitesimali. TikTok continua a vantare eccellenti progressi nella costruzione di relazioni&nbsp;con l'industria musicale. Ma irrita la propria controparte con un ragionamento velenoso, e cioè: quando un&nbsp;brano sfonda su TikTok, la ricaduta positiva della sua immediata celebrità si estende alle piattaforme tradizionali di streaming, dove la sua popolarità crea ulteriore utilizzo e viene monetizzata, quindi, proprio grazie a un assist da&nbsp;TikTok.

E' un déjà vu classico, che riporta alla mente la situazione che la discografia affrontava con YouTube e che creò il dibattito sul <a href="http://www.rockol.it/tutto-su/value-gap">value gap</a>. Se è vero che in quel caso la principale ragione del contendere era la scappatoia del Safe Harbour alla quale la piattaforma video di Google ricorreva per non sottoscrivere licenze musicali, con le conseguenze di non generare valore comparabile a quello creato da Apple, Spotify e affini (che, tuttavia, presupponevano per lo più l'iscrizione degli utenti), il razionale della replica di TikTok resta però straordinariamente analogo a quello&nbsp;proposto allora dai manager di Mountain View. Si riassume così: siamo uno strumento di marketing per la musica, non di monetizzazione.

Il capo globale della musica di TikTok, Ole Obermann, ha articolato così quanto sopra sintetizzato: "TikTok eleva il livello di interazione in un modo capace di tradursi direttamente in opportunità creative e finanziarie per i creatori di musica". La parte del ragionamento che provoca veramente l'herpes alla sua controparte, tuttavia, recita più o meno così: "La nostra utenza viene su TikTok per guardare video brevi, non per ascoltare brani interi". Già. <a href="https://www.rockol.it/news-732939/ricavi-top-poche-star-il-problema-di-un-industria-che-va-bene">La metafora della colonna sonora, o peggio</a>.&nbsp;&nbsp;

Il modello di business dello streaming tradizionale, dopo una quindicina d'anni, non ha ancora finito di convincere gli artisti, sempre sulle barricate per i compensi insufficienti a remunerare una carriera, però soddisfa la discografia perchè essa riesce a monetizzare una coda lunga, anzi lunghissima, di plays: la distribuzione digitale come formidabile leva. Nel frattempo, l'avvento di una <a href="https://www.rockol.it/tutto-su/creators-economy-482654">creators economy </a>sempre più arrembante, ha fatto sì che anche i DSP pongano ora sempre maggiore attenzione alla monetizzazione della musica dei creatori, anche considerando che la maggior parte di essi sono indipendenti.

L'industria, che vorrebbe monetizzare anche la coda lunga di TikTok - ed è solo legittimo - dovrà pur tenere conto di questa nuova attitudine. Dovrà anche immaginare&nbsp;una soluzione innovativa sulle licenze, che ragionevolmente non possono ricalcare quelle valide per usi simili (brani utilizzati) ma sostanzialmente diversi.

In tutto ciò, Ole Oberman è un ex discografico (WMG), e a partire dal prossimo gennaio gli toccherà negoziare con la sua ex azienda capeggiata da un ex YouTube, Robert Kyncl, che ha scelto un percorso di carriera inverso e, parole sue, "una realtà più piccola" <a href="https://www.rockol.it/news-732377/la-scommessa-di-robert-kyncl">scommettendo proprio sulla crescita di valore che TikTok dovrebbe apportare all'industria</a>. Intrigante.

YouTube

royalties

value gap

Bytedance

TikTok

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TikTok, le royalties e il ritorno del value gap

Industria

Déjà vu: Bytedance e la sua app ai ferri corti con l'industria. Ricavi   bassi, motivazioni antiche

Nella serata di ieri, mercoledì 2 luglio, 250 ospiti provenienti dalla politica, dall’economia, dalla cultura e dallo sport hanno partecipato a un evento esclusivo promosso da CTS Eventim per celebrare una nuova importante tappa nello sviluppo di Arena Milano.

L’evento è stato animato da una performance di Dardust e dagli effetti visivi che hanno accompagnato l’accensione ufficiale del primo dei tre anelli a LED della struttura. “Un momento simbolico - ha osservato l’azienda in una nota - che segna l’inizio di quella che diventerà la più estesa facciata mediatica a LED d’Europa. La cena e lo spettacolo si sono svolti all’interno del cantiere, offrendo una cornice unica e suggestiva per uno degli eventi più attesi dell’anno”.

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Tra gli ospiti dell’evento sono stati segnalati il sindaco di Milano Giuseppe Sala, insieme a rappresentanti dell’amministrazione comunale come Martina Riva (assessora allo Sport, Turismo e Politiche giovanili), Tommaso Sacchi (assessore alla Cultura) e Giancarlo Tancredi (assessore alla Rigenerazione urbana), e figure di spicco dell’economia milanese e nazionale, provenienti dai settori dello spettacolo, dello sport, della finanza, del real estate e del food &amp; beverage. Tra gli ospiti anche l’attore Paolo Kessisoglu, il rapper e produttore Hell Raton e Ettore Messina, allenatore della squadra di basket Olimpia Milano.

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Una volta terminata, la struttura - progettata da David Chipperfield Architects in collaborazione con Arup - potrà ospitare fino a 16.000 persone al coperto, mentre l’ampia piazza esterna potrà accogliere eventi open-air con una capienza fino a 20.000 partecipanti: concepita come hub multifunzionale, Arena Milano ospiterà una vasta gamma di eventi ed è già confermata come sede delle gare di hockey su ghiaccio in occasione dei Giochi Olimpici di Milano Cortina 2026. L’arena fa parte del portfolio internazionale di CTS Eventim, che comprende location come la LANXESS Arena di Colonia, il Waldbühne di Berlino e l’EVENTIM Apollo di Londra. Con la realizzazione e la futura gestione della struttura, CTS Eventim “rafforza il proprio impegno nel contribuire a ridefinire il futuro dell’intrattenimento dal vivo in Italia”.

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“Con Arena Milano contribuiamo a dare forma a una nuova generazione di spazi per lo spettacolo: luoghi in cui esperienza, architettura e ospitalità si fondono per offrire qualcosa di unico”, ha commentato il CEO di CTS Eventim Klaus-Peter Schulenberg: “La sua facciata mediatica non è soltanto un segno distintivo architettonico, ma un simbolo di innovazione, creatività e visione. In un panorama dell’intrattenimento in piena evoluzione, vogliamo lanciare un messaggio forte: a favore di nuove prospettive creative, di una solida economia e di una cultura capace di emozionare e unire le persone. Con Arena Milano non stiamo semplicemente investendo in un edificio, ma in Milano come polo culturale ed economico. Questo progetto segna l’inizio di una nuova era per lo spettacolo dal vivo in Italia”.

Live, Arena Milano debutta in società

Una cena esclusiva e una performance di Dardust per presentare la nuova struttura

Dopo tante critiche - le ultime, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752912/umg-downtown-anche-win-e-ecsa-contro-l-acquisizione">quelle di WIN ed ECSA</a>, fatte pervenire nelle ultime ore - Virgin Music Group, la divisione dedicata ai servizi per artisti ed etichette del gruppo Universal Music, ha deciso di rispondere per le rime alle accuse di abuso di posizione dominante riguardanti la <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748886/virgin-music-group-umg-acquisira-downtown-music">proposta di acquisizione</a> (<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752611/universal-music-downtown-avviata-l-indagine-antitrust-ue">attualmente al vaglio della Commissione Europea</a>) di Downtown Music.

