Damien Jurado, cantautore e icona della scena indie rock di Seattle con alle spalle oltre venti album in studio pubblicati - tra le altre label - da realtà indipendenti di primo piano come Sub Pop e Secretly Canadian, ha annunciato di aver tolto da Spotify la porzione del suo catalogo - ad eccezione degli album “Brothers and Sisters of the Eternal Son” (2014), “Visions of Us on the Land” (2016), “The Horizon Just Laughed” (2018), “The Horizon Just Laughed” (2019) e “What's New, Tomboy?” (2020), questi ultimi ancora disponibili sulla piattaforma - i cui diritti sono gestiti dall’etichetta di sua proprietà, la Maraqopa Records. A spiegarne le motivazioni è stato lo stesso artista in un post pubblicato sui propri canali social ufficiali. “Con Maraqopa abbiamo deciso di lasciare Spotify”, ha fatto sapere l’artista: “Perché? Semplice: non posso continuare a stare dalla parte di una società che lucra sugli artisti rifiutandosi di pagarli dignitosamente. I miei principi devono combaciare con la vita che faccio, proprio come succede sulle mie scelte personali che hanno a che fare con la difesa dell’ambiente o con il benessere degli animali. Il discorso, per come la vedo, è lo stesso”. “Tenete bene a mente che sto togliendo il mio catalogo solo da Spotify”, ha puntualizzato Jurado: “Sugli altri DSP, come Tidal e Apple Music, resterà disponibile. Quindi, come potrete capire, io non sono in nessun modo, e sotto nessun aspetto, contrario allo streaming. Accetto la realtà di oggi. Quello che non accetto, però, sono le pratiche imprenditoriali inammissibili e i trattamenti ingiusti per gli artisti”. A oggi la pagina di Spotify dedicata a Jurado indica un traffico indicativo di poco meno di 780mila ascoltatori mensili, una media che lo colloca - all’interno del genere e della scena di appartenenza - nella fascia medio-alta di artisti, in termini di portata. Benché la piattaforma svedese quotata a Wall Street resti uno dei contributor digitali più generosi nei confronti dell’industria della musica registrata a livello globale, quello dell’equa remunerazione degli artisti - discorso molto tecnico e sfaccettato, come riguarda in primis il modello di business adottato dal servizio, quello pro-rata - e del value gap resta un tema che ciclicamente torna d’attualità nel rapporto tra il DSP guidato da Daniel Ek e la comunità musicale internazionale: nella prima metà dello scorso anno, per esempio, aveva fatto scalpore la cifra - oltre 300 milioni di dollari, secondo diverse fonti di stampa - investite dalla società per diventare main sponsor della squadra di calcio dell’FC Barcellona.