Roselie Arritola, il cui nome d’arte è Jenny Popach, è una creator sedicenne i cui video brevi nei quali si esibisce in danze super-sexy hanno fatto di recente molto rumore e scalpore, rendendola al contempo un simbolo e un parafulmine. Simbolo e parafulmine di un tema che – oggi più che mai, dopo che Elon Musk ne è diventato il nuovo proprietario – è tracimato da Twitter a TikTok: quello sull’opportunità e la liceità della moderazione dei contenuti sulla piattaforma. Secondo un’inchiesta condotta dalla giornalista Olivia Carville di Bloomberg, Popach conta su un pubblico di 7,2 milioni di visitatori su TikTok, oltre duecentomila dei quali sono uomini ultra trentacinquenni interessati alle provocazioni di una minorenne. TikTok aveva ripetutamente sospeso l’account della teenager, per poi riabilitarlo definitivamente. Felicissimi della sua riabilitazione, secondo l’inchiesta della testata economica statunitense, sarebbero ora in particolare i signori Arritola, genitori della ragazza che, di riflesso, sono diventati recentemente piuttosto ricchi grazie alle numerose sponsorship che la loro ragazza porta a casa con le sue creazioni e con un’audience mostruosa. Rientra nell’alveo della pedo-pornografia, la sua? Sì, secondo le crescenti falangi di coloro che criticano la scarsa capacità di TikTok di moderare i propri contenuti; è un punto di vista bigotto e, quindi, non è invece un problema secondo l’altrettanto crescente falange di creatori che vivono di TikTok e secondo i quali la moderazione si frapporrebbe come il più pericoloso ostacolo alla monetizzazione dei loro video brevi. Insomma, al reach ineguagliabile che TikTok vanta da tempo presso il pubblico del pianeta, ormai si somma anche la presa che può esercitare presso i creatori che ne fanno la fortuna e ne attirano l’utenza (moltissimi di loro sono americani): ci hanno costruito sopra una carriera alla quale non intendono rinunciare. E’ sempre più chiaro come TikTok, di conseguenza, determini un impatto sulle tendenze e influenzi il mercato: se dalle parti della nostra industria abbiamo particolare familiarità con il modo in cui proietta inaspettatamente brani vecchi e nuovi in vetta alle classifiche dello streaming, determinandone le fortune, è utile tenere conto che qualcosa di molto analogo accade in qualsiasi altro comparto merceologico e sociale. Vale per le istituzioni, con i politici che non sembrano potere rinunciare alla loro presenza sulla app; vale per decine di media tradizionali che vi si sono aggregati per raggiungere nuove fasce di pubblico; vale per i prodotti cosmetici che conquistano quote di mercato ingenti in poche settimane. Il che ci riconduce all’osservazione dei fronti aperti in queste settimane contro TikTok e di come i tentativi dei governi e delle istituzioni di regolamentarla, moderarla o addirittura bandirla debbano fare i conti con una vera miriade di artisti-spettatori-creatori (sì, la sovrapposizione tra categorie aumenta a vista d’occhio) per i quali la dipendenza economica e sociale dalla app è una ragione valida per sostenerne l’esistenza e l’indipendenza. In finanza dicono: too big to fail.