In una nota interna diffusa nelle prime ore di oggi e fatta trapelare a tempo record sulla stampa specializzata internazionale, JT Myers&nbsp; e Nat Pastor, i due co-CEO di Virgin Music Group, hanno voluto ribattere colpo su colpo alle accuse di chi sta invocando il parere negativo dell’antitrust europea riguardo l’operazione.

“Sebbene la fusione sia stata giustamente sottoposta a revisione normativa in tutto il mondo negli ultimi sei mesi, la nostra priorità è stata naturalmente quella di presentare alle autorità di regolamentazione la nostra posizione sull'operazione”, hanno scritto Myers e Pastor: “Desideriamo tuttavia far valere la verità contro alcune delle falsità diffuse da personaggi noti, inclusi lobbisti professionisti, che si oppongono all'unione delle nostre aziende”.

Tra le altre accuse, i vertici di VMG hanno rigettato quella - avanzata dall’associazione do etichette indipendenti europee Impala - di voler sfruttare i dati degli utenti di Downtown per favorire UMG sul mercato. “Tradire la fiducia dei nostri clienti sarebbe autodistruttivo, e di porterebbe a interrompere il rapporto”, si legge nella nota: “Siamo orgogliosi di affermare che, dal giorno in cui siamo entrati in questa attività, non abbiamo mai ricevuto una sola denuncia di uso improprio delle informazioni dei clienti, di alcun tipo”.

Per Pastor e Myers le affermazioni della Presidente di Impala Helen Smith secondo cui Universal Music, negli ultimi dieci anni, avrebbe guadagnato quote di mercato in Europa “non sono verificabili, semplicemente perché non sono vere. La realtà è che durante questo periodo la quota di mercato del settore indipendente è cresciuta in modo significativo, mentre quella di UMG no”.

“Infine, vogliamo affrontare una serie di attacchi personali che sono stati mossi contro Virgin e noi durante questa attività di lobbying sulla stampa”, hanno scritto Myers e Pastor: “Siamo stati definiti ‘lupi travestiti da agnelli’, pronti a prendere di mira in segreto proprio la comunità che diciamo di voler supportare. Siamo abituati a prenderci un po' di insulti, ma l'insinuazione che Virgin sia tutt'altro che una forza positiva nel mercato indipendente è un affronto a tutti voi che fate parte della famiglia del Virgin Music Group, che lavorate instancabilmente ogni giorno per aiutare le etichette e gli artisti indipendenti a raggiungere i loro obiettivi. Qualsiasi affermazione contraria è infantile, offensiva e non è altro che falsità diffuse da chi è disposto a dire qualsiasi cosa pur di compromettere le possibilità che questo accordo si realizzi”.

“Il settore indipendente non è monolitico”, proseguono i vertici di Virgin: “E’ composto da migliaia di etichette e artisti in tutto il mondo. Alcuni aderiscono alla visione riduttiva del mondo ‘major = cattivo, indie = buono’, altri no. Personalmente, pensiamo che in uno spazio indipendente questa dinamica – composta dalla leggendaria ‘vecchia guardia’ di etichette indipendenti iconiche e da una generazione che sta costruendo le aziende iconiche del futuro; da aziende autofinanziate accanto a quelle finanziate da alcune delle più grandi società di private equity, venture capital e tecnologia al mondo; da artisti che iniziano la loro carriera accanto ad alcune delle più grandi superstar globali – le cose non siano più così semplici”.

“Con l'acquisizione di Downtown, vediamo un'importante opportunità per offrire agli indipendenti qualcosa di ancora più efficace per promuovere i loro obiettivi commerciali e creativi”, hanno concluso Pastor e Myers: “Sappiamo anche che saremo in competizione ogni giorno con decine di altri fornitori di servizi globali, quindi per vincere dovremo essere i partner migliori con cui la comunità indipendente possa collaborare. Ed è esattamente ciò che saremo”.

Nel frattempo, in difesa della major guidata da Lucian Grainge si è levata, dal lato (ex) indipendente, la voce di Kenny Gates, co-fondatore di PIAS, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-747375/universal-music-completata-l-acquisizione-di-pias">storico marchio indipendente acquisito proprio da Universal Music lo scorso ottobre</a>. In un editoriale pubblicato da MBW Gates ha criticato Impala, associazione indipendente nel CdA del quale sedeva - insieme al suo storico socio in PIAS Michel Lambot - fino all’ingresso nel gruppo Universal Music. “Sono sempre stato un orgoglioso co-fondatore di Impala - che, non a caso, ha sede a Bruxelles. Tuttavia, è un vero peccato che [Impala, ndr] sia diventata un'organizzazione ristretta e piegata su sé stessa, più interessata a problemi immaginari che a fornire soluzioni che aiutino realmente l'industria musicale”, ha scritto Gates, ricordando quando <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-743650/tiktok-impala-sostiene-universal-music-in-battaglia-rinnovo-licenze">Impala sostenne UMG nella lotta per gli accordi di licenza con TikTok</a>: “L'intera narrazione binaria ‘indie contro major’ è ormai superata. E’ tempo di voltare pagina con questa vecchia storia, e di affrontare i veri problemi, come: il value gap negli short video; la crescente influenza delle venture capital e del private equity nella proprietà dei diritti musicali e nella distribuzione musicale; le minacce sempre presenti al copyright; e, naturalmente, l'elefante nella stanza: l'intelligenza artificiale.&nbsp;Il vero nemico degli indipendenti si trova al di fuori delle grandi case discografiche”.

Acquisizione UMG / Downtown, Virgin Music risponde alle critiche

‘Affermazioni infantili e offensive, falsità diffuse da chi non vuole che questo accordo si chiuda’

Pare ormai molto ben definita la strategia della RAI per orientarsi nel caos esploso riguardo le prossime edizioni del Festival della Canzone Italiana: alla luce della trattativa tra Comune e servizi pubblico, al momento ancora non iniziata, per l’organizzazione delle prossime tre edizioni della manifestazione, Viale Mazzini sta cercando di affrancarsi - anche solo a scopo cautelativo, in attesa di sviluppi - dal municipio ligure.

Come riferito da Sanremonews, a margine della <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752818/festival-di-sanremo-via-da-sanremo-la-rai-pronta-a-fare-da-sola">presentazione dei nuovi palinsesti RAI tenutasi a Napoli lo scorso 27 giugno</a>, l’AD della TV di Stato Giampaolo Rossi ha confermato che il titolo della trasmissione negli ultimi anni andata in onda a dicembre per mezzo della quale viene individuata parte del cast della categoria Nuove Proposte non sarà più battezzata - come in occasione degli anni passati - “Sarà Sanremo” o “Sanremo Giovani”, ma “Festival Giovani”.

La scomparsa del nome della cittadina dal nome del programma segue quanto spiegato dallo stesso Rossi nel corso della presentazione, “Il Festival di Sanremo è il festival della Rai, senza la Rai non esisterebbe”, aveva precisato l’AD: “La Rai farà il Festival. Se non dovesse essere Sanremo, ma ne siamo convinti, la Rai farà il suo Festival, perché è in grado di avere una macchina produttiva unica in Italia, capace di realizzare questo tipo di Festival ovunque”.

Nella mattina di oggi&nbsp;la Commissione nominata dal Comune di Sanremo sta ha valutato positivamente l’offerta della RAI - <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751987/sanremo-solo-la-rai-partecipa-al-bando-per-il-festival">l’unica, in assenza di proposte alternative</a> - presentata in risposta al bando attivato per l’assegnazione del Festival: di conseguenza, la Giunta comunale ha confermato l'avvio dei negoziati, che prenderanno il via già la prossima settimana.

