Nata nel 2020 da un’idea dell’imprenditore svizzero di origini italiane Alessandro De Luca in collaborazione con l’americano Fuad Hawit e Startup Incubators, Nebula si propone come un marketplace sul Web3 che consente al pubblico di investire in opere musicali. Più precisamente, su porzioni di royalties, che vengono cedute in modo semplice e sicuro sfruttando la tecnologia della blockchain. La società ha siglato lo scorso gennaio un accordo con l’etichetta indipendente Empire (quest’ultima diventata anche azionista di Nebula) concretizzatosi in prima istanza in un’operazione varata in occasione del lancio di un nuovo EP di Money Man: il lavoro, presentato ufficialmente allo scorso South By Southwest di Austin, in Texas, ha visto Nebula vendere in meno di un’ora 25mila token legati a uno dei brani del disco, “Drums”, realizzato dall’artista insieme a Babyface Ray. Diverse altre iniziative di questo tipo verranno annunciate nelle settimane e nei mesi a venire. “La musica è arte, e noi siamo la galleria”, sintetizza il claim dell’azienda, che De Luca ha presentato a Rockol nel dettaglio. “Ho un background da economista, mi sono laureato a Zurigo in Business Administration e poi ho iniziato a lavorare per Hewlett-Packard come business developer, occupandomi di modelli di mercato”, racconta: “Il lavoro mi piaceva, ma volevo fare anche altro, così mi sono iscritto a un corso per diventare film maker: durante gli studi mi sono accorto di quanto fosse difficile far quadrare i conti coi soli ricavi dai diritti d’autore. Allora mi sono chiesto se ci fosse un modo migliore per organizzare il lavoro: in fin dei conti, tutti vogliono ascoltare musica e guardare film, quindi - ho concluso - il problema non è la mancanza di richiesta. Se la musica, oggi, viene consumata gratuitamente, quale potrebbe essere l’opzione più valida, per il consumatore? Ho pensato, quindi, a un cambiamento del tipo di rapporto: invece di vedere la musica come un bene di consumo soggetto a una diminuzione di valore nel tempo, ho creduto fosse il caso di ribaltare il paradigma. La musica è collegata ai ricordi, è la colonna sonora delle nostre vite, e il suo valore - col tempo - dovrebbe aumentare. Vedendola come un investimento, la si valorizza”. Di qui l’idea di Nebula, che germoglia nel 2015 ma si concretizza solo quattro anni dopo, per poi svilupparsi in piena pandemia. “Ho trovato un socio in India, che si occupa della parte tecnica e dello sviluppo del prodotto, che a sua volta mi ha presentato il terzo socio, Fuad Hawit, residente a Los Angeles, appartenente a una famiglia di imprenditori della Silicon Valley che, oltre ad avere esperienza nello sviluppo di piattaforme, ha forti legami con l’industria musicale”, prosegue De Luca: “Dal punto di vista tecnologico siamo molto avanzati: oltre alla piattaforma Web abbiamo anche un’app iOS e Android nativa, oltre a tutto il backend dove archiviamo i contratti”. Del Web3 si è parlato molto lo scorso anno, ma i recenti sviluppi - i licenziamenti di massa a Meta, lo stralcio della divisione legata al metaverso da parte di Disney - hanno raffreddato gli entusiasmi dei mercati nei confronti delle realtà digitali. “Ho sempre considerato i miei piani a medio - lungo termine, quindi - ovviamente - credo che il segmento del Web3 sia ancora destinato a crescere, nonostante le difficoltà economiche di questo periodo”, commenta De Luca, che sulle prospettive future appare molto sereno: “Abbiamo costruito qualcosa di solido. Qualcosa destinato a restare, non fatto semplicemente per rincorrere l’hype. Il nostro scopo è stabilire un solido legame con la community con qualcosa che prima non esisteva”. Riguardo, invece, al rapporto con la filiera creativa, De Luca è conscio di essere entrato in relazione con un ecosistema complesso e molto stratificato. “L’esperienza mi ha insegnato che quando si fa qualcosa di innovativo non tutti sono contenti”, dice: “Ci sono interessi particolari legittimi, e c’è la volontà di proteggere i business preesistenti. Il nostro intento, tuttavia, non è rappresentare una minaccia, per nessuno. Quello che offriamo noi è un valore aggiunto. La musica, fino a oggi, non era vista come un investimento. Noi non togliamo niente a nessuno, offrendo la possibilità di realizzare nuovi introiti”. In questo senso, sarà possibile vedere Nebula - attualmente in contatto tanto con gli artisti indipendenti quanto con le realtà discografiche, sia major che indipendenti - interagire con label e management italiani? “Amo la musica italiana, ci sono cresciuto”, conclude De Luca: “Con Nebula, nei prossimi anni, il progetto è quello di costruire una grande piattaforma internazionale dove trovino spazio prodotti locali offerti a un pubblico globale. Un modo, anche per l’industria musicale italiana, di ampliare il proprio raggio d’azione e farsi scoprire su altri mercati”.