Il Sanremo del ritorno alla normalità? Più che altro, per la prima edizione post-Covid dopo due anni si può parlare di normalizzazione: un Festival in cui tutto è uguale a tutto, tutto è livellato - le ballate classiche e i suoni contemporanei. Un sanremo dove i giovani sono spettatori, ma non protagonisti e dove le donne spariscono dalla top 5 non sono conduttrici ma "co-" il cui spazio è un monologo dolente a fine serata. Un Sanremo della quantità, più che della qualità, dove è normale annunciare il vincitore alle 3 di notte o dove la serata dei duetti diventata una marmellata di cover, auto-cover di repertorio, duetti, canzoni da ogni periodo e provenienza. Un karaoke senza un filo conduttore. Lo stesso vale per tutta la manifestazione: se ci si limita solo ai numeri, va tutto benissimo. Ma va davvero bene così? Le canzoni e i cantanti È sembrata da subito una gara a due, Mengoni e Ultimo, ma il cantante di "Due vite" in realtà non ha mai avuto rivali: lo dimostrano le percentuali finali di voto. Di questo cast ricorderemo non molto oltre a Mengoni: Colapesce e Dimartino la canzone più raffinata; Lazza ed Elodie le più movimentate, Tananai la più commovente (soprattutto dopo aver visto il video), Coma_Cose e Levante le più intense. Sono curioso di vedere le percentuali complete, per vedere chi ha votato cosa. Quello che, agli ascolti di gennaio, ci sembrò inizialmente un Sanremo ricco di musica ritmata, si è rivelato invece un festival normale, senza vette. Il palco dell’Ariston e la liturgia di Amadeus hanno appiattito un po’ tutto, persino i rapper sono diventati dei teneroni che mandano baci alla mamma o che cantano coi bambini. Le trasgressioni sono innocui baci e twerking, e convivono assieme alle consuete ballate. Hanno lasciato il segno le performance di Grignani perché sono apparse autentiche nel loro essere un po’ sgangherate: era stato chiamato per quello, e quello ha fatto. Vedere Lazza così alto in classifica è la conferma di un percorso iniziato anni fa: vi ricordate lo scandalo quando vinse Mahmood al posto di Ultimo? Ora è normale: Sanremo ha assorbito, anzi ha sanremizzato la musica contemporanea. Non è normale invece vedere Elodie, altrettanto contemporanea, così in basso: anche questa è sanremizzazione. Ma i giovani? Persi in un cast troppo ampio Ci è stato raccontato in ogni modo che il pubblico di Sanremo sta ringiovanendo: ma che dire dei giovani in gara? Poco incisivi, a cominciare dai nomi (Olly, Will, Shari…). Sono finiti tutti in fondo alla classifica e spesso in coda alle scalette per esigenze TV. Portare nella gara principale chi arriva da Sanremo Giovani è una buona opportunità, ma 6 sono troppi. Se questi sono i risultati, anche il meccanismo di selezione va ripensato. Anche 28 artisti complessivi sono troppi. Almeno 5-6 proposte (non solo tra i giovani) erano decisamente superflue. Lo spettacolo Monologhi femminili egoriferiti e sempre dolenti, comici che non fanno ridere, performance in playback dalla nave: si poteva e si doveva fare di più. Bene il ritorno degli ospiti internazionali - soprattutto i Depeche Mode, un colpaccio e un’emozione. Ma per il resto, tutto molto ordinario, come il karaoke con i Pooh o il trio Morandi/Ranieri/Al Bano. È mancato un momento di vero spettacolo musicale, come la performance di Cesare Cremonini della scorsa edizione, ma ci ricorderemo la sfuriata di Blanco sul palco perché è apparso come un momento di rottura di una liturgia molto consolidata. Senza contare il problema della regia, che insegue un’idea molto datata di racconto fatta di stacchi frenetici e non necessari, di movimenti incontrollati di macchina che finiscono per mancare sempre il bersaglio, perdendo gran parte di quello che succede sul palco. L’esempio più eclatante di questo problema: durante l’assolo di Tom Morello la regia inquadrava il chitarrista dei Maneskin. Vabbé. I media “Chiunque non apprezzi l’arte che c’è su questo palco non lo commento neanche”: in questa frase di Amadeus alla conferenza stampa di Sabato, c’è molto del rapporto tra l’attuale direzione e i media. Finalmente è chiaro a tutti: Sanremo non è uno show musicale, è il “festival della cultura popolare” (cit. Quirinale). I media - non solo la RAI - sono parte integrante di questo enorme racconto e senza polemiche mancherebbe una parte del divertimento, come ha notato qualcuno. Ma da qualche tempo si percepisce negli attuali vertici del Festival un po’ di fastidio per chi non aderisce incodizionatamente ai toni trionfalistici con i quali la dirigenza ama dipingere questo spettacolo. È vero che l’approccio dei media non aiuta (il caso della presunta lite tra Oxa e Madame, rilanciata senza nessuna verifica, ne è un bell’esempio), le domande della sala stampa sono spesso imbarazzanti; ma anche questo fa parte del folklore: liquidare una richiesta (legittima) di chiarimenti su una polemica etichettandola come “domanda superflua” non è bello né giustificato. Forse un po’ più di rispetto dei ruoli farebbe bene a tutti. Il futuro More of the same, come si dice degli algoritmi delle piattaforme. La prossima edizione sarà ancora diretta da Amadeus che, forte di questi numeri, potrà fare quello che vuole. Aspettiamoci perciò un altro festival improntato a queste dinamiche: un Sanremo dove è normale che tutto sia sempre bellissimo.