Festival di Sanremo, ‘Sanremo giovani’ diventa ‘Festival Giovani’

L’annuncio a margine della presentazione dei palinsesti RAI dello scorso 27 giugno

Il fondo da 1,2 miliardi di dollari attivato grazie a una joint venture tra Warner Music Group e Bain Capital e <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752873/warner-music-lanciato-un-fondo-in-joint-venture-con-bain-capital">annunciato solo lo scorso martedì, primo luglio</a>, sarebbe già al lavoro su una grande acquisizione: secondo quanto riferito dal Financial Times la major guidata da Robert Kyncl avrebbe già avviato una trattativa per l’acquisizione del catalogo dei Red Hot Chili Peppers. Secondo le fonti consultate dalla testata britannica controllata dalla holding giapponese Nikkei l’operazione - che, stando al report pubblicato dal FT, sarebbe ancora lontana dalla conclusione - potrebbe muovere una cifra pari a 300 milioni di dollari.

Il catalogo dei Red Hot Chili Peppers fu ceduto dagli aventi diritto nel 2021 a Hipgnosis Songs Fund per 140 milioni di dollari. La <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752439/sony-music-publishing-ha-acquisito-hipgnosis">cessione della società</a> fondata nel 2018 da Merck Mercuriadis a Sony Music Publishing - <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-750633/hipgnosis-cambia-nome-arriva-recognition">nel frattempo ribattezzata Recognition Music Group</a> - da parte di Blackstone (intervenuta <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-744365/acquisizione-di-hipgnosis-concord-si-arrende-a-blackstone">a rilevare l’azienda</a> dopo <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-740234/hipgnosis-sfuma-operazione-vendita-cataloghi-rivalutazione-in-borsa">il flop della tentata rivalutazione in borsa</a>) non ha implicato l’inserimento del repertorio della band californiana nel portfolio della major guidata da Rob Stringer: a essere trasferito a Sony Music Publishing è stato un catalogo di circa 4400 brani (tra i quali "Espresso", "Feather" e "Taste" di Sabrina Carpenter, "Ordinary" di Alex Warren e "Lose Control" di Teddy Swims) che <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752464/sony-music-publishing-hipgnosis-cosa-e-stato-acquisito">esclude, tuttavia, il repertorio accumulato da Mercuriadis prima del 2018</a>, ovvero 45mila brani tra i quali quelli degli stessi Red Hot Chili Peppers, dei Fleetwood Mac, di Neil Young, dei Journey e degli Eurythmics.

L’operazione, al momento, non è stata commentata dai portavoce della band.

Warner Music, anche prima della joint venture con Bain Capital, non è nuova a grandi acquisizioni: la major americana negli ultimi anni ha messo le mani su cataloghi estremamente pregiati come quelli di David Bowie (per 250 milioni di dollari) e <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-723085/warner-music-acquisisce-catalogo-david-guetta-per-oltre-100-milioni">David Guetta</a> (per oltre 100 milioni di dollari).

Red Hot Chili Peppers

Il FT: nel mirino di WMG il catalogo dei Red Hot Chili Peppers

Sarebbe il primo colpo di mercato ‘figlio’ della joint venture con Bain Capital

Attualmente <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752611/universal-music-downtown-avviata-l-indagine-antitrust-ue">sottoposta a indagine</a> da parte dell’ufficio antitrust della Commissione Europea, la <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748886/virgin-music-group-umg-acquisira-downtown-music">proposta di acquisizione di Downtown Music da parte di Virgin Music Group</a>, la divisione dedicata ai servizi per artisti ed etichette di Universal Music Group, è stata formalmente contestata da due associazioni di categoria internazionali.

La CEO del Worldwide Independent Network Noemì Planas, per mezzo di una lettera aperta indirizzata alla Vicepresidente Esecutiva della Commissione europea, Teresa Ribera, ha espresso senza mezzi termini la propria contrarietà all’operazione. “Ci aspettiamo che lei stabilisca uno standard a livello globale conducendo una valutazione dettagliata e bloccando questa acquisizione per evitare danni”, ha spiegato la numero uno dell’associazione che rappresenta a livello globale le etichette estranee ai grandi gruppi multinazionali: “La difesa della concorrenza e del tessuto imprenditoriale culturale è la difesa del patrimonio e dei valori europei. Le case discografiche indipendenti e gli artisti con cui collaborano in tutto il mondo contano sull'ambizione dell'Europa di guidare il mercato e ispirarci, affinché possano avere un futuro basato sui meriti della loro musica e sulle scelte dei consumatori, non sul potere di mercato”.

Sulla stessa lunghezza d’onda è un’altra lettera aperta indirizzata sempre alla Commissione EU da parte dell’European Composer &amp; Songwriter Alliance, entità che rappresenta oltre 55 associazioni di autori e compositori a livello europeo.

"Essendo il mercato musicale è già dominato da una manciata di player globali, l'acquisizione di Downtown Music ostacolerebbe la concorrenza lungo tutta la filiera musicale e ridurrebbe la libertà di scelta di compositori e cantautori", si legge nel documento di ECSA: “Mentre una concorrenza leale consentirebbe ai nostri associati di scegliere tra diversi editori che possono offrire vari servizi a tariffe diverse, l'acquisizione di Downtown porterebbe alle estreme conseguenze la concentrazione di mercato e riducendo ulteriormente le opzioni a disposizione di compositori e autori”.

“La promessa dell'era digitale era di creare condizioni di parità per i creator musicali, promuovendo la diversità culturale e musicale e dando potere ad artisti, autori e compositori”, ha concluso la Presidente di ECSA Helienne Lindvall: “Ora, al contrario, stiamo assistendo a grandi multinazionali che stanno assorbendo la concorrenza e limitando le nostre opzioni e il nostro potere negoziale. L'acquisizione di Downtown da parte di UMG esacerberebbe questa situazione, con la società che domina ogni segmento del comparto, inclusa la distribuzione e la definizione delle tariffe. Esortiamo la Commissione a invertire questa tendenza e a contribuire alla creazione di un ecosistema musicale diversificato e sano che avvantaggi tutti, bloccando questo accordo".

UMG / Downtown, anche WIN e ECSA contro l’acquisizione

Altre due associazioni chiedono di bloccare l’operazione condotta da Universal Music

HYBE sta completando gli ultimi passaggi logistici per espandersi in uno dei mercati emergenti in crescita più rapida: l'India. La nuova&nbsp;sede di rappresentanza sarà pronta tra settembre e ottobre 2025, e l'intenzione è quella di "esportare la metodologia del k-pop" anche nel subcontinente asiatico.&nbsp;

Ad ogni modo si tratterà di un'esportazione rispettosa dello status quo, assicurano ai piani alti del gigante sudcoreano: "Vogliamo garantirci una posizione di mercato dominante integrando la cultura musicale locale con tutte le sue caratteristiche" ha dichiarato un portavoce in una recente intervista. La nuova sede dovrebbe sorgere nella capitale dell'entertainment indiano, Mumbai.

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HYBE si espande in India

La nuova sede del colosso del k-pop sarà pronta nell'autunno del 2025

In occasione del decimo anniversario di Apple Music, la big tech californiana ha svelato un nuovo studio all’avanguardia, a Los Angeles, dedicato “ai contenuti creati da artisti e artiste, all’innovazione audio e ad una connessione più profonda con i fan”.

