Una perdita complessiva pari al -12% negli ultimi cinque anni: è il dato pubblicato dal report annuale di Spotify sulle quote di distribuzione delle tre major Universal Music, Sony Music e Warner Music e del gruppo Merlin, che rappresenta etichette indie come Beggars Group, Cinq Music Group, e distributori tra cui DistroKid, sulla piattaforma di streaming svedese. Da questa statistica è emerso che lo scorso anno il 75% delle riproduzioni di brani musicali sono state distribuite dalle tre major o da Merlin- nel 2017 era pari all’87%- e ciò significa che un quarto (25%) dei brani musicali riprodotti sul dsp è stato distribuito da società non affiliate alle quattro società. Tra queste figurano TuneCore - e la sua società madre, Believe - UnitedMasters e alcune altre piattaforme di distribuzione per artisti indipendenti o self-releasing. Uno dei fattori che ha influenzato il calo delle uscite delle quattro società, che possono pubblicarne solo una certa percentuale, è stato il volume di brani che viene caricato sui servizi di streaming come, appunto, Spotify ogni 24 ore pari a oltre 100.000 singoli. Questa flessione ha un impatto sulla quota di ricavi derivanti dal servizio, grazie al modello di pagamento delle "pro-rata" royalty adottato da Spotify e altre piattaforme e le major sono a lavoro per modificarne l’impatto sulle loro attività. L'anno scorso, Rob Stringer, presidente di Sony Music Group, ha discusso della questione, sottolineando che la quota complessiva della società nel settore della distribuzione si stava "diluendo per difetto" a causa dell'"enorme volume di brani" che vengono pubblicati ogni giorno attraverso le società di distribuzione DIY. Stringer ha illustrato la strategia di Sony per rallentare questa tendenza, spiegando che la major sta "gettando le basi" nel tentativo di arginare lo spostamento di quote di mercato verso la distribuzione indipendente, rafforzando la sua presenza in quel settore stipulando accordi con realtà come The Orchard e AWAL.