Si prosegue con la Milano Music Week 2022 è siamo al secondo giorno dei talk e i workshop tenuti alla Rockol House, allestita nel Clini Loft di via De Castilla 7, ai piedi del “Bosco Verticale” di Milano. Il primo talk si intitola “Musica sostenibile”, dedicato alla riduzione dell'impatto ambientale e delle emissioni nel settore della musica registrata; sono intervenuti Francesca Trainini (PMI Italia) e Federico Dragogna (Ministri), con la moderazione di Davide Poliani (Rockol). Ad iniziare la conversazione è stata Francesca Trainini che ha spiegato il lavoro che è stato fatto in questi anni in materia di musica sostenibile: "Dal 2020 abbiamo iniziato a lavorare con Impala e altre PMI sul tema della sostenibilità. La collaborazione è nata spontanemente tra le etichette europee, in particolare quelle tedesce e inglesi che si sono attrazzate per prime. Impala ha accolto con entusiasmo e continuità ed esiste un comitato che si occupa di questo tema insieme ad una società tedesca, che ha rivoluzionato il suo modo di lavorare, e alcune etichette indipendenti. Siamo etichette indipendenti e per noi sono importante la modalità di registrazione, la distribuzione, in particolare del fisico che è sempre più marginale (senza dimenticare lo spreco delle risorse delle stampe). L’impatto più grande e meno visibile è quello che la musica digitale ha sulla sostenibilità: per ascoltare musica su un dsp qualisiasi ci affidiamo a dei server e questo comporta uno spendio di energie, è un processo che va fatto, ma va anche portata una certa consapevolezza ai fan sugli sprechi che potrebbero essere evitati e intervenire sulla filiera della distribuzione digitale. Anche con l’aiuto di artisti e fan”. Sul ruolo che potrebbero ricoprire gli artisti è intevenuto Federico Dragogna: "Ai musicisti non viene chiesto di scrivere, non è una necessità, è qualcosa di 'superfluo' ed è il primo scontro della musica: avere qualcosa in più, ma superfluo. Bisogna impegnarsi a fare una serie di manovre per poter continuare ad esistere e si cominicerà a fare qualcosa di riscontrabile quando ci saranno una rinuncia e una fatica nell’adottare, per esempio, un nuovo stile di vita. Finchè tutti questi discorsi che facciamo non comportano nella vita del singolo un’effettiva fatica, degli sforzi, sia per l’ascoltatore che per il musicista, non hanno 'valore'. Oggi fare musica comporta una fatica minore in confronto al passato: prima si studiava tanto, si provava perchè registrare su un nastro costava soldi. Oggi con il materiale digitale, che comunque ha un impatto ambientale, si è persa la questione della fatica e non credo che basteranno dei discorsi di natura etica per rallentare il processo. Ci dovrà essere una rivoluzione copernicana di tipo estetico e non solo etico”. Le azioni concrete possono partire dal quotidiano, come ha sottolienato Francesca Trainini: "Nel prossimo ventennio dovremmo essere autosufficienti in tutte le cose, anche nel quotidiano, come per esempio l'uso o non uso dell'aria condizionata, della plastica, va tutto rivisto in ottica razionale. Non salveremo il mondo, ma se tutti prestano attenzione possiamo comunque contribuire al cambiamento”. A livello musicale, invece, Dragogna ha aggiunto: "Si potrebbe partire da una riduzione dei costi, che oggi c’è già ma per altri motivi, mi concentrerei sull’essenza e su quello che stiamo portando avanti e sul tagliare, per esempio, i video che sono sempre stati una voce della spesa della promozione, anche se in realtà impattano di meno. Per quanto riguarda l'attività in studio, si torna alla questione della fatica: preparasi tanto e bene come musicisti ci consente di provare meno e quindi consumare meno". Franesca Trainini ha sottolineato: "Sicuramente nuoce anche alla carriera dell’artista; entrano in gioco delle visioni diverse sia dell’etichetta che dell’artista. Lo stadio è uno dei luoghi con il più alto impatto ambientale: ci si riuniscono numerose persone che possono calpestare tutto quello che c'è intorno". Federico Dragogna ha risposto: "Ho avuto modo di lavorare, da 15 anni ormai, sia con major che con strutture piccole. La verità è che la forma mentis di tutto questo mondo dell’industria è particolarmente interiorizzazata. L’immaginazione che c’è è limitatissima: esistono solo i club, i palazzetti e lo stadio. Questo passaggio tra le diversi strutture,velocizzato dai social, è mortifero per l’artista che rischia di fare buchi clamorosi. Gli artisti possono discutere con le booking agency per proporre nuovi posti e nuove realtà. Non sono in nessun modo fan delle parole e degli artisti che parlano e basta del green: serve un esempio di comportamento, che ovviamente si deve sentire, e bisogna crederci al di là delle analisi dell’innalzamento delle temperatue, al di là da quanto stiamo impattando su questo pianeta".