Il nuovo studio, che sarà inaugurato a breve, “rappresenta una tappa fondamentale nell’impegno continuo di Apple a supporto di artisti e artiste di ogni livello, fornendo gli strumenti, la piattaforma e la libertà creativa necessari per raccontare le loro storie in modi completamente nuovi”, spiega l’azienda: “Più che uno studio nel senso tradizionale del termine, il nuovo spazio è un campus creativo che riflette l’impegno decennale di Apple Music per un suono di alta qualità, una narrazione autentica ed esperienze che mettano artisti e artiste al centro”.

“In Apple Music Radio, narrazione e arte sono di casa; qui c’è sempre stato spazio per conversazioni coraggiose e momenti sorprendenti”, ha dichiarato Rachel Newman, co-responsabile di Apple Music: “Con questo nuovo studio vogliamo rafforzare il nostro impegno offrendo uno spazio dove artisti e artiste possano creare, incontrarsi e condividere idee".

Il nuovo studio di Apple Music a Los Angeles si estende su una superficie di quasi 1.400 metri quadrati (distribuiti su tre piani) e ospita due studi radiofonici con riproduzione audio spaziale immersiva; uno studio di registrazione insonorizzato di circa 370 metri quadrati per esibizioni live, riprese Multicam, eventi con i fan e proiezioni; una sala di mixaggio per l’audio spaziale dotata di un sistema di diffusori PMC 9.2.4; un laboratorio di fotografia e per i social media, una sala di montaggio e una green room per supportare la creazione di contenuti in real time; cabine insonorizzate private e l’A-List Corridor e l’Archive Corridor, in cui sono esposte opere d’arte e immagini del passato e del presente di Apple Music.

“Il nuovo studio di Apple Music a Los Angeles sarà il fulcro di una rete globale di centri creativi già attivi in luoghi come New York, Tokyo, Berlino, Parigi, Nashville, e altri in arrivo”, ha precisato l’azienda: “Con questo lancio, il servizio continua a portare innovazione, non solo al mondo dello streaming musicale, ma anche al modo in cui la musica viene creata, vissuta e condivisa. Dalla radio alle esibizioni dal vivo, dal coinvolgimento dei fan alla creazione di contenuti, questo nuovo studio sarà il centro creativo per la musica della prossima decade”.

Apple Music, un nuovo hub per artisti a Los Angeles

Per festeggiare i dieci anni dal lancio del servizio streaming

Se dovesse risultare effettivamente fondata, l’indiscrezione riferita oggi dal Wall Street Journal potrebbe anticipare una notizia epocale: Netflix, la piattaforma leader nel segmento Subscription Video on Demand, e Spotify, il primo servizio di streaming musicale per quote di mercato su scala globale, avrebbero avviato delle trattative per lavorare a una serie di progetti congiunti. Secondo le fonti consultate dal quotidiano economico americano le due aziende starebbero pensando a un grande show di premi musicali - sulla falsariga dei Grammy Awards - e a una serie di concerti (ovviamente da riprendere e trasmettere), oltre che a documentari musicali brevi e interviste ad artisti.

Benché, al momento, non siano stati riferiti altri dettagli in merito, secondo il WSJ i primi progetti figli della collaborazione tra i due marchi potrebbero già concretizzarsi già entro i prossimi mesi, essendo in parte già in lavorazione.

Netflix sta lanciando in questi giorni due show musicali, il talent show “Star Search” e "Building the Band", reality a tema musicale condotto da AJ McLean dei Backstreet Boys incentrato sui provini ai musicisti per la creazione di un nuovo gruppo.

E’ in arrivo una collaborazione tra Netflix e Spotify?

Secondo il Wall Street Journal ci sarebbero trattative in corso per una serie di progetti congiunti

Entro il 2032 il volume d’affari globale del settore della musica registrata arriverà a quota 110,8 miliardi di dollari: questa, in estrema sintesi, è la proiezione elaborata da MIDiA Research sulle prospettive di crescita del comparto per i prossimi 8 anni.

Il totale delle entrate è stato calcolato prendendo in considerazione non solo le linee di ricavo tradizionali - quelle riferite ai DSP convenzionali, al download, alla vendita dei formati fisici, alle sincronizzazioni e ai diritti di pubblica esecuzione - ma anche fonti alternative come i social, i ricavi per le label da merchandising, brand partnership e altre forme di accordo commerciale, il settore audiovisivo, la production music e la “coda lunga” rappresentata dalle realtà indipendenti e dagli unsigned.

“Questa è la visione massimalista”, ha spiegato nell’introduzione al rapporto il CEO di MIDiA Mark Mulligan: “La visione più minimalista (quella riferita ai ricavi delle etichette con l’esclusione di tutte le restanti linee di ricavo) prevede che i ricavi nel 2032 raggiungeranno i 51,2 miliardi di dollari”. La stima “minimalista” appare più in linea con quella tracciata da un altro outlook recente, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752359/goldman-sachs-music-in-the-air-rapporto-2025-stime-crescita">quello di Goldman Sachs</a>, che nell’ultimo report “Music in the Air” aveva stimato in 55 miliardi di dollari il giro d’affari delle etichette (sempre calcolato sulle linee di ricavo tradizionali) per il 2035.

“Dopo un anno di forte espansione nel 2023, la crescita dei ricavi è rallentata al 4,3% nel 2024”, osserva Mulligan: “Di fatto, il 2024 ha proseguito un andamento di crescita oscillante osservato per l’intera durata del decennio, con anni di forte crescita seguiti da altri più deboli. Gli anni di crescita più debole hanno coinciso con un calo della crescita fisica e (il più delle volte) dello streaming. Se da un lato questo dato conferisce al mercato fisico un ruolo da protagonista, dall'altro riflette anche la maturazione della crescita dello streaming: quando la principale fonte di entrate cresce a tassi più modesti, gli spostamenti verso fonti di entrate più piccole fanno la differenza tra una crescita forte e una più debole”.

La parola chiave, per Mulligan, è quindi “ricalibrazione”, per diversi motivi. Al di là delle nuove dinamiche di crescita e della rapida ascesa dei mercati emergenti - soprattutto quello asiatico - rispetto a quelli occidentali, la sempre maggiore influenza dei DSP sui bilanci delle label e l’irruzione dell’intelligenza artificiale generativa sui mercati (con alcune aziende sviluppatrici dei modelli che “cercano di operare eticamente e in partnership con i titolari dei diritti” contrapposte a molte altre che “stanno perseguendo l'approccio ‘prima fai, poi chiedi scusa’, tattiche che ha funzionato “molto bene per i primi disruptor come YouTube e TikTok”) costringeranno il comparto a una continua e sempre più rapida evoluzione.

Discografia, l’outlook di MIDiA: ricavi oltre $ 110 mld nel 2032

La crescita sarà costante ma sempre più diversificata. E attenzione a...

Sergio Cerruti, Past President di AFI (Associazione Fonografici Italiani) e MD di JE – Just Entertainment, la società <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748645/festival-di-sanremo-il-tar-assegnazione-illegittima-alla-rai">il cui esposto ha portato alla sentenza del TAR che ha ridefinito&nbsp;la procedura&nbsp;di assegnazione del Festival da parte del Comune ligure alla RAI</a>, è intervenuto nella polemica seguita alle <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752818/festival-di-sanremo-via-da-sanremo-la-rai-pronta-a-fare-da-sola">dichiarazioni del servizio pubblico</a> - e dell’<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752846/festival-la-rai-studia-l-addio-a-sanremo-dal-2027">articolo pubblicato lo scorso lunedì 30 giugno dal Messaggero</a> - riguardante un eventuale spostamento del Festival della Canzone Italiana da Sanremo.

