I coordinamenti di lavoratori dello spettacolo Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo e La Musica che Gira, insieme ad ARCI, Il Jazz Italiano e Centro Studi Doc / Rete Doc, hanno diffuso una nota nella quale si evidenzia il rischio - purtroppo emerso già alla fine della scorsa estate, e tornato d’attualità lo scorso 7 dicembre in occasione della prima per la stagione 2022/2023 del Teatro alla Scala - che venga di fatto neutralizzato il provvedimento di indennità di discontinuità previsto dalla legge 106 del 15 luglio 2022. Definito “strumento fondamentale per rendere i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo”, quello previsto dal testo diventato legge lo scorso 4 agosto con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale - poco più di una settimana dopo le dimissioni del presidente del consiglio della XVIII legislatura, Mario Draghi - deve essere finanziato dall’attuale governo, presieduto da Giorgia Meloni, con la legge di bilancio, che per rendere esigibile dal 2023 l’indennità di discontinuità richiede l’approvazione di un emendamento presentato da Matteo Orfini (lo stesso deputato in quota PD che insieme a Francesco Verducci firmò il provvedimento) che stanzi almeno 150 milioni per finanziare l’operazione. Le associazioni firmatarie della nota chiedono all’attuale esecutivo di “mantenere gli impegni presi da tutte le forze politiche nella passata legislatura e di far rientrare la discussione sul reddito di discontinuità tra le priorità della legge di bilancio”. “Si rischia che la dignità del lavoro non sia riconosciuta”, ha osservato al proposito Paolo Fresu: “Una musica già ascoltata. Se il governo Meloni boccia l’emendamento sul fondo destinato ai lavoratori dello spettacolo non solo non riconosce un diritto ma si pronuncia sul significato effimero della cultura per la crescita sociale del nostro Paese. Dopo il tempo della pandemia si abbatte su di noi la scure della recessione. Nel Paese di Verdi e Puccini, di Leonardo e Fellini, di Eduardo, Pirandello e De André ma anche dei tanti giovani sconosciuti che, con idee, creatività e professionalità, raccontano ogni giorno la parte migliore di un'Italia che vuole essere nel mondo”. “Per l’ennesima volta, anche in questa legge di stabilità, viene dimenticato il ruolo della cultura e soprattutto vengono calpestati ancora una volta i diritti dei lavoratori dello spettacolo che si ritrovano privati di un diritto fondamentale come l’indennità di discontinuità”, hanno aggiunto Colapesce e Dimartino: “La recessione non può essere la scusa per discriminare alcune categorie lavorative meno tutelate di altre. Tanta gente del nostro settore si ritrova costretta a cambiare lavoro, e più si va avanti più verranno penalizzate le piccole realtà che sono poi il vero motore della nostra musica”. “Durante la pandemia è stato molto difficile sopravvivere per molti artisti e per il settore dello spettacolo”, riflette al proposito Tosca: “Eppure non ci fossimo stati noi a farvi compagnia, a tenere viva la speranza, cosa sarebbe successo? Non avere la musica, anche quella suonata dai balconi? Non avere libri? Non avere film, le vostre tanto amate serie televisive… Cosa succederebbe se si togliesse il mondo della cultura e dello spettacolo alle vite di tutti? Ci avete mai pensato? E avete mai pensato che tutto ciò è fatto da uomini e donne come voi che vivono, mangiano e mandano a scuola i loro figli , pagano le bollette esattamente come voi? Abbiamo lottato per i nostri diritti e per quelli dei nostri lavoratori perché noi siamo precari per eccellenza. Abbiamo visto il Parlamento finalmente approvare una legge a nostra tutela. E ora tutto potrebbe svanire. Chiediamo che il nostro lavoro - quello di migliaia di persone - sia tutelato come tutti gli altri. Nessun trattamento speciale. Solo un diritto sacrosanto che al di là dei nostri confini è intoccabile e riconosciuto”. “Non ci stupisce che un governo di destra preferisca ignorare i diritti di lavoratrici e lavoratori”, hanno dichiarato i Lo Stato Sociale: “Il percorso di riforma di un settore che impiega decine di migliaia di persone non può essere fermato. Ci auguriamo e lavoreremo per una stagione di mobilitazione e convergenza tra le forze sociali e sindacali per portare avanti quanto fatto negli ultimi due anni”. “Dopo anni di duro lavoro di professionisti del settore, di studi approfonditi, di dialogo con le istituzioni, si è arrivati a un punto che segnerebbe una svolta decisiva per i lavoratori dello spettacolo e che permetterebbe al sistema culturale italiano di vedere riconosciuti i propri diritti e forse anche i propri meriti”, ha commentato Diodato: “E’ un passo importante anche per il senso civico del nostro Paese. Riconoscere la discontinuità equivale a riconoscere l’importanza e la dignità di centinaia di migliaia di lavoratori, delle loro famiglie e a mettersi al passo di molti altri Paesi europei. Pochi giorni fa abbiamo tutti visto il nostro Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e molte altre cariche istituzionali partecipare con gioia alla prima della Scala. Dietro un evento così importante per il nostro Paese, di prestigio e risonanza mondiale, e dietro ogni spettacolo ci sono centinaia di lavoratori che vedrebbero ora i loro diritti negati”.