Dopo Claudio Buja di UMPG, anche il ceo di FIMI Enzo Mazza ci ha scritto per intervenire nel dibattito relativo all’eventuale riformulazione del Bonus Cultura, tema sollevato dal Ministro della Cultura del Governo Meloni Gennaro Sangiuliano affrontato in un editoriale nella mattina di oggi, lunedì 12 dicembre, dal direttore di Rockol Franco Zanetti. Ecco, di seguito, l’intervento del ceo della Federazione Industria Musicale Italiana: Caro Franco, per molti anni l’industria discografica e in generale il settore musicale è stato accusato di non aver ottenuto quelle previsioni normative che altri settori industriali più rilevanti, come cinema e editoria, erano invece soliti disporre. In particolare, l’industria musicale veniva regolarmente esclusa da provvedimenti di sostegno alla cultura perché le istituzioni non percepivano il valore di questo settore al pari di quelli considerati più “nobili”. Molte cose sono cambiate negli ultimi anni, e in particolare, un intervento normativo ha invece riconosciuto pari dignità al prodotto musicale in relazione ad altri segmenti della cultura. Nel 2016, il Governo Renzi, istituisce il Bonus Cultura. Nella prima edizione, tuttavia, la musica registrata viene esclusa. FIMI si fa carico della protesta, anche se nessun dato economico riesce ancora a spiegare quanto il provvedimento possa incidere sul settore. La protesta della Federazione ottiene il risultato. Renzi ci assicura che condivide le ragioni del segmento discografico e il bonus cultura viene modificato includendo la musica registrata. Tra il 2017 e il 2022 i neo-diciottenni spenderanno quasi cento milioni tra CD, Vinili e musica digitale. Un successo epocale, mai visto in un provvedimento di tale portata. Il bonus cultura ha consentito, in questi anni, anche di frenare il calo del mercato nel segmento fisico e avvicinare molti giovani al consumo legale (vale ricordare che l’Italia è stata sempre in cima alla lista nera dei Paesi con alto tasso di illegalità). Pertanto, si può anche criticare il provvedimento, ci mancherebbe, ma lo trovo poco opportuno laddove si è trattato di un intervento positivo per il settore e per i consumatori di musica. Per quanto attiene alla mancanza di limiti di reddito, vale la pena di ricordare che non si è trattato di un provvedimento assistenzialista ma di una misura incentivante. Si continua a pensare che l’accesso alla cultura dipenda dal reddito. In molte case di ricche star dello spettacolo o dei calciatori miliardari non ho visto una libreria. Lo scopo del bonus era far capire a dei giovani che si affacciano alla maturità, che esiste un mondo di prodotti e attrazioni culturali che può essere esplorato. Da tutti, ricchi e poveri, italiani e non ma residenti nel Paese. Un provvedimento di grande inclusività che non a caso è stato sempre confermato da tutti i governi che si sono succeduti ed è stato introdotto anche in Francia, Spagna e di recente, con il Kultur Pass, anche in Germania. In nessuno di questi Paesi è stato introdotto un limite reddituale o una discriminazione sul genere come tu proponi. Sarebbe, anzi, molto brutto che un Governo iniziasse a valutare quali titoli di libri, quali autori o artisti musicali, possano accedere al bonus cultura. Per questo il bonus cultura 18app nella sua attuale formulazione va sostenuto e per questo la filiera musicale si è appellata a Governo e Parlamento. Cordialmente. Enzo Mazza Rockol rimane ovviamente disponibile a ospitare i commenti degli addetti ai lavori relativi alla proposta di riforma di 18app: inviateci i vostri interventi a newsdesk@rockol.it indicando nell’oggetto della e-mail “18app”.