“Spostare Sanremo è come spostare un monumento storico”, ha dichiarato Cerruti: “L’anima del Festival è lì, non in una vetrina turistica temporanea. La sua forza è nella storia, non nei compromessi su spazi, tasse e oneri pubblicitari. Nel bando 2026–2028, il Comune ha imposto condizioni ritenute 'insostenibili' da RAI, che ora bluffa: ‘Possiamo farlo ovunque’. Una reazione che sa di ripicca: come nel caso di Vessicchio, che dopo aver denunciato la mancata corresponsione dei diritti da parte della RAI, è&nbsp;stato ‘ripagato’ con l’esclusione dai programmi; o come per gli associati AFI, con 15 milioni di euro di diritti non riconosciuti che si potevano saldare con un accordo tempestivo. Per anni, le regole sono rimaste fuori dalla porta di Viale Mazzini – e ora che qualcuno prova a farle rispettare, rispondono con un imminente trasloco”.

“Invece di minacciare spostamenti per manifesta impunità, il servizio pubblico dovrebbe chiedere scusa – a Sanremo, ai cittadini, a chi paga il canone – per aver dato il cattivo esempio”, ha aggiunto Cerruti: “I&nbsp;pronunciamenti del TAR della Liguria e del Consiglio di Stato hanno puntato il dito sulle vostre assegnazioni irregolari, dimostrando che non eravate e non siete esenti da inadempienze. Se vi pare troppo costoso restare a Sanremo, sappiate che, come sempre, avreste potuto negoziare – e lo avete&nbsp;evitato. Ora questa pantomima non è altro che un’ottusa ripicca”.

“RAI agisce come un potere senza contrappesi che si fa organo amministrativo e politico di sé stessa senza che nessuno dica una parola”, ha concluso Sofia Baldi, direttrice delle relazioni istituzionali di AFI: “L’elezione dell’AD Giampaolo Rossi, sbandierata come simbolo di discontinuità, si è rivelata nei fatti un patto di continuità con tutto ciò che doveva essere corretto. Nessuna forza politica ha avuto il coraggio di commentare una debacle legale clamorosa di un servizio pubblico che non riesce nemmeno ad avere un Presidente. E nel silenzio generale, l’arroganza si fa metodo: chi sbaglia resta, chi denuncia disturba, e chi perde in tribunale alza la&nbsp;voce come se avesse vinto. Il tutto a spese del contribuente”.

Festival, AFI per JE: ‘Sanremo non si tocca’

La posizione di Sergio Cerruti sulle polemiche che stanno riguardando la manifestazione

La notizia che Daniel Ek, fondatore e CEO di Spotify,&nbsp;tramite il suo fondo&nbsp;Prima Materia&nbsp;avesse investito 700 milioni di dollari in Helsing (una società specializzata in armi e difesa che produce sistemi AI per droni militari) era chiaramente destinata a provocare grandi polemiche e gesti plateali all'interno della scena musicale italiana e internazionale. Il primo a sollevare voci di dissenso era stato Piero Pelù, che qualche giorno fa aveva dichiarato tramite Instagram che se fosse stato ancora in possesso dei suoi master avrebbe ritirato la sua musica dalla piattaforma. Ora, invece, è il turno di altre due realtà indie: la band americana Deerhoof e l'italiano Auroro Borealo. I primi, che invece detengono ancora la proprietà dei loro master, hanno ritirato ieri tutto il loro catalogo dal DSP svedese: "Non vogliamo che la nostra musica uccida le persone. Non vogliamo che il nostro successo sia legato a un'azienda che utilizza l'AI in guerra" hanno dichiarato in un comunicato.

Lo stesso ha fatto anche il progetto di rock demenziale&nbsp;Auroro Borealo, che ha diffuso la notizia sui social: "A partire da oggi la mia musica non è più su Spotify" ha scritto, spiegando che la scelta (che riguarda - ha spiegato lo stesso artista a Rockol - solo le opere del suo catalogo realizzate non in collaborazione con altri interpreti, che, per assecondarlo, avrebbero dovuto fornire il proprio assenso)&nbsp;faceva seguito all'investimento di Ek. "La musica che faccio esiste per portare leggerezza e qualche sorriso nella giornata di chi la ascolta. Non mi è mai importato di guadagnare pochi millesimi di euro da ogni stream, ma quando gli introiti della mia musica vengono impiegati nel mercato delle armi, la questione diventa per me eticamente insostenibile. Seriamente, a voi piace l’idea che in questo momento esista nel mondo un drone militare finanziato da una canzone che si chiama “sessone” o “gli occhi del mio ex”? Per quanto io ami l’assurdo, questo è troppo anche per me. Mi rivolgo a tutte le persone che fanno musica in Italia e nel mondo: mi piacerebbe che questa decisione, che ho preso non certo a cuor leggero, fosse un seme, anche solo l’inizio di una riflessione, un dialogo. Ho scelto di fare un piccolo gesto in un ambito in cui posso fare la differenza. Sono consapevole dell’impatto che avrà su parte della mia attività, ma credo che sia necessario prendere una posizione in un momento storico in cui troppe persone innocenti vengono coinvolte". E' probabile che molti altri nel mondo seguiranno i loro esempi.

La protesta dei Deerhoof (e di molti altri) contro Daniel Ek

Il CEO di Spotify investe in una società di droni militari, e molti artisti lasciano la piattaforma

“Gente molto ricca”, pronta a “salvare” TikTok dal Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act con il beneplacito del presidente cinese Xi Jinping, con il quale - data la normalizzazione dei rapporti commerciali dopo il braccio di ferro innescato dalla minaccia di un’escalation bilaterale dei dazi doganali, poi fortunatamente rientrata - ci si aspetta di trovare un accordo “entro due settimane”: questa, in sintesi, sarebbe <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752839/tiktok-negli-usa-per-trump-c-e-un-compratore">l’ultima versione offerta dal Presidente USA Donald Trump</a> riguardo il progresso del negoziato per permette l’acquisizione da parte di un’entità americana dell’operatività della piattaforma di Bytedance negli USA.

I misteriosi nuovi acquirenti pronti a sbloccare l’impasse nel quale il social è rimasto intrappolato a partire dallo scorso gennaio, tuttavia, non sarebbero né misteriosi né tantomeno nuovi: secondo quanto riferito da Bloomberg l’asso nella manica che Trump vorrebbe calare a giorni altro non sarebbe che il consorzio formato da Oracle, Blackstone e Andreessen Horowitz, la cui offerta era stata congelata dalla crisi dei dazi con Pechino.

In attesa che i “colloqui ad altissimo livello” - così la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha definito le trattative - con la Cina continuino (la nuova proroga all’attivazione del Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act ha rimandato l’eventuale bando del social al prossimo 17 settembre), e che l'identità della “gente molto ricca” venga ufficializzata, a ridimensionare gli entusiasmi statunitensi è stata la ministra degli esteri cinese Mao Ning, che, interrogata riguardo la sortita di Trump sui potenziali nuovi acquirenti e sulla disponibilità di Xi Jinping ad avallare l'acquisizione, ha ribadito quanto <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-744327/tiktok-fa-causa-al-governo-usa-disinvestire-e-impossibile">Bytedance ha dichiarato più di un anno fa</a>, cioè che ogni ipotesi di cessione è fuori discussione. "Abbiamo ribadito la nostra posizione di principio su TikTok in più occasioni”, ha spiegato Mao Ning: “La Cina gestirà la vicenda in conformità con le leggi e i regolamenti cinesi. Gli Stati Uniti devono garantire un ambiente aperto, equo, giusto e non discriminatorio per le imprese cinesi nel Paese".

TikTok, quello di Trump sui compratori USA è un bluff?

Secondo Bloomberg i misteriosi nuovi acquirenti sarebbero quelli già noti da tempo

Scooter Braun ha dato le dimissioni da CEO di Hybe America, la filiale americana della holding coreana ambasciatrice del K-pop nel mondo: il manager, che ha fatto sapere di essere intenzionato a “dedicarsi ad altre aree di interesse strategico” ma di voler continuare ad avere un ruolo operativo nell’azienda come consulente ed elemento del consiglio di amministrazione, sarà sostituito da Isaac Lee, attualmente CEO di Hybe Latin America.

"Scooter è stato un partner straordinario, un dirigente visionario e un vero catalizzatore per lo scambio culturale", ha dichiarato Bang Si-Hyuk, presidente di HYBE: "Il suo contributo è stato fondamentale per consolidare la nostra ambiziosa presenza nel mercato statunitense. Sono profondamente grato per la sua leadership, il suo acuto istinto e la sua incrollabile passione per gli artisti. Gli auguriamo un immenso successo nell’entusiasmante prossimo capitolo della sua carriera e non vediamo l'ora di proseguire la nostra collaborazione per realizzare la visione globale di HYBE”.

"Far parte di HYBE e assistere alla sua straordinaria crescita è stato uno dei capitoli più stimolanti del mio percorso professionale", ha aggiunto Braun: “Il Presidente Bang è un vero visionario e un genio musicale. Ciò che ha costruito con HYBE non ha eguali. Sono incredibilmente orgoglioso dei nostri successi collettivi e non vedo l'ora di supportare il Presidente Bang e l'Amministratore Delegato Jason Jaesang Lee nel loro continuo successo, mentre io mi occupo del futuro”.

Hybe America, esce Scooter Braun

Il manager lascia vacante la posizione di CEO, ma resterà come consulente

Warner Music ha in programma di varare un piano di ristrutturazione che permetterà all’azienda di risparmiare 300 milioni di dollari all’anno: a renderlo noto, riferisce il Los Angeles Times, è stato il CEO del gruppo Robert Kyncl in una nota ai dipendenti diffusa poche ore dopo aver annunciato <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752873/warner-music-lanciato-un-fondo-in-joint-venture-con-bain-capital">il lancio di un nuovo fondo destinato all’acquisizione di cataloghi musicali da 1,2 miliardi di dollari in collaborazione con Bain Capital</a>.

L’operazione, concepita per “predisporre l’azienda al futuro”, prevede che 170 dei 300 milioni in tagli derivino da "un ridimensionamento dell'organico per garantire agilità e impatto" all’azienda. I restanti 130 milioni saranno recuperati dalla revisione delle spese amministrative e immobiliari. La ristrutturazione rappresenta il “passaggio rimanente” del processo di cambiamento che ha interessato nel corso degli ultimi due anni l’azienda, iniziato - appunto - con l’ingresso di Kyncl in organico.

"So che questa notizia è dura e inquietante, e che avrete molte domande”, ha scritto il CEO nella nota interna ai dipendenti: “Il team dirigenziale ha dedicato molto tempo a riflettere sul nostro futuro e su come indirizzarci sulla strada migliore. Queste decisioni non vengono prese alla leggera, sarà difficile dire addio a persone di talento e ci impegniamo ad agire con empatia e integrità".

Al momento, non è chiaro quali divisioni verranno interessate dalla ristrutturazione degli organici. Kyncl, nel messaggio ai dipendenti, ha fatto sapere che le priorità del gruppo per il futuro saranno l’aumento degli investimenti nel suo reparto A&amp;R e nelle operazioni di acquisizioni di entità terze.

La ristrutturazione annunciata in queste ore segue il taglio di 270 dipendenti nel 2023 e di altri 600 l’anno successivo: contestualmente all diffusione del piano per il 2025, le azioni di Warner Music hanno guadagnato il 2,17% chiudendo le contrattazioni nelle giornata di martedì primo luglio a quota 27,83 dollari.

Warner Music, ristrutturazione da $ 300 milioni in arrivo

L’annuncio del CEO Robert Kyncl, che prevede tagli al personale per 170 milioni di dollari

Warner Music Group ha annunciato il lancio di una joint venture con la società di investimenti Bain Capital per il lancio di un fondo da 1,2 miliardi di dollari da destinare all’acquisizione di “cataloghi musicali leggendari sia nel settore della musica registrata che in quello dell'editoria musicale”: la partecipazione delle due società alla nuova impresa, spiega WMG in una nota, è perfettamente alla pari.

“Questa nuova iniziativa strategica offrirà ad artisti e autori l'opportunità di preservare ed estendere la portata dei loro cataloghi, garantendone la cura e la salvaguardia”, ha spiegato la major: “WMG e Bain Capital si occuperanno congiuntamente della ricerca e dell'acquisizione dei cataloghi, mentre WMG gestirà tutti gli aspetti di marketing, distribuzione e amministrazione. Combinando l'infrastruttura e le relazioni globali di WMG con le risorse globali e le capacità finanziarie di Bain Capital, l'iniziativa è ben posizionata per stabilire un nuovo standard come partner privilegiato per i talenti musicali di fama”.

"Artisti e autori iconici scelgono WMG per far crescere la propria eredità e presentare la propria arte alle nuove generazioni attraverso campagne di impatto e innovative", ha dichiarato Robert Kyncl, CEO di Warner Music Group: "L'integrazione della nostra profonda competenza e infrastruttura globale con la competenza finanziaria e la fiducia nella musica di Bain Capital ci renderà la destinazione d'elezione per cataloghi di prim'ordine".

"I contenuti musicali senza tempo continuano a essere al centro dell'intrattenimento per i consumatori", ha aggiunto Angelo Rufino, Partner di Bain Capital: "La gestione dei cataloghi non è mai stata così importante, perché artisti e autori meritano di essere supportati per accrescere il valore del loro lavoro e offrire ai fan nuove ed entusiasmanti collaborazioni. Warner Music Group, con le sue profonde risorse creative e la sua cultura di partnership, è il partner ideale con cui Bain Capital può collaborare per far crescere e salvaguardare la musica iconica del mondo".

Warner Music, lanciato un fondo in joint venture con Bain Capital

1,2 miliardi di dollari sul piatto per l’acquisizione di cataloghi musicali

Apple Corps, la società fondata nel 1968 dai Beatles per la gestione delle attività commerciali legate alla band, ha nominato un nuovo CEO, il terzo chiamato a guidare l’azienda dalla sua fondazione: al timone dell’entità indissolubilmente legata ai Fab Four è stato chiamato Tom Greene, già direttore commerciale di Blast, società particolarmente attiva nel settore del gaming e degli e-sports. Nel suo nuovo incarico, Greene, sarà effettivo dal prossimo mese di settembre, quando compirà definitivamente l’insediamento nella carica lasciata vacante a partire allo scorso ottobre dell’ex CEO Jeff Jones.

"Siamo entusiasti di dare il benvenuto a Tom Greene come CEO”, hanno fatto sapere, in un comunicato congiunto, Paul McCartney, Ringo Starr, Olivia Harrison e Sean Ono Lennon: “Abbiamo molti progetti entusiasmanti e l'esperienza e la visione di Tom lo rendono la persona perfetta per unirsi a noi per realizzare tutto questo".

"E’ un grande onore guidare Apple Corps in questa nuova fase della sua storia”, ha aggiunto Greene: “Come tante persone in tutto il mondo, sono cresciuto in una famiglia ossessionata dai Beatles e dalla loro musica. In un momento in cui il mondo potrebbe aver bisogno di più dello spirito dei Beatles, ci sono tanti modi nuovi e innovativi per portare la loro magia unica a tutte le generazioni di fan. Non vedo l'ora di iniziare".

Il progetto più importante nell’agenda di Greene potrebbe essere la produzione di un film sul leggendario quartetto di Liverpool atteso nelle sale per il 2028: diretto da Sam Mendes, scritto da Jez Butterworth, Jack Thorne e Peter Straughan e interpretato da Harris Dickinson (John Lennon), Barry Keoghan (Ringo Starr), Paul Mescal (Paul McCartney) e Joseph Quinn (George Harrison), il lungometraggio - lui cui distribuzione sarà affidata a Sony Pictures Entertainment e Neal Street Productions - ha beneficiato del permesso “totale” da parte di Apple Corps riguardo l’utilizzo del catalogo musicale per gruppo, privilegio mai accordato prima a un’opera cinematografica che non sia un documentario - come, per esempio, "Beatles '64", diretto da David Tedeschi e Martin Scorsese e uscito lo scorso anno su Disney+.

Apple Corps (Beatles), nominato il nuovo CEO

Tom Greene sarà effettivo dal prossimo mese di settembre

<a href="http://musicbiz.rockol.it/tutto-su/nuovoimaie-453984">NUOVO IMAIE</a>&nbsp;propone una serie di incontri con protagonisti e protagoniste del panorama musicale italiano per parlare dei loro progetti, ma anche per approfondire le dinamiche che ruotano intorno all’essere Artista Interprete Esecutore.

Ci sono artisti che non assomigliano a nessun altro, e sicuramente Generic Animal appartiene di diritto a questa categoria. A dispetto del nome non è un animale qualunque, anzi, appartiene a una razza in via di estinzione: quella dei cantautori che riescono fare dell'originalità la chiave di volta di tutta la loro produzione. Tant'è che ha voluto definire il suo ultimo singolo "La lingua", uscito da poco,&nbsp;come un brano "acustico, barocco, medievale e venato di folk", ma nessuna di queste definizioni riesce a coglierne appieno il senso. Vero nome Luca Galizia, classe 1995, affonda il suo background nella scena hardcore ed emo della provincia di Varese, ma non disdegna neanche generi come trap e R&amp;B. E' soprattutto dopo l'incontro con l'etichetta indipendente La Tempesta Dischi che ha cominciato a sentirsi libero di andare oltre i generi e sviluppare un'identità del tutto propria e unica, che emerge prepotentemente nel suo ultimo album "Il canto dell'asino", pubblicato a fine 2024.

Hai definito il tuo album "rock avvelenato di R&amp;B isterico, cantautorato italiano contaminato da chitarre nervose, voci sgolate e pianoforti scordati". Eppure, allo stesso tempo, è un lavoro molto pop (o meglio, alt-pop). Qual è il tuo rapporto con la musica orecchiabile? 

Abbiamo provato a trovare diverse definizioni per questo disco, perché sicuramente è molto sfaccettato. Poi certo, c’è anche da dire che in Italia abbiamo continuamente bisogno di etichette per far capire quello che facciamo. Non ti nego che alla fine mi ritrovo molto di più nella definizione alt-pop che non in altre. Amo la musica “orecchiabile”, e penso che la mia sia fatta principalmente di ossessione per la melodia e la ridondanza. Quindi bisogna forse mettersi d’accordo su cosa sia pop o meno. Sicuramente suonare la chitarra mi piace molto, e mi piace molto usarla come veicolo per guidare tutto il resto. Sperimentare, suonare strumenti in maniera arzigogolata e proporli in chiave diverse e strane è sicuramente la cosa che mi ha sempre fomentato di più.

Hai spiegato che quelle contenute nelle tue canzoni sono storie vere e autobiografiche. Qual è il brano più personale, tra tutti?

“27” è il pezzo più personale e intimo, oserei dire il più domestico. Parla di una notte insonne passata a bussare al muro dei vicini implorandoli di smettere di ascoltare gli Wham! Alle 5 del mattino. (In tutto questo ci tengo a dire che amo gli Wham!)

Sempre più artisti che un tempo sarebbero stati fuori dal circuito mainstream nell’ultimo periodo sono tentati da una partecipazione a Sanremo. Tu segui il Festival?

Quest’anno l’ho guardato per sbaglio un paio di volte: ovviamente so più o meno chi ha vinto e chi ha partecipato, ma in generale c’era molta poca originalità, molta poca voglia di raccontare davvero qualcosa. A chi parlavano queste canzoni? Cosa volevano dire? Fatico a metterle a fuoco.

Cosa ne pensi dell'annosa questione "canzoni scritte da troppi autori" che è emersa di recente?

Il problema non è il numero degli autori, ma la qualità del risultato finale. In questo caso mi sembra abbiamo ascoltato una serie di canzoni create seguendo stratagemmi un po’ trash e ingaggianti.

Tutti raccontano che il mercato discografico italiano è in ottima salute, ma cosa significa essere un artista indipendente oggi? Trovi che la situazione sia buona anche per voi o ci sono cose che secondo te andrebbero migliorate?

Il mercato discografico è in salute esattamente com’è vero che mi ricresceranno i capelli se continuo a mangiare la frutta, come diceva mia nonna. Nonostante questo e il maltempo continuo, la situazione per “noi” è sempre buona. Non abbiamo vincoli o niente di troppo sostanzioso da perdere, il che vuol dire ovviamente essere costantemente affamati o comunque avere l’urgenza di fare solo quello che si vuole fare, sperando che venga intercettato da orecchie sane. È un discorso lungo e complesso e non voglio renderlo qualunquista: nel mio piccolo cerco di fare del mio meglio per realizzare cose nuove, con artisti che stimo, amiche e amici, autofinanziandomi o finanziando cose in cui credo.

Capitolo live: anche in questo caso i tour sono sempre di più, ma è sempre più complicato e costoso allestirli. Secondo te qual è la sfida più grande che affronta chi vuole portare in giro un live con una band nel 2025? 

La sfida più importante per me è essere sereni e sicuri di quel che si sta facendo, riuscire a goderne mentre lo si sta facendo. È una cosa che ho capito con il tempo, che si acquisisce solo trovando la giusta connessione con i propri compagni di gruppo. Le cose sono cambiate molto, sia tecnicamente che artisticamente. Se a livello economico si è sempre un passo indietro, a livello artistico siamo sempre cinque passi in avanti. Sono davvero grato di poter suonare con i miei amici e del fatto che ognuno di loro metta in gioco le sue carte e il proprio talento a servizio della resa del live. Le canzoni partono da me, ma vengono plasmate insieme agli altri in un nuovo formato sempre diverso.

Per un musicista indipendente come te, che non può contare su miliardi di streaming e che fa ancora grande affidamento sul circuito live, quanta attenzione c'è nel conoscere e far riconoscere i tuoi diritti? 

Sto imparando sempre di più a proposito di queste materie, e penso di essere abbastanza a conoscenza dei miei diritti e del diritto che tutela il patrimonio della propria creatività. Ma non si smette mai di scoprire cose nuove. Sicuramente La Tempesta Dischi mi ha tenuto protetto in una zona di comfort, e mi ha aiutato in un’educazione piacevole e graduale rispetto a queste cose.

Sei iscritto a NuovoIMAIE, una collecting per artisti interpreti esecutori. Molti artisti all'esordio non sanno dell'opportunità di poter contare anche su questo tipo di introiti: cosa diresti ai tuoi giovani colleghi per spiegare il perché è importante esserne consapevoli?

Informatevi su ciò che vi spetta, leggete più possibile a riguardo. Non date per scontata e non deprezzate mai la vostra creatività e la vostra partecipazione, neanche nel momento in cui condividete le vostre idee con qualcuno e queste idee vengono registrate (o se passate una giornata in studio con qualcuno di nuovo).

Progetti futuri?

Sto lavorando a diverse cose, collaborazioni variopinte e non lineari. E sto producendo altri artisti.

Generic Animal e 'l'ossessione per la melodia e la ridondanza'

Tra i cantautori più originali della sua generazione, ha da poco pubblicato il singolo 'La lingua'

Il motto dell'edizione 2026 di ESNS,&nbsp;precedentemente nota come Eurosonic Noorderslag, da sempre patrocinata dall'Unione Europea&nbsp;e di stanza ogni anno a Groningen (Olanda), sarà "Europe Calling". Si tratta di un anno speciale per quello che è innegabilmente uno dei più importanti showcase festival /&nbsp;music conference del continente: compie infatti quarant'anni. E festeggia con una serie di eventi, mostre e attivazioni pop-up (digitali e dal vivo)&nbsp;che andranno ad affiancarsi al tradizionale programma della manifestazione.

Il focus dell'evento, inoltre, a quanto pare non sarà un singolo paese, ma l'Europa intera: "è il secondo mercato musicale del mondo per imponenza, e i suoi artisti riescono a rompere le barriere linguistiche e geografiche interne. Ma questo status non è garantito" recita il comunicato. "'Europe Calling' è più di un tema: è una chiamata all'azione. Un appello a investire negli artisti, nelle infrastrutture e nel futuro di un settore musicale unificato a livello europeo".

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ESNS compie quarant'anni (e chiama a raccolta l'Europa)

La manifestazione, precedentemente nota come Eurosonic Noorderslag, si svolge ogni anno in Olanda

Il governo danese sta meditando di modificare la propria legge su copyright per arginare la diffusione dei deepfake rafforzando la tutela dell’identità personale: come riferisce l’edizione online del Guardian, il Ministero della Cultura di Copenaghen potrebbe sottoporre al governo una bozza di modifica all’attuale quadro legislativo che preveda l’assegnazione d’ufficio dei diritti sulla propria voce e sulle proprie fattezze ai cittadini.

Il disegno di legge, che ha ricevuto un sostegno bipartisan, sarà discusso in autunno.

"Con questa proposta inviamo un messaggio inequivocabile: ognuno ha diritto al proprio corpo, alla propria voce e ai propri lineamenti del viso, e a quanto pare non è così che la legge attuale protegge le persone dall'intelligenza artificiale generativa", ha dichiarato il Ministro della Cultura danese Jakob Engel-Schmidt: "Gli esseri umani possono essere passati attraverso una fotocopiatrice digitale e utilizzati in modo improprio per ogni sorta di scopo, e io non sono disposto ad accettare una cosa del genere".

Se approvato - secondo il Guardian, l’eventualità che il ddl venga tramutato in legge è quasi da dare per scontata, essendo il provvedimento sostenuto da nove parlamentari su dieci - il provvedimento potrebbe portare a sentenze di risarcimento a favore di vittime di deepfake.

In termini legislativi il ddl danese supera di gran lunga l’Ensuring Likeness Voice and Image Security Act americano, legge nota anche come <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-743373/legge-contro-deepfake-musicali-clonazione-voce-approvata-cosa-dice">Elvis Act</a> che prevede una serie di forti protezioni nei confronti di deep fake e voice cloning generati con l’intelligenza artificiale.

Lotta ai deepfake, la Danimarca pensa al ‘copyright personale’

I cittadini potrebbero vedersi assegnati d’ufficio i diritti su voce e fattezze

Universal Music Group ha annunciato oggi l'istituzione della borsa di studio Berry Gordy Music Industry Scholarship presso la Herb Alpert School of Music. In collaborazione con la UCLA Foundation, la major ha attivato l’iniziativa - dedicata al leggendario autore, produttore e fondatore della Motown - a sostegno degli studenti ad alto potenziale iscritti al Music Industry Program della scuola.

La borsa di studio segue il lancio, nel 2024, dell'UCLA Berry Gordy Music Industry Center, unità didattica dedicata alla ricerca, all'insegnamento, al coinvolgimento della comunità e al supporto alla carriera nell'industria musicale globale in continua evoluzione. Ogni anno, uno studente che dimostri un talento eccezionale e una necessità finanziaria verrà nominato Berry Gordy Scholar, e riceverà un finanziamento per le tasse universitarie, l'alloggio e altre spese per l'istruzione. Il beneficiario svolgerà inoltre un ruolo attivo nella vita e nella missione del Centro, contribuendo a plasmare il futuro dell'industria musicale all'interno di una delle migliori università pubbliche del Paese.

"Per oltre 65 anni, il nome di Berry Gordy è stato sinonimo di arte e del potere trasformativo della musica”, ha dichiarato il Presidente e CEO di Universal Music Lucian Grainge: “Attraverso questa borsa di studio, UMG onora la sua eredità investendo in una nuova generazione di giovani che contribuiranno a portare avanti quello spirito: creatori e fautori del cambiamento, che avranno l'opportunità di riflettere l'innovazione e il genio imprenditoriale che il signor Gordy ha contribuito a portare nel mondo attraverso la Motown, Tamla e il suono pionieristico di Detroit".

"Sono entusiasta che il mio amico Sir Lucian Grainge e Universal Music Group si siano impegnati a sostenere questo programma con la loro donazione, che contribuirà ad aprire le porte a molti altri studenti e continuerà ad aprire la strada affinché la musica sia una forza positiva e di cambiamento”, ha dichiarato Gordy: “Il centro offre opportunità vitali agli studenti dell'UCLA per aiutarli a prepararsi a carriere nell'industria musicale, in modo che le future generazioni di giovani talenti continuino a innovare, ispirare e unire cultura e comunità attraverso il potere della musica".

"La partnership di UMG con la UCLA Herb Alpert School of Music riflette la nostra convinzione che aumentare l'accesso all'istruzione e alla formazione professionale sia uno strumento potente per trasformare l'industria musicale", ha aggiunto Robert Fink, Preside della UCLA Herb Alpert School of Music e Direttore del Berry Gordy Music Industry Center: "Questo finanziamento garantisce che la prossima generazione di dirigenti, artisti e imprenditori musicali non solo trarrà ispirazione dall'eredità di innovazione di Berry Gordy, ma sarà anche in grado di svilupparla ulteriormente".

La borsa di studio Berry Gordy Music Industry Scholarship è in linea con la campagna "Sounds of the Future" dell'UMG , lanciata dal suo Global Impact Team nel 2023. Giunto al suo terzo anno, il programma sostiene iniziative a sostegno della creatività&nbsp; della comunità afroamericana, preservano il patrimonio culturale e garantiscono l'equità nel mondo della musica. L'istituzione di questa borsa di studio sostiene direttamente il pilastro "Invest" di " Sounds of the Future" , promuovendo l'impegno verso scuole, istituzioni e programmi guidati dalla comunità che preservano e tramandano l'eredità creativa della musica afroamericana per le generazioni future.